I medici e il personale sanitario non dovranno più avere paura (almeno quelli della Capitale): finalmente, dopo anni di richieste, il loro desiderio di essere tutelati è stato assecondato. Saranno attivati 18 presidi delle Forze dell’ordine negli ospedali, che saranno operativi tutti i giorni dal lunedì al sabato a partire dalle ore 8 fino alle 20.
Capita spesso ahinoi che persone si rechino negli ospedali (oppure comunque nelle strutture sanitarie) e se la prendono immotivatamente con il personale che lavora e opera proprio per la loro tutela. Nessun do ut des per i sanitari: loro offrono le loro competenze e in cambio a volte ottengono solo violenza.
I medici – insieme a tutto il personale sanitario ovviamente – sono le persone che dovrebbero curarci, tutelarci, salvarci la vita. In moltissimi casi lo fanno (non parleremo dei casi di imperizia, che non devono essere una scusa per generalizzare), eppure pare che ci siano persone che non solo non rispettano il loro lavoro, ma che pensano bene di usare gli ospedali come ring su cui sferrare i loro colpi.
I dati parlano chiaro: stando alle rilevazioni emerse a inizio pandemia, nel quinquennio precedente vi sono stati 12mila infortuni sul lavoro per il personale sanitario registrati come violenze. La media, in pratica, è di circa 2.500 casi all’anno. Ma non finisce qui, perché a queste dobbiamo aggiungere le violenze – verbali e fisiche – destinate agli infermieri: basti pensare che ogni anno circa un terzo di loro ne riceve, per un totale di circa 130mila casi all’anno, di cui però circa 135mila non vengono denunciati.
C’è anche un altro (triste) dato da tenere a mente: il 75% delle volte sono le donne a subire minacce e violenze di ogni genere. Un esempio? L’ultimo caso – in ordine cronologico – riguarda Adelaide Andriani, 18enne specializzando in chirurgia generale, in servizio alla Guardia Medica dell’ospedale Gervasutta di Udine, è stata vittima del raptus dell’accompagnatore del paziente ferito alla gamba che stava visitando. Stando al racconto suo e della sua collega Giada Aveni, che stava dividendo il turno con lei, a far perdere le staffe all’uomo sarebbe stato il consiglio delle dottoresse di portare il paziente ferito al Pronto Soccorso.
Per capire di più, possiamo prendere in prestito le dichiarazioni del Antonio De Palma, Presidente Nazionale di Nursing Up, sindacato degli infermieri, che qualche tempo fa affermò: “Nell’autunno del 2019 abbiamo fatto un’indagine, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha mostrato violenza fisica, minacce, insulti. Un infermiere su 10 ha confermato di aver subito violenza fisica sul lavoro, il 4% ha riferito di essere stato minacciato con un’arma da fuoco. Uno su due dice infine di aver ricevuto un’aggressione verbale”.
Da tempo immemore, infatti, i sanitari chiedevano più tutele, ma adesso pare che finalmente le loro richieste siano state accolte e che quello che per loro fino ad ora era stato sempre e solo un desiderio stia diventando realtà.
Ormai è ufficiale: il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha deciso di riattivare 18 presidi delle forze dell’ordine negli ospedali di Roma e di alcuni comuni appartenenti all’area metropolitana e cioè Anzio, Nettuno e Civitavecchia.
Il nuovo piano di sicurezza prevede che i presidi siano operativi tutti i giorni dal lunedì al sabato a partire dalle ore 8 fino alle 20 (con la possibilità di prorogare l’orario di servizio e farlo durare anche fino alle 23). Durante ogni turno ci sarà un operatore e nelle fasce serali e notturne ci sarà un servizio di vigilanza con le autoradio delle forze di polizia.
Come ha affermato il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, parlando con l’agenzia Dire: “Questa scelta è un segnale importante che nasce non solo nel segno dell’attenzione nei nostri confronti ma anche con la volontà di coinvolgere le forze dell’ordine in situazioni che, in caso di violenza sugli operatori sanitari, prevedono la denuncia d’ufficio. (…) La legge, quindi, c’è ma viene poco applicata, probabilmente perché scarsamente conosciuta dagli operatori. Con la presenza della polizia, tutto questo diventerà certamente più semplice”.
Magi, che ha definito questa iniziativa “un buon deterrente per quanti, invece di farsi curare, si recano negli ospedali per picchiare i sanitari”, ha poi aggiunto: “Non possiamo certo pensare di mettere poliziotti ovunque, ma spero che tutto questo si possa implementare ulteriormente, come ho suggerito. (…) Anche presso i poliambulatori e gli ambulatori dei medici di medicina generale, con l’ausilio di telecamere e applicazioni che lo stesso sanitario che si trovi sotto minaccia o vittima di violenza può attivare in un momento di difficoltà”.
Che questa sia una vittoria per i medici e il personale sanitario è indubbio, ma il problema alla base resta: non dovrebbe essere necessario coinvolgere le forze dell’ordine negli ospedali, perché questi dovrebbero essere luoghi in cui sentirsi al sicuro.
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