Tre nomi difficili da leggere, ma non da prounciare, che rappresentano tre luoghi di ritrovo sociale della Corea del Sud: Jjimjilbang, Mogyoktang e Noraebang. A essere precisi la sequenza ideale sarebbe questa: prima Noraebang poi Mogyoktang infine Jjimjilbang. Come il più noto (in Italia) karaoke, il Noraebang è la stanza dove si canta, in gruppo, magari già un po’ allegri dopo una serata di baldoria. Il seguito è nudità, condivisione e relax: i coreani amano prendersi cura del proprio corpo e così si concedono frequenti visite ai bagni pubblici dove si lavano e si rilassano staccandosi come in una bolla dal frenetico ritmo della vita lavorativa, chiacchierando e un po’ come da noi al bar. Puliti e con in testa l’asciugamano a forma di testa di pecora, trascorrono la notte tra saune e snack. La prima volta che ho provato questi fantastici luoghi ero con la mia ragazza e una sua amica, entrambe Nuna per me (vedi puntata precedente) e venivo da una febbre da cavallo che mi aveva lasciato in uno stato di costante alterazione audiovisiva.
NORAEBANG 노래방
Immaginiamo una serata tra amici: si esce, si mangia, essendo in Corea si beve in quantità sconsiderata e poi si va a cantare. In Italia conosciamo più il karaoke, che spesso e volentieri avviene in un salone, con tanto di pubblico e sconosciuti. In Corea è diverso: si avrà una stanza privata, con un grande schermo (o un proiettore), giochi di luce, divanetti o cuscini e un telecomando che di primo acchito sembra in grado di controllare la Stazione Spaziale Internazionale. Come funziona il Noraebang? C’è una sorta di hall come se fosse un albergo, si paga l’ingresso, magari si compra qualche bevanda e qualche spuntino e si ricevono i microfoni. Come detto, ero in compagnia della mia ragazza e una sua amica e avevo appena trascorso due simpatiche giornate con febbre mai più bassa di 38.5: le condizioni ottimali per il noraeang… Sono rimasto stupito dalla quantità di “servizi” e di funzionalità, mi aspettavo qualcosa di più simile a un semplice database di brani, video con il testo scorrevole e via cantando. Invece no: le nune hanno fatto partire il primo brano e hanno iniziato a cantare e saltare per la stanza con tanto di tamburello e mosse da K-Pop prima che me ne potessi rendere conto. Ero semi accasciato su un cuscino, osservando il telecomando (foto) così complesso quando l’esperienza noraebang iniziò tutta di botto: ogni canzone aveva un suo video (ufficiale oppure, in caso di brani più vecchi, collage di altri videoclip); era allucinazione oppure la stanza si era immediatamente immersa in giochi di luce che entravano dai miei occhi e uscivano dal mio cranio?
C’è una sorta di galateo da noraebang da rispettare: si sceglie la canzone, ci si prenota inserendo il codice corrispondente nel telecomando e, cosa molto importante, si canta insieme oppure uno dopo l’altro, insomma è un esperienza sociale. Spesso è utilizzata anche nelle serate post-lavoro per fare gruppo (che qui sono fissatissimi con questa cosa). Come funziona il telecomando? Si può impostare l’intonazione, aumentare/diminuire il ritmo, togliere la base strumentale, saltare l’intro, saltare pezzi, ecc… Ci sono in realtà un sacco di tasti che devo ancora scoprire, ma che consentono di poter cercare nei vari database e/o attivano-disattivano funzioni. C’è un pulsante significativo, quello della priorità. Premendo quello, si va subito alla canzone messa in lista, di solito lo utilizza chi deve andare via e vuole cantare l’ultima canzone oppure se il gruppo vuole andare direttamente a un brano, in generale è meglio non usarlo in modo prepotente. In una canzone le nune cantavano il ritornello guardandomi, aggiugendo il mio nome al termine della strofa e ridendo, non capivo perché poi ho compreso che era un brano che potremmo avvicinare al nostro ealloratichiameròtrottolinoamorosodududadadà. La scelta di canzoni non coreane dipende dal noraebang, il nostro non ne aveva molti e così mi sono ritrovato a sorpresa a interpretare pezzi storici della canzone napoletana e qualcosa dal repertorio di Armstrong. Un countdown sancisce il tempo prima di lasciare la stanza, la febbre era ormai passata e mi ero anche io trasformato in un coreano saltante: abbiamo terminato con Gangnam Style. Ok, ora era il momento di andare al bagno pubblico. Avevo capito che qui si va tutti nudi e la cosa iniziava a farsi interessante.
MOGYOKTANG 목욕탕
Premessa: ogni Jjimjilbang è anche Mogyoktang, ma non viceversa. Il Mogyoktang è il bagno pubblico vero e proprio quello dove si va per lavarsi. Come funziona? Si paga (poco, circa 5 euro) e si riceve una chiave da allacciare al polso o alla caviglia. Ci si leva le scarpe e le si ripone nell’armadietto corrispondente al numero assegnato. E ci si divide: “Ah ma quindi non si fa insieme?”, avevo chiesto un po’ deluso. Ovviamente no, mi avevano risposto le nune che si erano dirette verso la zona femminile. Che peccato. Entrato nella mia zona, la prima cosa che colpisce è: uomini nudi, uomini nudi ovunque, a decine di ogni età e forma, dal bambinetto al vecchio curvo come un punto interrogativo. Il primo che ho visto stava dormendo su una panca di legno con le chiappe al vento rivolte proprio verso l’ingresso, come a dire “benvenuto”.
E vabbè, allora via tutto: si ripongono i vestiti e i propri oggetti personali nel secondo e più ampio armadietto (sempre con numero personale assegnato) e si rimane solo con la chiave braccialetto addosso. La stanza degli armadietti, solitamente, appare come un gigantesco bagno con specchi, asciugacapelli, bilance, panche e creme varie. Si possono acquistare spazzolini, rasoi e prodotti per la pulizia personale. C’è un barbiere, poltrone massaggio e altre dove riposarsi: sempre nudi, ovviamente. Ci sono i WC e, infine, i bagni pubblici veri e propri.
Come funzionano? Una volta entrati ci si può fare una lunga e approfondita doccia per lavarsi in modo deciso (ci sono saponette a disposizione), utilizzando un asciugamano chiamato sorprendentemente italy towel – 이태리 타올 (che prende il nome dal macchinario che crea la superficie abrasiva, di fabbricazione italiana appunto) si effettua uno scrub vigoroso su tutto il corpo per raschiare via la pelle morta. Il colorito pallido, classico della popolazione coreana, diventa così di un fucsia con striature rosse accese. Ci sono postazioni per la doccia seduti, si prende una sediolina e ci si sistema davanti allo specchio; volendo ci si rade o lava i denti. Se nelle docce sono tutti molto impegnati, al centro della sala si è belli immobili immersi nelle vasche con acqua con temperature crescenti da circa 30 gradi a ben oltre 40. Solitamente si alternano bagni caldi alla vasca di acqua fredda e/o ci schiaffa addosso secchiate prelevandola con un piccolo contenitore o ancora ci si piazza sotto un getto gelato di potenza inaudita che sembra disintegrare le articolazioni quando ti raggiunge. Come bonus, ci sono le saune tipo finlandese o bagno turco.
Soprattutto gli anziani si impegnano in esercizi come piegamenti, sedute e quant’altro, sono molto attivi. Inevitabilmente, saltano all’occhio le differenze fisiche tra la nostra e la loro popolazione: sono mediamente più in forma e con una muscolatura più accentuata di noi, fatto salvo per la panza da bevitori piuttosto diffusa, sono praticamente glabri nella parte superiore del corpo, pochissima peluria sul viso, niente su petto, spalle o schiena. Un modo che ho trovato per riconoscere i/le coreane/i rispetto agli altri asiatici è osservare i polpacci perché sono spesso ben sviluppati e delineati.
In un angolo del bagno pubblico c’è una sala con lettini e prezzi esposti: è il servizio di scrub eseguito da uno specialista. Ci vanno giù duro, si esce come aragoste e non sembra siano troppo teneri con le parti più delicate del corpo. Una vera tortura per l’occhio e l’epidermide occidentale, ma una delizia per i locali.
Terminata tutta la procedura, si ritorna negli spogliatoi, ci si asciuga, increma e riveste e si esce. E l’uomo spiaggiato sulla panca? Qualcuno gli aveva posto un piccolo asciugamano sulle parti più indecorosamente esposte ad accogliere i nuovi avventori. Va bene la nudità, però…
JJIMJILBANG 찜질방
Bene, si termina col Jjimjilbang. Come descriverlo? Prima di tutto ogni Jjimjilbang ha al proprio interno un Mogyoktang e l’ingresso è lo stesso di quello già descritto qui sopra. Si entra separati, ci si lava e poi si indossa una divisa consegnata all’ingresso, maglietta e pantaloncini oltre a un asciugamano. Belli puliti ci si ritrova nello spazio condiviso: un salone estremamente pulito dove si sta ovviamente scalzi e dove, sostanzialmente, ci si rilassa. D’inverno il pavimento è riscaldato, d’estate è più fresco. Ci sono saune di diversa temperatura (quella più impegnativa è inquietantemente simile a un forno per il pane) oltre che stanze più fresche. C’è un ristorante, c’è una sala con letti dove dormire, c’è poi una sala PC, sala cinema, libreria-fumetteria e sale massaggi. Spesso si vede anche una palestra.
Il punto molto interessante è che il Jjimjilbang può essere considerato un hotel a ottimo prezzo perché è aperto 24 ore e con meno o poco più di 10 euro si entra (di giorno è leggermente più caro), si sfrutta il bagno pubblico e si passa la notte. Sono molti i coreani che lo utilizzano durante le gite di un weekend oppure i lavoratori che si fermano fuori città o chi è un po’ alticcio dopo un ritrovo alcolico dopo il lavoro. Si paga pochissimo e si può dormire in un ambiente caldo d’inverno e fresco d’estate, pulitissimo, con tutti i possibili servizi del caso e molto sicuro e tranquillo. Le famiglie amano trascorrere il tempo nel Jjimjilbang e spesso questi luoghi sono diventati ricoveri in caso di calamità naturali o per chi non passa un bel momento, economicamente parlando, e dunque preferisce il decoro e la dignità di una sistemazione così invece che qualcosa di peggio.
Un must del Jjimjilbang è l’asciugamano a testa di pecora (yang mori – 양머리) , come funziona? Come da tutorial qui sopra, si arrotola e piega in modo tale da formare una simpatica e caratteristica forma, molto utile per le sudate da sauna. Ultimamente questo luogo è diventato molto popolare tra i turisti soprattutto asiatici, che visitano e provano il Jjimjilbang che è spesso mostrato nei film coreani, nei videclip musicali e nelle soap opera.
Terminato il relax, si ritorna nello spogliatoio, ci si lava e poi si lascia la divisa nei cesti di raccolta indossando i propri abiti e uscendo nell’atrio. Qui si recuperano le scarpe e il gioco è fatto. Tre luoghi sociali tipo, da frequentare rigorosamente per provare la vera esperienza coreana – FINE TERZA PARTE.