Nella storica rivista del Cai, ovvero il Club alpino italiano, un editoriale a firma del direttore responsabile, in cui si parlava del fatto che innalzare nuove croci sulle cime delle montagne sarebbe anacronistico, ha alzato un polverone non da poco con il centrodestra e soprattutto con la ministra del Turismo, Daniela Santanchè. Rispondendo, la senatrice di Fratelli d’Italia finita nel mirino delle opposizioni, ma anche della sua stessa maggioranza per un’inchiesta di Report sulle sue aziende, ha detto che non era stata informata della decisione e, soprattutto, che se così fosse andrebbe contro i nostri principi.
Da qui, è arrivata la retromarcia del presidente dell’associazione degli alpinisti, Antonio Montani, che ha spiegato che non è stata presa nessuna decisione in merito, ma era solo un’opinione del direttore della rivista. Nell’occasione, il numero uno del Cai ha chiesto scusa a Santanché, spiegando come verrà interpellata per qualsiasi iniziativa futura.
In questa prima domenica d’estate, in cui gran parte degli italiani si stanno godendo il sole sotto l’ombrellone, il centrodestra, e soprattutto Daniela Santanchè, la ministra del Turismo che ora è chiamata a dare una risposta in Senato per quanto emerso quasi una settimana fa dalla trasmissione Report sulle sue aziende, ha deciso di interessarsi di montagne, nella fattispecie delle cime delle nostre montagne in cui ci sono delle croci.
Lo hanno fatto perché nella storica rivista del Cai, ovvero il Club alpino italiano, Lo Scarpone, la risposta che il direttore editoriale, Marco Albino Ferrari, ha dato a chi chiedeva se “la società attuale si può ancora rispecchiare” in quel simbolo, e se abbia ancora “senso innalzarne di nuove” non è piaciuta tantissimo, anzi non è piaciuta proprio per nulla.
Per lui, infatti, “l’Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi”, e quindi “la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale”. Ma non solo, perché, ha aggiunto, “la montagna è un elemento paesaggistico che, per ovvie ragioni, da sempre si carica sulle spalle una gravosa valenza simbolica, capace di influenzare il pensiero collettivo: il messaggio trasmesso dai rilievi dev’essere riadattato sulle caratteristiche e sulle necessità di un presente che non ha bisogno di eclatanti dimostrazioni di fede, ma di maggiore apertura e sobrietà”.
E apriti cielo. Nonostante la precisazione che le croci che già ci sono – e sono tante, sia sulle vette delle Alpi, sia quelle degli Appennini, e sono ovviamente iconiche – non debbano essere rimosse, con le campagne per questo che sono, invece, considerate “inappropriate, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale”, infatti, dalla ministra e dal centrodestra ci si è concentrati solo sul fatto che per la rivista l’innalzamento di nuove sia anacronistico, e sarebbe meglio considerare le cime “come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità”.
“Resto basita dalla decisione del Cai senza aver comunicato nulla al ministero – ha detto Santanchè -. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio, il suo rispetto. Invito il presidente del Cai a ripensarci”.
A lei hanno fatto da eco sia il ministro per le Infrastrutture e per i Trasporti, anche vicepremier e segretario federale della Lega, Matteo Salvini, che ha detto che è “una sciocchezza, senza cuore e senza senso, dovrete passato sul mio corpo per togliere un solo crocifisso da una vetta alpina, senza se e senza ma”, sia Antonio Tajani, reggente di Forza Italia, anche lui vice della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, e ministro degli Affari esteri, sia i tanti deputati e senatori di Fratelli d’Italia che hanno ritenuto la proposta insensata oltre che uno “spot da laicismo estremo”.
Al di là del fatto che non si trattava di nessuna decisione, ma di una semplice opinione, dopo ore di dibattito, il presidente del Cai, Antonio Montani, si è sentito in dovere di precisare cosa è realmente successo, ovvero che dall’associazione che riunisce il maggior numero di alpinisti non hanno “mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale”. Quello che si è letto sullo Scarpone, infatti, non era che il frutto di “dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro”.
Non solo, però, perché il numero uno del Club alpino italiano, prima di fare le sue scuse alla ministra Santanché rassicurandola del fatto “che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”, ha anche detto che “come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginarmi la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce”. E quindi, una croce, intesa come x, forse è meglio metterla su questa storia, nonostante più volte dal Cai, da quando l’esecutivo è in carica, abbiano sferrato colpi mancini.
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