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S’intitola I Duellanti la nuova proposta di Rai Uno in onda il 6 e il 13 luglio in seconda serata: un talk che mette faccia a faccia alcuni dei protagonisti dei più celebri litigi televisivi. A intervistarli è Massimo Giletti, già conduttore de L’Arena, programma a cui I Duellanti strizza l’occhio a partire dalla sigla. Lo scopo del talk dovrebbe essere quello di comprendere, a distanza di un lungo periodo, le ragioni che hanno portato al litigio, attraverso un confronto tra i due protagonisti, dando così loro la possibilità di chiarirsi. Siamo dunque di fronte ad un esempio di tv pacificatrice, alla C’è posta per te? Non si direbbe.
Lo dimostra bene il primo confronto che va in scena: quello tra Aldo Busi e Alba Parietti, protagonisti di un litigio avvenuto quattro anni fa nel corso del programma Alballoscuro. Di fronte a un Giletti dall’aria un po’ da detective, un po’ da psicologo e un po’ da paciere, forse nemmeno troppo convinto, la discussione tra i duellanti si accende sempre più, gli animi si surriscaldano, i toni si alzano. Morale della favola: il litigio riprende laddove si era interrotto quattro anni fa e la riconciliazione pare essere ben lontana.
Assistiamo dunque ad una delle solite “risse verbali” a cui il piccolo schermo ci ha abbondantemente abituati, con una differenza però: se solitamente il litigio è diretta conseguenza di vedute contrastanti riguardo un determinato argomento di discussione, in questo caso è il litigio stesso ad essere oggetto principe del dibattito.
Viene da chiedersi quale sia il senso reale del programma, perché lo spettatore dovrebbe essere interessato a comprendere le ragioni che, anni addietro, hanno portato i due vip in questione a litigare. Sembra piuttosto che I Duellanti si fondi sul il tentativo di fare breccia nell’audience sfoderando la carta del battibecco che, del resto, tende sempre a incuriosire e stuzzicare lo spettatore. La trasmissione, di fatto, ricicla dinamiche relazionali avvenute nel passato televisivo inserendole in una cornice ad hoc, per confezionare un prodotto in cui il litigio non si innesta in una struttura narrativa solida, ma tende ad essere fine a se stesso, e la tv, ahimè, sembra giocare ancora il ruolo della “cattiva maestra”.