Entro la fine del mese di luglio il governo guidato da Mario Draghi è pronto a varare un decreto nel quale saranno inseriti dei provvedimenti volti ad aiutare le famiglie e le aziende più fragili e bisognose in questi tempi di inflazione e caro vita.
L’intervento che verrà emanato a breve non contiene misure strutturali di lungo periodo, ha precisato l’esecutivo; queste ultime saranno oggetto della manovra di bilancio autunnale. Al contrario ora si interverrà con dispositivi immediati di sostegno al reddito e contro il caro energia, nel mentre proseguiranno i tavoli di confronto con le parti sociali per dare forma alla prossima legge di bilancio.
Il Consiglio dei Ministri sta per mettere in campo una serie di sussidi e aiuti che proteggano il potere d’acquisto dei cittadini dello Stivale senza però dare luogo alla pericolosa spirale di aumento inflazione – aumento retribuzioni – nuovo aumento inflazione e così via.
Per prima cosa si dovrebbe procedere alla riconferma del credito d’imposta del 25% a tutte le imprese energivore, in più un bonus sempre del 25% a quelle aziende fortemente dipendenti dal gas. Per le piccole attività, che si mantengono entro i 16,5 kilowatt di consumi, sarà elargito un bonus sulle bollette del 15%.
Riguardo ai mezzi di trasporto, dovrebbe essere prorogato per due mensilità lo sconto di 30 centesimi sulle accise ai carburanti, estendendo la misura in scadenza il 2 agosto fino alla fine di settembre.
Infine il governo vorrebbe rinnovare il sussidio da 200€ ai più bisognosi, modificandolo in parte: non un assegno unico e definitivo, bensì una sovvenzione di poco inferiore alla cifra appena indicata ma estesa su più mesi.
Intanto Draghi ed il suo esecutivo hanno cominciato le prime discussioni e valutazioni in vista della scrittura della legge di bilancio 2022, da presentare entro fine anno. Il governo è intenzionato a coinvolgere attivamente le parti sociali, le quali infatti ieri, 12 luglio, hanno avuto un primo incontro “esplorativo” a palazzo Chigi.
I provvedimenti attualmente più attenzionati e vagliati riguardano il taglio del cuneo fiscale ed il salario minimo, anche se non si tratterebbe propriamente di un reddito base univoco definito per legge.
La riduzione del cuneo impositivo dovrebbe risultare essere una riforma strutturale atta a rinvigorire i salari e quindi il potere d’acquisto dei lavorati. Il bacino di beneficiari dovrebbe in primo luogo essere rappresentato dai redditi inferiori ai 35 mila Euro annui.
Per quel che concerne il salario minimo, si vorrebbe procedere con la misura pensata dal ministro del Lavoro Andrea Orlando: il trattamento economico complessivo dei contratti.
Ciò significa nessuna disposizione parlamentare che imbrigli per legge le retribuzioni ad una soglia minima, ma l’estensione del contratto concordato migliore per la forza lavoro a livello nazionale, preservando dunque ruolo (e potere) dei sindacati, centrali nella negoziazione delle stipule.
Tuttavia questa formula, proprio perché si affida a patteggiamenti cadenzati, non darebbe la sicurezza di uno stipendio davvero dignitoso per ogni impiegato, specie se le trattative fossero portate avanti dalla selva di sottosezioni sindacali assai deboli rappresentativamente e spesso più pronte a difendere se stesse che i dipendenti.
Tuttavia per la manovra di bilancio si è solo all’inizio delle discussioni, il confronto tra governo, sindacati e Confindustria è ancora lungo e sicuramente accidentato.
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