Oggi, in Italia, ricorre l’84esimo anniversario dell’approvazione delle leggi razziali. Un triste momento storico per il nostro Paese, una delle pagine di storia più controverse che ha visto la promulgazione delle leggi razziali fasciste nel 1938-1939.
Il 17 novembre 1938, quindi, si arriva al decreto legge contenete i provvedimenti a tutela della razza italiana. Delle norme che avevano l’ideale di provocare l’odio delle masse contro un nemico, per il semplice motivo di essere diverso dall’altro e dall’intera comunità.
La nascita delle leggi razziali
Agli inizi del 1938, Benito Mussolini inizia a stringere rapporti con Adolf Hitler, un’alleanza che in seguito si trasformerà in Patto di Acciaio tra Italia e Germania. Nell’estate dello stesso anno, iniziano a diffondersi le pubblicazioni de La difesa della Razza, una rivista che anticipa la legge che sarà promulgata nel mese di novembre.
A fine estate, il 5 settembre, viene varato dal Consiglio del ministri un decreto legge che esclude i bambini e i docenti ebrei dalle scuole. I provvedimenti antisemiti con divieti e limitazioni a tutta la comunità ebraica e discriminazioni non solo sulla conduzione della vita quotidiana, come ad esempio avere un animale domestico di razza ariana ma anche restrizioni a livello lavorativo: con le leggi razziali in Italia, gli ebrei, non potevano appartenere agli ordini di Stato, militare o civile, partito nazionale fascista, enti pubblici, banche e assicurazioni.
“La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano–nordico”.
Queste sono le parole che si leggono in un Manifesto razziale del 1938.
La persecuzione dei diritti secondo Michele Sarfatti
Nella giornata dell’84esimo anniversario della nascita delle leggi razziali in Italia, Michele Sarfatti, un noto storico specializzato nella storia della comunità ebraica del novecento, fa una riflessione riguardo le leggi antisemite.
Sarfatti ha descritto questo periodo storico con il termine “la persecuzione dei diritti”: con tale espressione si sta a indicare una prima parte di sterminio della persona ebrea, cioè la sua esclusione nel mondo del lavoro, scolastico e sociale, una sorta di preparazione a quella che purtroppo sarà la sua vita nel campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
Infatti, successivamente, dalla persecuzione dei diritti, si passa alla persecuzione delle vite: tutte le persone ebree sono schedate e inserite in elenchi speciali, identificati, alcuni, come personaggi sospetti.
Gli italiani in quel periodo si dividono in due categorie: chi decide di mettere in salvo gli ebrei a costo della loro stessa vita, e chi, invece decide di perseguitarli e annientarli.