I disturbi del comportamento alimentare colpiscono sempre più spesso i giovani e la loro età si abbassa sempre di più: gli esperti parlano chiaro. Non sono neanche più solo gli adolescenti ad essere colpiti da queste problematiche – che sono serissime, anche più di quanto si pensi – perché spesso sono anche preadolescenti. Basti pensare che, secondo le stime, spesso l’esordio di questi disturbi avviene intorno ai 12 anni (anche prima a volte).
I disturbi del comportamento alimentare colpiscono molto spesso anche ragazzini di 12 anni (anche di meno): gli esperti parlano chiaro. Il problema principale è che alla loro età – che coincide con il periodo del neurosviluppo – potrebbe essere compromessa seriamente la loro salute. L’unico modo perché ciò non avvenga è diagnosticare questo problema il prima possibile e trovare la cura adatta.
I disturbi del comportamento alimentare più diffusi
I disturbi del comportamento alimentare sono un problema serissimo, che non va sottovalutato mai. Ci sono ragazzine – ma anche ragazzini, sia chiaro – che arrivano a rischiare seriamente di perdere la vita e che comunque compromettono la loro salute, spesso irrimediabilmente.
I social, internet, il web ci stanno proponendo degli stereotipi che possono essere spesso praticamente impossibili da raggiungere e che nuocciono gravemente alla salute – mentale e fisica – di chi li vede. Aprire il cellulare e trovare continuamente scatti di donne praticamente perfette, impeccabili, senza difetti (almeno apparentemente) può essere davvero complicato da gestire, soprattutto quando si è adolescenti e si è – per definizione stessa – insicuri del proprio essere e del proprio aspetto fisico.
Non è sempre facile essere razionali e comprendere che la maggior parte di quelle foto – possiamo parlare di un buon 90% arrotondando per difetto – non è realistica, ma è ottenuta grazie al chirurgo plastico, a Photoshop e a millemila filtri e ritocchi vari. Non è facile quando si è giovani, in cerca del proprio benessere e si pensa che per poterlo ottenere si debba partire dal proprio corpo e non dalla propria mente. Ma soprattutto, non è facile quando non ci si ama davvero profondamente. Lì arriva il paragone con gli altri, soprattutto con chi è ritenuto migliore, superiore in un certo senso. E lì, una volta visto che il paragone non regge, arriva il senso di sconfitta, di inferiorità, di insoddisfazione.
Sia chiaro: lungi da noi voler affermare che siano questi i meccanismi alla base di chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, perché a spiegarli dettagliatamente potrebbero essere solo ed esclusivamente psicologi, psichiatri e specialisti, ma sicuramente questi sono dei pensieri che balenano nella mente di moltissime ragazze e probabilmente, almeno in parte, sono (anche) questi che innescano a loro volta alcune problematiche legate al cibo.
Arriviamo quindi a questo punto alla nota dolente: i Dca – disturbi del comportamento alimentare – colpiscono sempre di più i giovani e il loro esordio continua a essere sempre più precoce.
L’insorgenza precoce è sempre più diffusa
Si stima che i disturbi del comportamento alimentare – conosciuti anche come Dca – coinvolgano più di 55 milioni di persone nel mondo e più di 3 milioni in Italia (che equivale a dire il 5% della popolazione). Come emerge dai dati Osservatorio Aba e Istat, attualmente una percentuale compresa tra l’8-10% delle ragazze e tra lo 0,5-1% dei ragazzi soffrono di anoressia oppure di bulimia.
E c’è di più, perché l’incidenza è aumentata dopo la pandemia: parliamo di un incremento del 30% negli ultimi tre anni. Sì, perché restare a casa, sentirsi soli, isolati dal resto del mondo, essere costretti a rinunciare alla socializzazione, allo svago, alle uscite con gli amici, ma anche alla scuola è stato nocivo per moltissimi giovani (e lo dice anche il ministero della Salute, sia chiaro).
Se volessimo soffermarci sull’età di questi giovani, ci renderemmo conto che c’è un mondo insabbiato che non conosciamo. Ebbene sì, la realtà è peggiore di quello che ci sarebbe aspettati: i disturbi del comportamento alimentare colpiscono sempre più spesso i ragazzini. Ma il dato ancora più allarmante è (anche) un altro: l’età di esordio è sempre più bassa.
Basti pensare che, secondo una ricerca curata dall’Istituto superiore di sanità, su 8mila persone prese in esame – di cui tra l’altro il 90% è femmina – il 59% ha un’età compresa tra i 13 e i 25 anni, mentre il 6% inferiore ai 12 anni.
Ad oggi, infatti, si stima che gli adolescenti (e preadolescenti) inizino a sviluppare i primi sintomi riconducibili a queste problematiche tra i 12 e i 17 anni in media (in alcuni casi anche prima). Sia chiaro: questo problema è molto più grave di quanto si possa pensare, perché, come ha prontamente sottolineato Elisa Fazzi, la presidente della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, questo ha “conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente, sullo sviluppo in genere”.
Sì, perché, come poi ha aggiunto: “Quello del neurosviluppo, che riguarda bambini e ragazzi tra 0 e 18 anni, è un periodo delicato, in cui i fenomeni maturativi del sistema nervoso centrale non hanno uguali nelle successive fasi della vita. A ogni tappa dello sviluppo, compresa la preadolescenza, possono corrispondere possibili rischi e vulnerabilità. In questo periodo la famiglia e la scuola sono fondamentali nell’individuare i primi segnali di rischio come forma di tutela e protezione della salute di bambini e adolescenti”.
Una (spiacevolissima) domanda sorge spontanea a questo punto: quali sono i disturbi più frequenti? Il più diffuso in assoluto è l’anoressia nervosa, che rappresenta il 42,3% dei casi, seguito dalla bulimia nervosa, che rappresenta il 18,2% e dal cosiddetto binge eating – termine che significa letteralmente “abbuffata di cibo” e che indica proprio appunto episodi frequenti in cui un individuo assumono enormi quantità di cibo in pochissimo tempo accompagnati dalla sensazione di vergogna e di senso di colpa e da una perdita del controllo su cosa e quanto sta mangiando che impedisce chi ne soffre di smettere di mangiare anche quando è pieno e han la sensazione di scoppiare – che rappresenta il 14,6%.
C’è una sola soluzione a tutto questo: prevenire il problema. Se proprio ciò non fosse possibile, c’è un’altra strada da seguire, quella dell’identificazione e dell’intervento “tempestivo e multidisciplinare”, fermo restando che spesso è davvero difficile mettere in pratica questa teoria, soprattutto alla luce del fatto che spesso chi soffre di questi disturbi tende a isolarsi e ad avere difficoltà relazionali con la famiglia, il/la compagno/a, gli amici e con tutte le persone che ha intorno.
Sia chiaro: le conseguenze possono essere fatali letteralmente. Come i neuropsichiatri dell’infanzia sottolineano, infatti, “se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i Dca possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico) e, nei casi gravi, portare alla morte”.
Se tutto ciò non bastasse, possiamo aggiungere che queste problematiche spesso sono accompagnate da altre, come una bassa autostima, comportamenti autolesionistici e così via. I Dca a volte quindi altro non sono che la punta dell’iceberg.
Ma come vanno trattati? In diversi modi. La prima cosa da fare è rivolgersi a uno psicologo oppure uno psichiatra, che indicherà la strada giusta da seguire. La seconda è poi consultare un dietologo oppure un nutrizionista, che suggerirà poi quale piano alimentare seguire per potersi rimettere in riga e poter ritornare in forma, nel vero senso della parola. La cosa fondamentale è rivolgersi sempre e comunque a degli specialisti, perché le cure fai da te potrebbero non essere sufficienti, come – purtroppo – potrebbe non esserlo il supporto dei familiari.
Sui disturbi del comportamento alimentare non si scherza. Possono essere pericolosi ed esserlo davvero. Se pensate che qualcuno accanto a voi ne soffra, non restate a guardare e se pensate di essere voi stessi a soffrirne, non abbiate paura di chiedere aiuto.