[didascalia fornitore=”ansa”]Un negozio Ikea[/didascalia]
Cinque minuti di pausa in più sono costati il posto a un lavoratore di Ikea,
licenziato. A perdere il lavoro è stato un uomo, padre di due bambini piccoli, cacciato dallo stabilimento di Bari dopo undici anni. Di «licenziamento illegittimo e vergognoso» parlano i sindacati, pronti alla battaglia.
La notizia arriva il giorno dopo un altro licenziamento che ha fatto discutere, sempre di Ikea, ai danni di una lavoratrice separata e con due figli, di cui uno disabile, rea di aver ritardato per due volte l’ingresso al primo turno. Questo nella sede di Milano.
A Bari l’ultimo episodio che ha scatenato polemiche e messo in moto i sindacati. Secondo il sindacato Uiltucs (Unione italiana dei lavoratori dei settori turismo, commercio e servizi) si tratta di «licenziamento illegittimo e vergognoso» e di un «provvedimento eccessivo e sproporzionato che ha portato l’uomo, tra l’altro monoreddito, ad essere cacciato dopo ben 11 anni di lavoro impeccabile».
Evidentemente, però, per la multinazionale svedese (che ha ritirato dal mercato una cassettiera costata la vita ad alcuni bimbi), pochi minuti di ritardo in una pausa sono imperdonabili. Cinque minuti sommati, a quanto spiega Giuseppe Zimmari, segretario generale della Uiltucs Puglia, ad altri ritardi. Perché, però, l’azienda non ha redarguito subito l’impiegato, aspettando invece di sommare i ritardi per licenziarlo? «Il provvedimento verso il lavoratore è eccessivo e sproporzionato. L’azienda non ha poi avanzato tutte le contestazioni, appena avvenivano i presunti ritardi nel rientro in servizio dalla pausa, ma ha atteso di sommarle. Per questo per noi è un licenziamento senza dubbio illegittimo e sarà impugnato a livello legale. Daremo battaglia dal punto di vista sindacale, non ci fermeremo».
Ivana Veronese, segretaria nazionale della Uiltucs, afferma: «È un clima molto pesante quello che si respira in Ikea ultimamente e i licenziamenti sono la punta di un iceberg. Anche per questo motivo da una decina di giorni, insieme ai lavoratori dipendenti di Ikea Italia, abbiamo lanciato la campagna #CambiaIkea». Campagna che in pochi giorni ha già raccolto 25mila firme.
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