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Il caso Karsdorp riaccende il dibattito sulla comunicazione di Mourinho

Il postpartita di Sassuolo-Roma è stato inondato da una vera e propria bufera, quella rappresentata dalle dure parole di José Mourinho nei confronti di un suo calciatore, che poi si è capito essere Rick Karsdorp. Le polemiche sull’atteggiamento di alcuni giallorossi erano iniziate dal derby perso contro la Lazio e seguono le accuse alla classe arbitrale, arrivate dopo alcune sconfitte. La comunicazione dello Special One fa discutere e non tutti sono d’accordo con il suo modo di fare.

José Mourinho – Nanopress.it

José Mourinho ormai abbiamo imparato a conoscerlo, prima con l’Inter e poi con la Roma. È un condottiero meraviglioso, di quelli che compone il gruppo e poi lo guida senza timori e sapendo dove andare. Con uno stile tutto suo, ovviamente. Però, sa anche essere molto divisivo e fastidioso, solitamente per quegli altri lì, per gli avversari, per gli arbitri e i giornalisti con cui se la prende. Quel famoso e imprecisato rumore dei nemici che è filosofia mourinhana più che sport in senso stretto. Quanto successo ieri dopo la partita contro il Sassuolo, ci fa capire come funzioni con il portoghese, uno che sa tirare tutti i tifosi dalla sua parte, ma che, se le cose vanno male, veste i panni dell’uomo solo al comando.

La rabbia di Mourinho mostra tutti i limiti di una Roma incompleta

Ieri non era una partita da dentro o fuori per la Roma, ma poco ci mancava. Sì, perché dopo un derby contro la Lazio perso in quella maniera lì c’è veramente poco da sorridere per i tifosi che hanno vissuto giorni parecchio difficili prima del turno infrasettimanale.

Chi vive nella Capitale lo sa, gli altri possono immaginarlo, prima della stracittadina non si parla d’altro e lo si aspetta come fosse la salvezza, Natale, il compleanno, le vacanze estive. Ma non un liberi tutti, piuttosto una battaglia agonistica che spesso vale un anno intero. Non sappiamo se stavolta sarà così, ma le critiche sono state tantissime per Mourinho e i suoi ragazzi, molto più degli elogi per la Lazio. Ai biancocelesti mancavano Ciro Immobile e Sergej Milinkovic-Savic e, pur non esprimendo un gioco eccelso, hanno trovato tre punti essenziali per il loro cammino in campionato.

La Roma, invece, ha avuto una brutta battuta d’arresto. I giallorossi sono rimasti imbrigliati nella loro stessa tela tattica, in quel difensivismo che molti ritengono eccessivo e che, se invece sono gli avversari ad aspettare e a lasciarti giocare, almeno in questo caso, mostra tutti i limiti tecnici di una squadra fatta per chiudersi e ripartire, sfruttando tutta la fisicità a disposizione. L’errore di Roger Ibanez non è stato casuale, ma si basa sul principio che lo strapotere fisico conta, ma non può supplire a un’architettura del gioco poco brillante o a caratteristiche tecniche poco sviluppate.

La squadra di Mourinho, quindi, deve per forza basarsi sull’agonismo, sui recuperi, sulla forza mentale e fisica, non può pretendere, per suo stesso progetto, un gioco spumeggiante come può essere quello del Napoli, invece. E il portoghese, che ha sempre cercato di abbinare le due cose e condirle con una delle mentalità più vincenti che esistano, lo sa bene.

È da lì che ha genesi lo sfogo di ieri sera, dall’atteggiamento, da quella mancanza di grinta che per una squadra come la Roma è proprio imperdonabile. Mourinho non se l’è presa pubblicamente con Ibanez dopo l’errore gravissimo contro la Lazio, ma solo perché l’agonismo dell’argentino, l’applicazione ai principi tattici e la carica che mette in campo non sono discutibili. Così evidentemente non è e non è stato per altri due calciatori: Tammy Abraham e Rick Karsdorp.

Rick Karsdorp – Nanopress.it

Che proprio l’inglese sia finito nel calderone a maggio scorso non ce lo saremmo proprio aspettati. È impossibile dimenticarlo scattare, rincorrere, aiutare e concludere nelle partite di Conference League della scorsa primavera, quelle decisive. L’Abraham di questi primi due mesi d’anno è, invece, un bomber svuotato, spesso fuori dal gioco e dalle dinamiche di squadra, anche per colpa degli altri, ma lui ci ha messo tanto del suo e del suo mancato cinismo. Tanto è vero che Mourinho in diverse occasioni l’ha lasciato in panchina, quasi a dimostrargli che non è affatto intoccabile e l’ennesima riprova è arrivata ieri contro il Sassuolo.

L’ex Chelsea si è accomodato dietro al suo allenatore al 1′, poi è entrato nella maniera corretta e ha segnato con un gran colpo di testa. Anche dopo essersi sbloccato, però, Mourinho l’ha rimproverato ai microfoni di ‘DAZN’ a causa del suo atteggiamento in campo in molte occasioni precedenti: “Ho parlato alla squadra e ho parlato a due giocatori, uno è Abraham e l’altro rimane fra me e loro – ma ci arriviamo -. A Tammy ho fatto una domanda, ho chiesto perché l’atteggiamento di oggi non è stato l’atteggiamento di altre volte: non parlo di efficacia, parlo di atteggiamento, oggi è stato straordinario. Ha preso tutte le palle, quando l’ha persa ha fatto uno sforzo per recuperare la posizione, ha fatto una prova fantastica, mi deve spiegare perché oggi sì e le altre volte no.

Il discorso è ancora più complicato per quanto riguarda Karsdorp. “La Gazzetta dello Sport” ha scritto oggi che l’olandese non è stato poi così professionale negli ultimi mesi. Spesso neanche in allenamento dove, tra una febbriciattola e qualche fastidio di troppo, di spingere al massimo se ne parlava poche volte.

Inoltre, si vocifera che l’ex Feyenoord non abbia preso tanto bene l’esclusione contro il Sassuolo. Il suo ingresso in campo, a conti fatti, è stato parecchio negativo e, secondo molti, ha dato il via all’1-1 dei padroni di casa. Karsdorp non ha seguito Laurienté, probabilmente il più pericoloso dei neroverdi. In ritardo c’era anche Mancini e all’esterno d’attacco è bastato crossare per trovare Pinamonti in area, che non si è fatto scappare l’occasione di segnare il pareggio. Un punto che lascia tanto amaro in bocca, anche perché oggi la Roma potrebbe scivolare al settimo posto in classifica.

La frustrazione di Mourinho allora si è scatenata alla sua maniera nel postpartita. Il tecnico portoghese non ha fatto chiaramente il nome di Karsdorp, ma ha usato parole molto forti che inevitabilmente avranno ripercussioni anche sulle prossime scelte della società: Ho invitato un giocatore a trovarsi una squadra a gennaio. Ho avuto 16 giocatori in campo e mi è piaciuto l’atteggiamento di 15. L’ho invitato a trovare il club per gennaio però non credo succederà. Un indizio, si può sapere almeno il ruolo? No”.

La comunicazione di Mou divide tifosi e opinionisti

Dalla società finora tutto tace, ma le dichiarazioni di Mourinho sicuramente avranno fatto riflettere Tiago Pinto e i Friedkin. Forse anche storcere il naso. Sì, perché Karsdorp è comunque un titolare, o meglio lo era, nello scacchiere dei giallorossi, un nazionale e un calciatore nel pieno della carriera. Non un scarto o un dipendente a fine contratto.

Il tutto si traduce, dunque, in un danno di immagine ed economico. È evidente che annunciare un eventuale addio in questa maniera, quasi a caldo – ma dato che si tratta di Mourinho difficilmente non è una cosa studiata – non è di certo il modo migliore per venderlo e per capitalizzare dalla cessione di un calciatore, per poi reinvestire sul mercato. Il rischio è di tenere in rosa un esterno di fama internazionale senza fargli vedere il campo e deprezzandolo ulteriormente.

José Mourinho – Nanopress.it

Probabilmente, analizzando il singolo caso, sarebbe stato meglio far tremare i muri dello spogliatoio e far restare tutto lì, senza bisogno di esternarlo ai giornalisti in diretta nazionale. È vero che Mou non ha citato direttamente il calciatore interessato e si è rifiutato di farlo, ma il riferimento era chiaro e i media non ci hanno messo molto a risolvere l’enigma.

E, dunque, anche il grande Mourinho, lo Special One, che dal Portogallo è salito sul tetto d’Europa e a Milano era arrivato come colui che riusciva a prevedere e anticipare finanche gli acquazzoni pochi secondi prima che iniziassero, può cannare la strategia comunicativa?

Ci crediamo poco. Piuttosto, ciò che è successo ieri rientra pienamente nello stile di un allenatore attraente, che sa come far discutere, ma che – soprattutto – sa rubare l’attenzione e far parlare di ciò che vuole lui, quando gli serve. Mourinho si costruisce i suoi nemici in maniera quasi dittatoriale: o sei con lui o sei contro di lui. La separazione è così netta che crea un effetto scudo utilissimo, prima per lui, poi per la squadra e i suoi fedelissimi.

Pensate a quanto successo in questa stagione dopo il ko contro l’Atalanta, quando era stato anche espulso. Le critiche nei confronti della classe arbitrale sono state impietose: “Non è successo niente di particolare con Chiffi e Hateboer, noi però volevamo giocare velocemente, loro invece hanno lanciato lungo il pallone solo per perdere tempo. Su Zaniolo c’era un rigore chiarissimo nel primo tempo. Ho provato a parlare con Chiffi, ma mi ha risposto che non era mai rigore, dato che il giocatore non si era buttato. Mi ha detto che non ha dato rigore, perché Zaniolo è rimasto in piedi. Se bisogna fare i pagliacci e i tuffi per ottenere i rigori, devo cambiare modo di allenare“. E non è stata l’ultima volta di certo.

Anche dopo la sconfitta amarissima contro la Lazio, il portoghese ha spostato il focus sulle mancanze della squadra, come a spostare le attenzioni sulla società, come invito al calciomercato, e sui singoli calciatori: “C’è stata troppa emozione, poca consapevolezza dell’obiettivo e dell’organizzazione di gioco. Non è facile fare bene contro una squadra bassa e con una gestione molto intelligente del tempo e della partita. Sì, la Lazio ha difeso il gol di vantaggio e ha sfruttato al meglio il tempo possibile. Questo viene definito un gioco intelligente dalle nostre parti, meno in Inghilterra. Ci è mancata la luce, ovvero chi trova l’assist o prova l’azione individuale. La portano i giocatori speciali“.

Poi ieri, che può essere un po’ un caso a parte. Infatti, in questi sedici mesi dal ritorno in Italia, Mourinho raramente è stato messo in discussione, piuttosto erano demeriti di altri. La Lazio, però, sembra aver scoperchiato per certi versi il vaso di Pandora. In effetti, giocare così male contro un avversario privo dei suoi calciatori migliori e in chiara difficoltà dopo Europa League e Salernitana è stato un delitto non da poco. E se la manovra è tanto deficitaria, la colpa non può essere solo dei calciatori, ma dell’impianto complessivo.

Il caso Karsdorp arriva, quindi, nel momento sbagliato per essere accettato senza riflettere dai tifosi ai giornalisti. È vero che anche ieri i supporters giallorossi hanno fatto sentire il loro sostengno con uno striscione chiarissimo: “Mourinho ad oltranza”. Tanti altri, però, sono insoddisfatti del progetto tattico dello Special One, anche perché nello stesso campionato gioca un Napoli che sta meravigliando l’Europa e che doveva essere diretto avversario dei capitolini.

Molti opinionisti, poi, sono andati contro le mosse comunicative di Mourinho, accusato di fare particolarità tra i calciatori, di portare chi non gli piace alla gogna mediatica e, dunque, di aver commesso un grave errore anche agli occhi della società.

Aggiungiamo che vincere aiuta a vincere, sì, ma anche a convincere. E dunque le valutazioni di un Mourinho che è il primo a trionfare, ma l’ultimo a perdere, sono molto più attraenti di un allenatore che ha conquistato un punto in due partite e ha perso il derby contro la Lazio. Insomma, se prima lo Special One era quell’entità che vive nell’etere calcistico delle eccellenze indiscutibili di Roma e della Roma, ora non funziona proprio così e in molti si stanno facendo più di una domanda sui metodi comunicativi del portoghese. Che l’attenzione saprà pure distoglierla e canalizzarla dove e quando vuole, ma poi deve anche fare i conti con le altre carriere e le altre persone. E anche se non sono strabilianti come la sua, meritano comunque rispetto.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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