A 41 anni e qualche mese, visibilmente commosso, ma sicuramente grato, davanti al tutto esaurito dello stadio San Siro, Zlatan Ibrahomovic ha annunciato l’addio al calcio giocato e al suo Milan. L’attaccante svedese, martoriato dagli infortuni in stagione, tanto da aver disputato solo quattro gare, ha salutato i suoi tifosi, quelli che lo hanno accolto due volte, e che più di tutti gli hanno dimostrato amore, con le lacrime agli occhi, le stesse che si sono viste sul volto di Sandro Tonali e dei tantissimi rossoneri che hanno assistito al momento.
Ha spento lui i rumors su un possibile arrivo al Monza di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, gli stessi presidente e amministratore delegato che lo avevano voluto al Milan la prima volta, per il prossimo anno. Lo ha fatto prendendo la parola al centro del campo in cui per anni, anche con la maglia della Juventus e soprattutto dell’Inter, è stato protagonista. Dopo i ringraziamenti di rito, alla squadra, allo staff, al mister, Ibrahimovic si è rivolto direttamente ai tifosi che per tutta la serata lo hanno omaggiato con cori, striscioni e applausi, a loro il campione svedese ha detto di averlo “ricevuto con le braccia aperte, mi avete fatto sentire a casa, sarò milanista per tutta la vita. È arrivato il momento di dire ciao al calcio, non a voi“.
Uno degli ultimi baluardi del calcio italiano, meglio della Serie A come campionato più competitivo e più bello al mondo, o almeno in Europa, ha deciso oggi di annunciare ai tantissimi tifosi presenti allo stadio San Siro che l’anno prossimo non scenderà più in campo, con loro, ma anche con qualsiasi altra maglia. Quel Zlatan Ibrahimovic sbarcato nel nostro Bel Paese nel 2004 per andare alla Juventus di Luciano Moggi – che lo acquistò per 16 milioni di euro dall’Ajax -, che, dopo lo scandalo di Calciopoli che investì i bianconeri, passò all’Inter, ma in Italia è diventato soprattutto una bandiera del Milan, infatti, con le lacrime agli occhi – che si possono vedere anche per chi si considera e viene considerato un semidio, quindi – ha detto che appenderà gli scarpini al chiodo.
Fino a stasera la certezza che l’addio ai rossoneri si sarebbe consumato in questa maniera nessuno l’aveva, tranne lui e chi gli è stato accanto in una stagione tutt’altro che semplice, in cui ha giocato solo quattro partite, tutte da subentrato tranne l’ultima contro l’Udinese del 18 marzo, la stessa in cui ha messo a segno il suo ultimo gol di sempre tra i professionisti, ma anche il suo primo del 2022/23, arrivato, per giunta, su rigore e dopo che Marco Silvestri, non di certo conosciuto per essere un portiere para rigori, gli aveva negato la gioia di festeggiare per l’ultima volta. Nessuno l’aveva la certezza, e infatti si parlava di un possibile arrivo alla corte di Silvio Berlusconi e di Adriano Galliani, al Monza, gli stessi che lo avevano riportato in Italia dopo il periodo non felice al Barcellona.
Ma l’uomo dalle molte vite, e dalle mille esperienze sul rettangolo verde ha stupito tutti, e all’alba dei suoi 42 anni (li compirà il 3 ottobre) ha deciso di ascoltare il suo ginocchio, il suo polpaccio, la sua coscia, le sue gambe, il suo fisico, insomma, lo stesso che, assieme al talento, ha fatto in modo che diventasse uno dei più forti attaccanti di sempre, uno capace di battere record su record, di vincere tutto e ovunque tranne la Champions League, forse il suo più grande rimpianto.
Non ci sono state, però, nel saluto ai tifosi del Milan, che già lo avevano omaggiato con uno striscione grande quanto la curva con scritto “Godbye“, al termine della partita vinta contro un Verona che adesso si dovrà giocare la permanenza nel nostro massimo campionato contro lo Spezia in una finale secca.
“Ora è arrivato il momento di dire addio al calcio, non a voi“, ha iniziato al centro del campo, vestito di nero, perché lui era proprio da quella partita contro i friulani che non giocava. “Mi avete ricevuto con braccia aperte, sarò milanista per tutta la vita – ha continuato Ibrahimovic visibilmente commosso anche se sempre sé stesso al punto che ha zittito anche i fischi dei gialloblu, provenienti dal terzo anello verde -. La prima volta che sono venuto al Milan, mi avete dato la felicità. La seconda volta mi avete dato l’amore. Voglio ringraziare la mia famiglia, i giocatori, il mister e voi tifosi“. E quindi sì, nonostante la vittoria, il ritorno nella coppa dalle grandi orecchie anche per l’anno prossimo, l’ultima partita dei rossoneri è stata anche un po’ triste.
Triste perché Ibrahimovic ha sempre regalato calcio con la c. E lo dicono i numeri e i trofei, quelli da cui partiamo per raccontare cosa è stato da quando ha iniziato a calcare i campi. E quindi il suo palmares vanta due campionati olandesi, uno del 2001-2002, uno nel 2003-2004, una Coppa dei Paesi Bassi e una Supercoppa olandese, vinte entrambe nel 2002, con l’Ajax; cinque scudetti in Serie A più due revocati o non assegnati con la Juventus, tre con l’Inter e uno di fila all’altro dal 2006-2007 al 2008-2009, due con il Milan nel 2010-2011, l’altro nel 2021-2022, tre Supercoppe italiane (2006 e 2008 con i nerazzurri, nel 2011 con i “cugini”; un campionato spagnolo nel 2009-2010, due Supercoppe spagnole (2009 e 2010), una Supercoppa Uefa nel 2009, una Coppa del mondo per club, sempre nel 2009, con il Barcellona; poi, ancora, quattro campionati francesi consecutivi (dal 2012-2013 al 2015-16), tre Coppe di Lega francesi sempre di fila (dal 2013-2014 al 2015-2016), due Coppe di Francia, una del 2014-2015, l’altra nel 2015-2016, e tre Supercoppe francesi consecutive (dal 2013 al 2015) con il Paris Saint-Germain; una Community Shield nel 2016, una Coppa di Lega inglese, nel 2016-2017, e una Europa League, sempre nello stesso anno, con il Manchester United.
A livello personale, poi, è stato inserito per ben undici tra i candidati alla vittoria del Pallone d’oro, che però non hai mai vinto, vista anche la concorrenza di Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, ecco, alle loro spalle e a quelle di Frank Ribery è arrivato nel 2013. È stato anche candidato per sei volte Fifa World Player of the Year p The Best Fifa Men’s Player e per due volte anche all’Uefa Best Player in Europe Award, pure qua non arrivando mai alla vittoria. Ha vinto il Golden Foot nel 2012 e il Fifa Puskas Award nel 2013 (grazie all’ultima delle quattro reti segnate contro l’Inghilterra il 14 novembre 2012). Ibrahimovic è anche stato nominato calciatore svedese dell’anno in dodici occasioni, segnando di fatto un record, e per quattro volte sportivo svedese dell’anno (2008, 2010, 2013 e 2015).
Zlatan, poi, in 866 partite con squadre di club ha messo a segno 511 reti, a cui si devono aggiungere anche le 62 con la Nazionale svedese (in 122 presenze) che fanno di lui il giocatore migliore di sempre per la rappresentativa del Paese scandinavo. Con la Svezia, Ibrahimovic è stato l’unico calciatore ad aver segnato in tre edizioni consecutive degli Europei (dei quattro a cui ha preso parte).
Di record, però, ne ha tagliati anche moltissimi altri. In Italia, per esempio, è stato il primo calciatore, e l’unico straniero, ad aver vinto la classifica marcatori della Serie A con due squadre diverse (primato che detiene con Luca Toni e Ciro Immobile), è l’unico ad aver vinto 12 campionati in quattro leghe differenti (gli è mancata solo la Premier League), è l’unico calciatore ad aver giocato, vinto e realizzato almeno un gol nelle Supercoppe di Italia, Spagna, Francia e Inghilterra, ed è stato anche il calciatore di movimento più anziano ad aver disputato una gara in Serie A, a 41 anni e 166 giorni.
Non è stato solo i numeri, però, e infatti Ibracadabra, dicevamo, è stato un attaccante completo, di talento e di fantasia. Potente fisicamente, bravo con entrambi i piedi, resistente, agile e dotato di un’eccellente tecnica individuale, ha fatto sognare, come si può vedere, ovunque sia andato. Non solo, è grazie a questo che è riuscito a emergere riscattandosi da una situazione familiare e di povertà non indifferente. Nato a Malmo da padre e madre di origine slave, uno dei più forti calciatori di sempre ha dovuto presto capire cosa significa sopravvivere: dopo la separazione dei genitori, infatti, Zlatan, che aveva solo due anni, venne affidato al padre, che lo costrinse a un’infanzia fatta, appunto, di povertà, ma anche di risse, furti e bullismo.
E questo lui non l’hai mai dimenticato, neanche quando è diventato, con l’Inter, il giocatore più pagato al mondo. Di beneficenza ne ha fatto sempre, l’ha fatta con il cachet ricevuto a Sanremo nel 2021, l’ha fatta durante il Covid, l’ha fatta per i bambini che ogni giorno, nel mondo, muoiono di fame quando per sensibilizzare sull’argomento si tatuò tutta la schiena con i nomi di alcuni di loro. Perché nonostante il carattere fumantino e irriverente che aveva dentro il campo, e spesso pure fuori, Ibrahimovic è sempre stato un gigante dal cuore tenero.
Un calciatore che ha fatto sognare generazioni di tifosi, e di tantissime squadre, e che ora renderà un po’ più povera la nostra Serie A e il calcio in generale. Ma forse, con lui, è solo un arrivederci, e tornerà a regalare spettacolo in un’altra veste, o forse anche nella stessa, perché senza il pallone, lo ha dimostrato, non ci sa stare, così come per lui è difficile stare senza vincere. Ma una vittoria, più di tutte, l’ha conquistata: l’amore di un popolo, come quello del Milan, che ha pianto con lui e per lui.
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