Al netto di qualche influenza, che l’ha messa ko per qualche giorno, Giorgia Meloni, la presidentessa del Consiglio, nei primi tre mesi al governo ha speso molto più dei suoi predecessori per viaggi. Solo Giuseppe Conte, da premier dell’esecutivo giallorosso, è riuscito a far sborsare allo Stato più soldi della leader di Fratelli d’Italia, ma a fronte del triplo dei voli.
A pesare sono soprattutto il numero di delegati che, ogni volta, si spostano con Meloni, ma anche e soprattutto gli esterni alla presidenza che viaggiano con la numero uno di Palazzo Chigi. Se non bastasse, ci sono anche i ministri che prendono e partono, per lo più per missioni governative, con i soldi “dei contribuenti”, che un tempo la stessa premier aveva criticato.
La prima donna presidente del Consiglio della storia della Repubblica italiana, Giorgia Meloni, ha speso in viaggi in Italia, e per di più all’estero, in tre mesi più dei suoi predecessori. Rispetto agli start up di Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, il primo, e Mario Draghi, la nostra premier ha speso di meno solo rispetto al suo predecessore che ha guidato il governo giallorosso, quello che ha gestito la fase iniziale del Covid, e che ha fatto comunque il triplo dei viaggi che ha fatto la leader di Fratelli d’Italia dal 22 ottobre, giorno in cui si è insediata a Palazzo Chigi come prima inquilina, fino a gennaio. Al netto, tra l’altro, del fatto che Meloni, in questo stesso periodo, ha saltato almeno due impegni istituzionali all’estero perché stava poco bene, l’ultimo saltato risale a fine febbraio.
Per la precisione, da presidentessa del Consiglio, la numero uno della coalizione di centrodestra, stando ai sondaggi almeno, ha speso 193.233 euro per undici viaggi con al seguito delegazioni di 280 persone tra addetti vari e staff, e 17 esterni alla presidenza. Numeri importanti, rispetto ai predecessori, dicevamo, che hanno invece usato i soldi dello Stato per 80mila euro l’ex banchiere centrale – ha viaggiato molto meno degli altri perché c’era la pandemia -, 148.196 euro per 12 missioni quasi tutte all’estero e molte meno unità – 223 – del primo Conte. L’attuale commissario europeo, invece, si era tenuto sui 25mila euro (per sei missioni), mentre l’attuale di leader di Italia Viva e senatore del terzo polo, ne aveva speso 78mila euro.
A gonfiare i numeri, probabilmente, ci sono sì, le delegazioni, ma anche l’aumento dei prezzi in generale e il fatto di aver partecipato a una riunione della Cop27, a Sharm el Sheikh in Egitto, ma soprattutto un G20, a Balì, in Indonesia. Questi due eventi sono stati nel mese di novembre, quando praticamente è iniziata l’avventura di Meloni a Palazzo Chigi, che ha comportato anche delle visite istituzionali da onorare in seno all’Unione europea.
Dopo aver mandato, infatti, Draghi a trattare con gli altri 26 capi di governo o di Stato (dipende dalla forma di governo, appunto) per un tetto al prezzo del gas, e in un momento particolare, la premier, come prima visita con i galloni della presidentessa del Consiglio italiana, è andata a Bruxelles e ha incontrato Roberta Metsola, presidentessa del Parlamento europeo, Ursula von der Leyen, della Commissione europea, e Charles Michel, numero uno del Consiglio europeo.
Dei quasi duecentomila euro spesi in tutto, 158.671 sono stati spesi proprio a novembre e per quattro viaggi in tutto: uno in Italia e, appunto, i tre all’estero. In queste tre missioni, si sono spostate dall’Italia 134 persone, 14 delle quali esterne: 80.170 euro sono finiti per i voli, gli altri 78.501 sono andati per pernottamenti e pasti. Le spese di dicembre, nonostante l’Albania, Bruxelles e l’Iraq, sono diminuite le unità, ma soprattutto i costi, arrivati a 26.864 euro. A gennaio, invece, sono stati appena 7.698 euro, tra Algeria, Libia e un altro viaggio in Italia. In media, i delegati sono stati 27 a viaggio, comunque.
Ecco, qua torna il confronto con i numeri del secondo governo Conte, l’unico che abbia speso più di Meloni nei viaggi. In 36 viaggi, esattamente il triplo di quelli dall’attuale premier, il presidente del MoVimento 5 stelle, all’ora non ancora investito della carica, aveva speso 260mila euro, e con una media di componenti per delegazione di quasi la metà rispetto all’attuale leader di Fratelli d’Italia. E sempre Conte, pochi mesi prima, quando ancora guidava la compagine di leghisti e pentastellati da Palazzo Chigi aveva speso, sempre per 36 viaggi, tra i quali anche un altro G20, a Osaka, del mese di giugno del 2019, aveva fatturato per 150mila euro, nel trimestre.
E, poi ci sono i ministri, che hanno fatto registrare un aumento dei voli con gli aerei di Stato, per lo meno rispetto al governo dell’ex presidente della Banca centrale europea. Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha fatto 12 missioni dall’inizio, Guido Crosetto, dal dicastero della Difesa, ne ha fatte sette. Il guardasigilli, Carlo Nordio, ha utilizzato cinque volte i voli di Stato e sempre per partire o atterrare dalla sua Treviso. In tutto, sono stati 35 contro i venti dei ministri del precedente esecutivo, poco meno della metà. E pensare che Meloni, quando sedeva dai banchi dell’opposizione, aveva criticato proprio Renzi per la sua smania di partire, usando i soldi dei contribuenti, e con un Airbus che aveva noleggiato, e che è stato rottamato dai pentastellati, che pure avevano usufruito comunque di voli spesati.
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