Dopo quasi due anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich, il Gip, nel rigettare la richiesta di archiviazione giunta nuovamente dalla Procura di Trieste, ha disposto nuovi accertamenti di matrice medico legale.
Difatti, il magistrato – pur riconoscendo che l’attività d’indagine della Procura di Trieste è stata svolta in maniera scrupolosa e meticolosa – vuole vederci chiaro una volta per tutte. E vuole farlo soprattutto attraverso l’esame delle lesioni riscontrate sul corpo di Liliana, la loro origine, il mezzo che le ha prodotte, la datazione e ogni altro elemento in grado di qualificare il decesso come conseguenza di un’azione suicidiaria o di un fatto attribuibile a terzi.
In sostanza, quindi, è stata richiesta dall’organo giudicante la ripetizione dell’esame autoptico. Una ripetizione che, ha specificato il magistrato, qualora necessario, potrebbe arrivare anche a giustificare a riesumazione del corpo di Liliana Resinovich. Venticinque i punti indicati nell’ordinanza a seguito della quale è stata disposta la prosecuzione delle indagini.
In risposta a quest’ultima, emessa qualche settimana fa, proprio ieri, la Procura di Trieste ha affidato all’anatomopatologa Cristina Cattaneo – già consulente in importanti casi mediatici come quelli relativi alla morte di Yara Gambirasio, Stefano Cucchi ed Elisa Claps – l’incarico di redigere una consulenza medico-legale per far luce proprio sulle cause del decesso dell’ex dipendente regionale. Quest’ultima, 63 anni, lo ricordiamo, era scomparsa da Trieste il 14 gennaio 2021 ed era stata ritrovata cadavere il 5 gennaio del 2022 nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico a San Giovanni.
Analizziamo insieme i principali approfondimenti autoptici disposti dal giudice per le indagini preliminari e quali sono i punti chiave che potranno portare finalmente ad una svolta nell’inchiesta relativa alla morte di Liliana Resinovich. Omicidio o suicidio?
Tra i venticinque punti elencati, quelli più significativi hanno a che fare, come detto, con apprendimenti di natura medico legale. Nello specifico, interessante è la richiesta del Gip relativa alla misurazione di un particolare enzima nei tessuti. Una misurazione necessaria a verificare la possibilità che il corpo di Liliana Resinovich sia stato congelato o raffreddato dopo la sua morte. Un’ipotesi che, chiaramente, farebbe giungere alla conclusione che Liliana non si è suicidata. Ma che, al contrario, sarebbe stata uccisa. Questo tipo di analisi non era stata svolta dai consulenti della Procura. Anche se, secondo quanto era emerso dalla relazione tecnica redatta da questi ultimi, i tessuti di Lilli non sembravano mostrare segni riconducibili ad un’attività di congelamento o raffreddamento. Che, in concreto, è un attività capace di bloccare il rigor mortis. Il rigor mortis altro non è che l’irrigidimento del corpo che inizia circa tre ore dopo il decesso ed è provocato da alcune reazioni chimiche che avvengono dentro i muscoli.
Tornando al giallo di Trieste, il rigor mortis era sempre in corso quando è stato ritrovato il cadavere di Liliana Resinovich il 5 gennaio 2022. Ciò significa che l’ipotesi formulata dai consulenti della Procura, secondo cui Lilli sarebbe morta due o tre giorni prima del ritrovamento del cadavere, risulterebbe credibile. Visto che il rigor mortis non era ancora terminato. Ma questo potrebbe voler dire anche che il corpo di Lilli potrebbe essere stato in un primo momento congelato.
Dunque, la richiesta di misurare questo enzima è finalizzata a stabilire con certezza l’epoca della morte dell’ex dipendente regionale. In particolare, è finalizzata a capire se quest’ultima è morta il 14 dicembre 2021, giorno in cui è scomparsa, e qualcuno poi abbia appunto congelato il suo corpo. Per poi scongelarlo e consentirne il ritrovamento proprio il 5 di gennaio. Un’ipotesi complessa e difficile da dimostrare. Che ha spinto il Gip a richiedere anche un’analisi approfondita sullo sviluppo della rigidità cadaverica in caso di congelamento. Anche se, razionalmente, è difficile congelare un corpo, le nuove analisi mirano a stabilire se, una volta che un corpo venga in ipotesi scongelato, il rigor mortis possa svilupparsi come accade normalmente una volta che una persona muore. Si tratta di esami che, a mio avviso, saranno dirimenti. Non solo per capire quando e come è morta Liliana. Ma anche per comprendere se e chi l’abbia uccisa.
Difatti, se emergesse che la Resinovich è morta il 14 dicembre ed i suoi tessuti risultassero oggetto di congelamento, significherebbe che qualcuno le ha tolto la vita. Perché il suo corpo, chiaramente, non avrebbe potuto congelarsi da solo. Se invece non venissero riscontrati segni di congelamento, la morte della donna sarebbe effettivamente da collocarsi come hanno scritto i consulenti della Procura tra il 2 e 3 gennaio 2022. Questa ipotesi confermerebbe dunque che Lilli si sarebbe nascosta, o sarebbe stata nascosta, per una quindicina di giorni. Giorni nei quali avrebbe continuato a lavarsi, a depilarsi e a consumare la stessa colazione di ogni mattina.
Francamente, trovo poco credibile l’ipotesi che Liliana si sia nascosta per quindici giorni e poi abbia pensato di togliersi la vita. Così, come ritengo poco probabile che qualcuno ne abbia congelato o raffreddato il corpo. Si tratta di procedure che richiedono competenze che solo un tecnico specializzato potrebbe mettere in campo.
Al contrario, sono convinta che ci siano stati degli errori nell’accertamento in sé della causa di morte. Rintracciata dai consulenti della Procura in uno scompenso cardiaco acuto. Una causa che, però, dovrebbe lasciare evidenti segni di grave insufficienza respiratoria. Segni del tutto assenti. Cosa ha innescato, dunque, la morte per soffocamento di Liliana? Mi auguro che i nuovi periti nominati dal Gip facciano luce proprio su questo punto. Perché, altrimenti, il giallo relativo alla morte della Resinovich resterà per sempre tale.
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