S’intitola Il bacio di Giuda l’ultimo libro di Sveva Casati Modignani – trama dal sapore autobiografico e recensione ottima di critica e di pubblico – edito da Mondadori e in libreria da poche settimane. Dopo il grande successo di vendite de Il diavolo e la rossumata, pubblicato nel 2012, la popolare scrittrice milanese continua il suo viaggio autobiografico, ambientato negli anni della guerra, muovendosi ancora una volta tra i ricordi d’infanzia e i complessi legami familiari che l’hanno accompagnata.
Dopo La moglie magica, dunque, Sveva Casati Modignani torna con Il bacio di Giuda, un viaggio alla ricerca del tempo perduto, in un’Italia devastata dalla guerra che si appresta a ritrovare una nuova identità. Così come per il primo romanzo autobiografico, la scrittrice rivolge ancora una volta lo sguardo verso il passato, riprendendo il filo dei ricordi proprio là dove si era interrotto – il rientro a Milano, la Liberazione, l’immediato dopoguerra – confermandosi maestra di grande sensibilità nel raccontare i sentimenti più intimi e profondi.
Trama
Siamo nel 1945, la guerra è finita e Milano è stata finalmente liberata. La vita quotidiana è segnata però dalle profonde ferite lasciate dal conflitto – le macerie, la povertà, gli strascichi di odio e di rancore – che la piccola Sveva, protagonista del racconto, si trova inevitabilmente a dover affrontare. Dall’indole un po’ ribelle, la ragazzina osserva con occhi curiosi il mondo degli adulti che la circonda, percependone le contraddizioni, le ipocrisie e le falsità. E vivendo, al contempo, un rapporto sofferto con la madre, donna severa ed intransigente che non esita a trattare la piccola anche in modo ingiusto pur di salvaguardare la sua idea di ‘perbenismo’ ipocrita e legato alle convenzioni sociali. Per fortuna però c’è il padre, per il quale Sveva nutre un affetto infinito, un uomo dolce ed affettuoso, attento a proteggere la figlia dalle piccole crudeltà quotidiane.
Dopo la prima parte legata al racconto delle conseguenze lasciate dalla guerra, il romanzo assume un tono più leggero, specchio della ritrovata serenità e dell’ottimismo per la prospettiva di un benessere realizzabile.
Recensione
‘Dentro questo libro c’è un mondo che non si trova nei libri di storia, così spiega la scrittrice nella Premessa del romanzo, un mondo in cui i nemici più feroci erano il pane con dentro la segatura e i geloni notturni, un mondo fatto dell’attesa trepidante di Gesù Bambino il giorno di Natale e di riccioli vezzosi per la cresima‘. Un mondo fatto di quotidianità, di ricordi d’infanzia e di legami familiari, che si susseguono sullo sfondo di una città, Milano, che cerca di risollevarsi a fatica dopo la guerra, una città in cui c’erano ‘persone che, pur di avere un po’ di calore, bruciavano i mobili di casa, letto compreso, e dormivano sulle reti metalliche posate a terra‘.
A metà strada tra Storia e piccole storie, il romanzo scorre fluido così come la sensibilità dell’autrice nel descrivere i vari episodi, attraverso i quali, ricordo dopo ricordo, emerge il ritratto di una società stremata, segnata da un conflitto dalle conseguenze pesantissime.
Tuttavia lo stile della Modignani, quasi liberatorio nel susseguirsi delle pagine, conduce il lettore nella sfera più intima della vita dell’autrice, che offre così un racconto personale in cui primeggia il rapporto difficile con la madre – è sua, infatti, la frase che dà il titolo al romanzo – insieme a quello affettuoso con il padre, i nonni ed il fratello.
Accanto alla complessità del rapporto materno però, rivivono nel romanzo anche i tempi della scuola, la prima comunione con il vestito nuovo e le foto, la bicicletta regalo dell’adorato padre, il sonnellino pomeridiano ed il primo bacio ‘sconveniente’ tra due fidanzati, insieme a tanti altri episodi di vita. Molti dei quali letti anche attraverso un altro sguardo, quello del fratello minore Carlo, al quale è affidata l’appendice del libro dal titolo La versione di Lucio: qui, quasi a voler completare i ricordi della scrittrice, affiorano altre piccole storie di vita quotidiana, il nonno Cesare, il lavoro estivo in fabbrica, il primo stipendio, le serate in cortile.
‘Ora che ho iniziato a scrivere, mi viene il sospetto che lo stia facendo per me stessa, per ritrovare la bambina che sono stata e che avevo dimenticato per troppo tempo‘. Un romanzo liberatorio, forse, per la scrittrice, per il lettore una storia che scorre, piacevole e vicina, nella sua semplicità ad ognuno di noi.
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