Roberto Saviano ha pubblicato il suo ennesimo libro contro la mafia e il boss Giuseppe Gravino, condannato all’ergastolo, lo ha querelato.
Il boss di Cosa Nostra ha inoltre chiesto che il testo, dal titolo “Solo è il coraggio” venga sequestrato.
Conosciamo tutti lo scrittore Roberto Saviano per i suoi scritti contro la malavita organizzata. Da poco è uscito il suo lavoro “Solo è il coraggio”, un libro importante che racconta la storia di Giovanni Falcone e la sua lotta alla mafia, che lo ha portato alla morte.
Le pagine dell’ultima fatica di Saviano parlano di un magistrato tanto coraggioso quanto solo nella sua lotta dove cerca di penetrare nella psicologia della criminalità organizzata.
Coinvolto nell’attentato del 23 maggio 1992 a Capaci, Giuseppe Graviano è uno degli assassini di Falcone ma anche di Borsellino, nonché responsabile insieme a Matteo Messina Denaro, delle stragi di Firenze, Roma e Milano. Graviano sta scontando l’ergastolo per questi reati e per altri come l’assassinio di don Pino Puglisi, del quale è mandante.
Il killer ha querelato Saviano per il contenuto del suo romanzo, chiedendo che venga sequestrato e a rivelarlo è stato lo stesso scrittore pubblicando un post sui social. Della lotta alla criminalità organizzata ne ha fatto un biglietto da visita e non è la prima volta che viene attaccato.
In passato ha ricevuto minacce di morte ma non era mai accaduto che addirittura un boss lo querelasse. Graviano si è rivolto alla Procura di Trento, dalla Casa Circondariale di Terni dal quale sta scontando la pena.
Roberto Saviano è sempre stato nel mirino della malavita, tanto da aver bisogno il più delle volte di una scorta per proteggere la sua incolumità. Non è di certo nuovo a situazioni simili e stavolta le informazioni rivelate nel suo uovo libro-inchiesta sembrerebbero essere troppo scomode.
Il boss che lo ha querelato ha chiesto il sequestro urgente e lo scrittore, fornendo i dettagli della vicenda, ha precisato che le pagine sono state autografate e in queste Graviano contesta moltissime cose.
Ad esempio, non accetta il soprannome “Madre Natura“, che lo scrittore ha spiegato essere tale perché aveva il potere di concedere o togliere la vita. Invece il boss ha precisato che era dovuto al suo troppo altruismo.
Le mafie sono state sempre attente a osservare come vengono descritte, perché temono il modo in cui i crimini vengono narrati e non tanto l’opinione pubblica.
Oggi ha 59 anni Giuseppe Graviano, affiliato alla Famiglia di Brancaccio insieme al fratello Filippo. All’inizio degli anni Novanta divenne reggente dell’organizzazione di Brancaccio-Ciaculli ed ebbe un ruolo fondamentale nelle stragi del 1993 di Palermo, Roma, Milano e Firenze.
Stessa cosa per quanto riguarda Don Pino Puglisi, ucciso lo stesso anno a causa del suo impegno evangelico e sociale portato avanti durante gli anni di presbitero, insegnante ed educatore. Venne ucciso proprio a Brancaccio e sulla base delle ricostruzioni, l’assassinio si è svolto nello stile tipico delle esecuzioni mafiose.
Don Pino Puglisi è stato chiamato proprio mentre stava entrando a casa, così si è voltato e nel frattempo qualcuno ha sparato un colpo alla nuca lasciandolo a terra senza vita.
Giuseppe e Filippo Graviano furono i mandanti e mentre il secondo, il fratello maggiore che si è dissociato da Cosa Nostra, sta scontando l’ergastolo a L’Aquila, l’altro si trova nel carcere di Terni e non ha mani rinnegato le sue azioni.
Arrestato nel 1994, è stato accusato da tantissimi pentiti di essere stato lui ad azionare il telecomando dell’ordigno che uccise Borsellino e la sua scorta. Se anche così non fosse, di certo ha avuto un ruolo fondamentale nelle stragi di entrambi i magistrati e forse aldilà delle motivazioni futili date a Saviano, è suo interesse non essere messo troppo sotto i riflettori.
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