L’ex vicepresidentessa del Parlamento europeo Eva Kaili indagata per lo scandalo Qatargate, che ha scosso nelle fondamenta l’istituzione dell’Unione europea, è stata torturata per alcuni giorni, hanno detto i due legali della politica greca, impegnati oggi nel chiedere la scarcerazione della stessa.
I due avvocati hanno anche lamentato che Kaili ha visto solo due volte in sei settimane la sua bimba di 22 mesi, affidata alle cure del nonno. La politica greca dell’S&D, che si professa innocente, per loro non deve pagare i conti più alti per quello che è successo. Intanto, però, la camera di consiglio ha deciso che rimarrà in carcere.
Innocente fino a prova contraria, e quindi fino a sentenza definitiva di condanna, Eva Kaili, ex vicepresidentessa del Parlamento europeo, secondo i suoi legali, in stato di detenzione preventiva è stata sottoposta a delle torture, “degne del Medioevo“. “Da mercoledì 11 gennaio a venerdì’ 13 gennaio – ha spiegato al termine della camera di consiglio al Palais de Justice di Bruxelles, Mikhalis Dimitrakopoulus, avvocato della politica greca che ne chiede la scarcerazione – è stata in isolamento su ordine del giudice istruttore, Michel Claise. Per 16 ore è stata in una cella di polizia, non in prigione, al freddo“.
E non è tutto, secondo i racconti del legale, non ha potuto avere altri indumenti, e le hanno addirittura preso il giubbotto. “La luce è stata accesa in continuazione, e non ha potuto dormire. Era indisposta, con un abbondante sanguinamento, senza potersi lavare“, ha detto ancora Dimitrakopoulos prima di precisare, appunto, che la sua assistita è sì, accusata, “ma esiste sempre la presunzione di innocenza“. Certe cose, ha continuato, in Europa, non sono tollerabili: “Questi atti violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, questi atti purtroppo sono il Medioevo. Spero in un processo equo“.
A spiegare i motivi per cui la politica è stata messo in isolamento è stato l’altro suo avvocato, André Rizopoulos, ovvero che la difesa ha pensato fosse “un buon modo per evitare non so che cosa“, il tutto mentre l’altro indagato Pier Antonio Panzeri, ex europarlamentare in quota Partito democratico, “stava negoziando la sua procedura di pentimento“. Per il legale, infatti, non ci sono altri elementi di questi due eventi svolgersi in parallelo: “Me ne sono reso conto in seguito. Se è così, lo trovo piuttosto scioccante“, ha detto.
D’altronde, in Belgio, una persona viene messa in isolamento in casi rari, come quelli dei crimini di mafia, ha sottolineato. Lui, in ogni caso, lo ha scoperto solo in audizione e “l’unica cosa che ho potuto dire è che è una possibilità legale restare a dormire lì, ma è molto eccezionale. Ma l’indomani mattina non è successo nulla di particolare“. Una denuncia, però, non verrà presentata fino a quando non si capirà cosa è successo davvero, ma la verità verrà comunque fuori, perché “le inchieste divengono trasparenti. Non solo all’inizio, ma lo diventano“.
Kaili, come ha ricordato, poi, Rizopoulos, ha visto la figlia di 22 mesi solo due volte in sei settimane, in prigione, motivo in più per credere che c’è “una vera rottura delle misure appropriate in rapporto alla situazione“. Essendo stati confermati gli arresti, tra l’altro, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo resterà in carcere e non vedrà la bambina fino a febbraio. A deciderlo è stata proprio la camera di consiglio, in un’ordinanza emessa dopo l’udienza di oggi, informa la. Se farà appello, comparirà davanti alla chambre des mises en accusation della Corte d’Appello di Bruxelles entro 15 giorni.
Certo, “il solo fatto di essere genitori non è un jolly che consente di sfuggire alla detenzione preventiva, non avrebbe senso“, ha detto il legale, ma si deve considerare il fatto che si tratta di un’inchiesta di tipo finanziario, e di base il periodo è piuttosto breve. “Non vedo alcuna ragione – ha continuato – di cambiare completamente logica solo perché si tratta del caso Kaili-Parlamento europeo. Non c’è alcuna ragione: noi dobbiamo tutti restare nella stessa maniera di funzionare e di esercitare serenamente i nostri diritti. E quando dico questo, vale per l’accusa, ma anche noi dobbiamo poterlo fare“.
“Per ora, il modo in cui si fa è un esercizio inutilmente pesante e complicato del diritto di difesa, a causa della detenzione di Kaili nella prigione di Haren. Chiedo a tutti i giornalisti di andarci, per capire che cosa vuol dire fare avanti e indietro tra Bruxelles e la prigione di Haren, per vedere quanto tempo si perde“.
Nel merito della vicenda, il Qatargate, lo scandalo che è scoppiato nel Parlamento di Strasburgo, Dimitrakoupolos ha poi sottolineato come Kaili sia innocente e di come non abbia avuto “alcuna collaborazione con Panzeri“. Sulla scarcerazione, è stato chiesta anche l’adozione di misure alternative, come il braccialetto elettronico, che la Procura non ha accettato. Per loro, “tutti i rischi che consentono la detenzione preventiva sussistono: il rischio di fuga, il rischio di collusione con terzi, il rischio di distruzione di prove. Noi riteniamo che questi rischi non esistano. Deciderà la camera di consiglio“.
I legali della greca hanno poi sottolineato come sia lei “la sola politica a essere detenuta“, anche in condizioni difficili, dicevamo, e di come questo sia estremamente preoccupante. “Per ora la persona che paga il prezzo più elevato è Eva Kaili e non ci sembra normale“, ha detto Rizopoulos. “Va fatto un bilanciamento – ha continuato – tra gli interessi dell’inchiesta, che sono sempre legittimi, e le misure effettive che sono adottate per proteggere l’inchiesta. Non vorremmo che alla fine la signora Kaili diventasse la persona più profondamente e duramente colpita da una detenzione dura, dal momento che non è certamente al centro del dossier. È una cosa che ci sembra insopportabile e che abbiamo rappresentato alla camera di consiglio. Non entriamo ovviamente nei dettagli del dossier“.
“Nessuno ci ha chiesto nulla. E quando alla signora Eva Kaili sono state fatte delle domande, lei ha sempre risposto“, ha spiegato l’avvocato a chi gli chiedeva se anche a Kaili la Procura abbia proposto di firmare un accordo in base alla legge belga sui pentiti.
I legali sono anche tornati sulla posizione del dem, che invece ha siglato un accordo di collaborazione con la Procura, “si sta comprando un futuro. Va bene e da avvocato lo comprendo perfettamente“. “Lui ora sa quale è la fine del suo periodo di detenzione; sa quali sono le persone che ha deciso di proteggere, e va benissimo: probabilmente in primo luogo la sua famiglia“.
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