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Il caso Lindsay Clancy, la madre che ha ucciso i suoi figli: dalla depressione post partum al perdono del marito

Quello di Lidsay Clancy è un caso mediatico divenuto ormai di portata mondiale: la donna, affetta da depressione post partum a quanto pare, ha infatti ucciso i suoi due figli più grandi, di 5 e 3 anni, ha tentato di uccidere il terzo, di soli 7 mesi e poi ha cercato di togliersi la vita. A distanza di pochi giorni dall’accaduto pare che suo marito, Patrick Clancy, l’abbia già perdonata e abbia chiesto anche a tutto il mondo – che le si è letteralmente scagliato contro – di fare lo stesso.

Lindsay Clancy – Nanopress.it

La depressione post partum è un argomento di cui si parla decisamente troppo poco, eppure esiste ed è più diffusa di quanto possiamo immaginare. Di recente Levante, cantante italiana famosissima, ha acceso una luce su questo tema delicatissimo. Lei, che ha soli 35 anni, una carriera già da urlo, un compagno che la ama. Lei che desiderava da anni essere madre e finalmente ci è riuscita, meno di un anno fa. Ma soprattutto lei che ha avuto la fortuna di poter conciliare lavoro e famiglia, cosa che non tutte le donne riescono a fare, a volte per necessità e non per scelta. Ebbene sì: anche una donna “privilegiata” come lei può soffrire, avere bisogno di supporto, lamentarsi perché la sua vita non è perfetta come sembra. Figuriamoci le “comuni mortali”, che verosimilmente hanno anche meno aiuti.

“Oggi il tema (della depressione post partum, ndr) resta molto delicato, se ne parla in maniera troppo superficiale. È ancora tabù, come se il senso di colpa prevalesse sul dolore. Non puoi essere triste perché hai vissuto una gioia, hai avuto la fortuna di dare la vita. E invece il periodo che segue il parto è molto complicato per noi donne, devi fare i conti con un corpo che non è più tuo. È diventato una casa”: queste le parole dell’artista all’Espresso, che ha poi anche aggiunto: “In quel momento mi sentivo bloccata in un ruolo speciale, quello di madre, ma non mi bastava. Le emozioni oscillavano: ero felice, ma anche triste. E non bisogna aver paura di ammettere che non è solo un periodo di gioia. Succede a tante donne”. Insomma Levante ha parlato espressamente del suo essere madre, ma anche donna, che sono cose che devono andare di pari passo e devono continuare a farlo anche dopo la nascita di un figlio. Eppure non sempre è così e spesso alcune madri arrivano a sentirsi letteralmente perse dopo aver messo al mondo una vita, tanto da non riconoscersi più e da sprofondare in un baratro che sembra non avere fine.

In pratica questo a quanto pare è successo a Lindsay Clancy, 32enne residente a Plymouth, in Massachusetts, che solo una settimana fa ha ucciso due dei suoi figli e quasi ucciso il terzo. La sua è una storia che fa riflettere, tanto che il suo stesso marito, che oggi si trova con due bambini di 5 e 3 anni morti, uno di sette mesi in fin di vita e una moglie ferita e al contempo accusata di aver commesso diversi reati, ha mostrato compassione e comprensione nei confronti della donna. Sia chiaro: il paragone tra le due storie non regge e infatti l’intento non è affatto né di metterle sullo stesso piano, né di giustificare le azioni della donna, ma è di accendere i riflettori sul tema della depressione post partum, che esiste, ma pare che sia troppo poco considerato oggi e se questa può essere un’occasione per parlarne, tanto vale farlo.

La donna che ha ucciso due dei suoi figli soffriva di depressione post partum

Per capire cos’è accaduto esattamente a Lindsay Clancy, però, dobbiamo tornare a qualche giorno fa. 24 gennaio 2023. La donna strangola i sue due figli più grandi, di 5 e 3 anni, che perdono così la vita, tenta di uccidere l’ultimo, di soli 7 mesi e poi si butta dalla finestra di casa sua. Il marito se ne accorge, chiama i soccorsi, che prontamente arrivano e trovano i corpicini dei due bambini, ormai già privi di vita, il terzo gravemente ferito e la donna ancora viva, ma ferita allo stesso modo del piccolo.

Il neonato viene prontamente portato d’urgenza al Boston Children’s Hospital, dov’è ricoverato ancora oggi e sta lottando tra la vita e la morte e la donna è a sua volta ricoverata, ma è sotto la custodia della polizia. Per capirci di più dobbiamo scavare a fondo e capire com’è andata la vita di Lindsay negli ultimi mesi.

La 32enne lavorava da tempo come infermiera al Massachussetts General Hospital, amava il suo lavoro, ma lo aveva lasciato – era in congedo – per occuparsi dei figli e della casa a tempo pieno dopo la nascita del terzo bambino. Qui, però, arriva l’intoppo: la donna soffriva di depressione post partum, ma nessuno se ne era accorto, perché non aveva mai chiesto aiuto a nessuno e non aveva mai mostrato alcun segno di difficoltà, come ha raccontato anche la bisnonna dei piccoli, che spesso andava a trovarli e che non aveva mai capito che qualcosa stesse andando storto.

Lindsay Clancy – Nanopress.it

Eppure era così e alla fine questa storia non ha avuto affatto un lieto fine, ma anzi è sfociata in una tragedia e due bambini innocenti sono morti.

 

La vicenda che ha coinvolto Lindsay Clancy è stata talmente sconvolgente, da scuotere persino i soccorritori che sono giunti prontamente sul luogo del delitto per per prestare assistenza e degli agenti delle forze dell’ordine, che durante la conferenza stampa tenuta dalla Polizia di Stato dei Massachussetts non sono riusciti a nascondere la loro evidente commozione.

Quello che però sorprende davvero è il modo in cui ha reagito Patrick Clancy, il marito della donna. Tutti si aspettavano che avrebbe riservato alla moglie parole piene di dolore, di ira, di astio. Del resto ha ucciso due dei suoi figli e ridotto in fin di vita il terzo, di soli sette mesi. Eppure l’uomo è apparso invece comprensivo e ha dichiarato in un’intervista riportata dalla NBC Boston: “Voglio chiedere a tutti voi di provare nel profondo di voi di perdonare Lindsay, come ho fatto io”.

E poi ha aggiunto: “La vera Lindsay era generosamente amorevole e premurosa verso tutti: me, i nostri figli, la famiglia, gli amici e i suoi pazienti. Le stesse fibre della sua anima sono amorevoli. Tutto ciò che desidero per lei ora è che possa in qualche modo trovare la pace. (…) “Amava essere un’infermiera, ma nulla corrispondeva al suo intenso amore per i nostri figli e alla dedizione per essere una madre. Era tutto ciò che desiderava. La sua passione mi ha insegnato come essere un padre migliore”.

Nessun rancore quindi traspare dalle sue parole, che sembrano essere pronunciate da un uomo rammaricato per quello che è accaduto, ma convintissimo che la moglie sia ancora la donna che aveva conosciuto tanti anni fa, di cui si era innamorato, con cui aveva deciso di costruire una famiglia. La stessa, però, che oggi è distrutta e che nessuno potrà mai riportare indietro.

Se qualcuno si fosse accorto che Lidsay soffriva di depressione post partum, questa tragedia sarebbe stata evitata? Chi può dirlo. Non possiamo sapere con assoluta certezza né questo né se a spingerla a compiere questo gesto estremo sia stato solo questo fattore, oppure ci sia stato altro. Ma chissà che magari se questo tema non fosse stato un tabù, se se ne fosse parlato di più, se non ci fossero così tante ombre su questo argomento da renderlo quasi una vergogna per le madri, qualcosa sarebbe cambiato.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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