Il Cambridge Dictionary ha deciso di ampliare la definizione di donna e uomo, includendo anche i transgender. Questo è un grandissimo passo avanti, soprattutto alla luce del mega scandalo che nacque circa tre anni fa per via dell’Oxford Dictionary e che ha impiegato anni per risolversi definitivamente (e neanche del tutto potremmo dire).
In un mondo in cui una scrittrice di fama mondiale come J.K. Rowling pensa bene di servirsi di un tweet per affermare che le donne sono solo quelle che nascono dotate di un organo riproduttivo femminile e che quelle che invece lo diventano non posso essere considerate tali, arriva il Cambridge Dictionary che spazza via completamente questi pensieri in favore invece di un significato delle parole donna e uomo che sia ampio, inclusivo e che non lasci fuori nessuna persona che si senta tale.
Il Cambridge Dictionary amplia il significato delle parola donna e uomo
Il Cambridge Dictionary ha aperto uno spiraglio di luce nel tunnel rappresentato dal linguaggio inclusivo, che sta creando non poco caos in Italia e nel mondo. Già tempo fa intorno alcuni dizionari – sempre rigorosamente in lingua inglese – erano nati degli scandali che avevano scosso l’opinione pubblica letteralmente.
A questo proposito una parentesi è doverosa: era il 2019 – quindi parliamo di circa tre anni fa – quando un’italiana residente a Londra dal 2014, Maria Beatrice Giovanardi, all’epoca 28enne, si accorse che il prestigioso Oxford Dictionary – compilato da Oxford University Press e in parte sovvenzionato con fondi governativi – aveva equiparato la parola donna alla parola cagna e ad altri termini dispregiativi che in sostanza la facevano figurare come una poco di buono.
E c’era di più. Come affermò la stessa protagonista di questa vicenda, le loro definizioni erano “concesse in licenza a Google, Yahoo e Bing”, che significa che chiunque avesse fatto una ricerca su questi motori le avrebbe potute trovare e quindi magari pensare che potesse essere corretto usarle. La 28enne allora, armandosi solo di computer, penna e tanta buona volontà, pensò di contattare – tramite mail e lettere scritte a mano – la Oxford University Press, senza ottenere però risposta alcuna. Allora decise di rendere il caso nazionale (e poi internazionale), aprendo una petizione su Change.org affinché quei termini dispregiativi venissero depennati da un dizionario così autorevole.
Questo la fece rimbalzare dal Guardian a Marie Claire, fino a far arrivare la sua voce ad istituzioni come Fawcett Society, che da sempre si occupa di diritti delle donne. Nonostante tutto, niente e nessuno riuscì a convincere all’epoca l’Oxford Dictionary che quello che aveva fatto non fosse affatto giusto. Solo un paio di anni dopo, quando ormai la notizia aveva fatto il giro del globo, qualcosa iniziò a muoversi (dopo vari solleciti, però, sia chiaro).
Alla fine la vicenda si è conclusa così: l’Oxford Dictionary ha accettato di rivedere il concetto stesso di donna, includendo tutti gli orientamenti sessuali, e ha eliminato alcuni sinonimi dispregiativi, tra cui baggage (cioè bagaglio), ma è rimasto fermissimo su altri (che non menzioneremo, perché il loro significato letterale è volgare ed è molto conosciuto anche in Italia e già questo la dice lunga). Insomma, flessibilità sì, ma fino ad un certo punto.
Cosa cambierà da adesso in poi
Arriviamo ad oggi. Dove non è arrivata Oxford è arrivata Cambridge. Il Cambridge Dictionary, altrettanto autorevole, ha voluto rivoluzionare il suo modo di parlare dell’universo femminile, includendo anche le persone transngender nella definizione stessa di donna. In sostanza il dizionario accanto alla definizione originaria di donna vista come “un essere umano adulto di sesso femminile»”, ne ha aggiunta un’altra e cioè “un adulto che vive e si identifica come femmina anche se può aver avuto un altro sesso alla nascita”. A questo poi il celebre dizionario allega anche esempi tangibili di transgender definiti donne a tutti gli effetti (ovviamente la stessa identica cosa vale anche per gli uomini).
Non a caso – oppure forse per caso, chi lo sa – questa scelta è arrivata proprio adesso, quando nel Regno Unito il tema è più caldo che mai per via delle posizioni prese da J.K. Rowling.
La famosissima scrittrice, “madre” di Harry Potter tra le altre cose, ha affermato di recente senza mezzi termini che per lei esiste solo la definizione tradizionale di donna, che può essere identificata come essere umano nato con un apparato riproduttivo femminile. La sua dichiarazione a mezzo Twitter, sembra anche inutile dirlo, ha fatto non poco scalpore e in poco tempo ha fatto il giro del mondo. Ma non solo, perché a questo si aggiunge anche un’altra sua iniziativa, che allo stesso modo non è piaciuta affatto. La Rowling ha aperto un centro antiviolenza in Scozia, la sua patria, finalizzato ad aiutare le vittime di abusi e violenze, ma qui arriva il brutto: questo è aperto solo alle donne che sono biologicamente tali, risultando quindi di fatto poco inclusivo, sebbene il suo scopo primario sia anche lodevole.
C’è però da dire che all’iniziativa del Cambridge Dictionary si aggiungono altre voci autorevoli, che formano un coro che vuole farsi sentire a tutti i costi e desidera affermarsi in un mondo che ancora oggi da un lato è basato sul patriarcato, dall’altro non è abbastanza “avanzato” per poter accantonare per sempre le differenze di genere, sesso, orientamento sessuale.
Tra queste vi è quella di Leroy Thomas, direttore della comunicazione del National Center for Transgender Equality britannico, che ha affermato senza troppi giri di parole che “le donne transgender sono donne” e che, parlando con il Washington Post ha poi aggiunto: “Il linguaggio delinea la nostra comprensione del mondo. In un periodo in cui alcuni leader politici stanno cercando di cancellare le persone transgender dalla società, è importante che siamo riconosciuti come noi stessi. Chiarire il significato di cosa è essere donna chiarisce che le persone transgender sono chi dicono di essere”.
Nel frattempo inoltre in Scozia – cioè proprio la terra natale della Rowling per ironia del destino – potrebbe prendere piede la Gender Recognition Reform Bill. Trattasi in pratica di una riforma finalizzata a rendere molto più facile a chiunque ne avesse bisogno cambiare genere anche dal punto di vista legale. In sostanza, le persone transgender potranno chiedere un nuovo certificato che attesti il loro genere, che ovviamente non sarà più uguale a quello alla nascita, ma soprattutto lo potranno fare senza più ottenere una diagnosi medica di disforia di genere.
La riforma prevede che per ottenere questa certificazione, la persona in questione debba aver cambiato sesso da almeno tre mesi, a cui dovranno aggiungersene altri tre – visti come un periodo di “riflessione” – prima della concessione del certificato. E non finisce qui, perché il limite di età per poter vedere riconosciuto il proprio cambio di genere in questo modo si potrà abbassare, passando da 18 a 16 anni.