Il profilo ufficiale del Senato su LinkedIn ha condiviso nella mattinata di oggi un post, con i dubbi e le “criticità” dell’Autonomia Differenziata: “Rischio disuguaglianze in aumento”.
Il Senato ha condiviso nella tarda mattinata di oggi un post, sulla pagina ufficiale LinkedIn, con un dossier nel quale il Servizio del Bilancio del Senato ha “passato al setaccio” il disegno di legge dell’Autonomia Differenziata. I rischi e le perplessità rimangono sulle diseguaglianze della proposta del ministro Calderoli. “Sarà possibile realizzarla continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni costituiscono il nucleo invalicabile di quei diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione?“.
Nella mattinata di oggi sul profilo ufficiale del Senato, su LinkedIn, è comparso un post che ha attirato decisamente l’attenzione. Un post a “sorpresa”, scrive stamani La Repubblica, visto che nella didascalia del link che rimanda al dossier di studio del Servizio del Bilancio del Senato, sono stati evidenziati diversi i punti controversi del disegno di legge voluto dal ministro Calderoli.
Controversie, quelle che hanno preoccupato sin dallo scorso dicembre, trattate senza giri di parole e tramite un canale ufficiale dello Stato, che mirano a mettere in guardia su punti dell’Autonomia Differenziata ben precisi: rischio di disuguaglianze in aumento. Anche la foto del post è piuttosto eloquente, quella di una bandiera italiana tenuta insieme da dei tasselli di un puzzle, che si sfaldano lasciando dietro uno sfondo nero. Immagine che rappresenta le tanto odiate metafore e appellativi usati per definire dall’opposizione e da diverse testate “spacca Italia” la manovra di Roberto Calderoli, che aveva minacciato le denunce per chi si fosse permesso di utilizzare tale appellativo per rivolgersi alla sua proposta di legge.
Chissà se prometterà battaglie legali all’account del Senato, il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie. Quel che è certo è che il dossier pubblicato stamattina ha posto l’accento su due degli argomenti più dibattuti tirati in ballo dai contrari alla proposta, ossia il rischio di un indebolimento di due servizi fondamentali come Sanità e Istruzione. Se l’alert viene lanciato dal Senato della Repubblica, il tutto assume connotati preoccupanti.
Il ddl era passato lo scorso 3 febbraio in cdm, ma serve l’analisi tecnica proprio da parte dell’Ufficio Bilancio di Palazzo Madama che oggi è intervenuto su LinkedIn con il titolo: “Il costo dell’autonomia differenziata”.
L’analisi del Servizio del Bilancio del Senato si è concentrata sulle possibili ricadute del testo di Calderoli. In didascalia si legge ancora come siano presenti alcune “criticità” nel passare a setaccio il disegno di legge: “Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato, ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate“.
Nella nota il Senato fa presente che la Costituzione prevede forme e condizioni di autonomia per le Regioni a statuto ordinario e che il disegno di legge A.S. 615 presentato il 23 marzo dal Ministro per gli affari regionali definisce i princìpi generali per l’attuazione di questa autonomia differenziata.
L’accento è posto sulla domanda, retorica, relativa ai diritti civili: “Sarà possibile realizzarla continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni costituiscono il nucleo invalicabile di quei diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in modo da erogare a tutti i cittadini i servizi fondamentali, dalla Sanità all’Istruzione?”.
Economisti, giornalisti, oppositori politici, avevano già dato vita a diverse riflessioni e preoccupazioni – ritenute infondate dal governo e dal ministro – in questi mesi, come quelle riguardanti alle possibili difficoltà delle regioni più povere. Tutte riprese adesso dal Senato, che ha spiegato come proprio “le Regioni più povere con bassi livelli di tributi erariali maturati nel territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà finanziarie e ad acquistare le funzioni aggiuntive”.
Trasferire le nuove funzioni amministrative e comuni, province e città, dalle Regioni potrebbe “far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione”.
Ma non è la prima critica mossa alla proposta voluta fortemente dalla Lega. L’Ufficio parlamentare di Bilancio infatti aveva messo in guardia di recente – ricorda ancora La Repubblica – sui possibili squilibri che potrebbe provocare la legge.
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