Dopo le varie ondate di Covid che hanno colpito, non solo l’Italia, ma il mondo intero, ora siamo davanti ad una lenta discesa dei casi di contagio. Il Covid, però, ha lasciato strascichi dietro di sé, in particolare su coloro che soffrono di malattie cardiovascolari.
Secondo uno studio, fatto su larga scala, ciò che ne è emerso, è stata una netta diminuzione di accessi ai servizi sanitari specifici, proprio per questa categoria di ammalati. Colpa solo del Covid? Cerchiamo di capire.
Se volessimo stilare una classifica di ciò che, di positivo (poco) di negativo (molto) ci abbiano lasciato il Covid e questi due anni di pandemia e lockdown a tratti, staremo a scrivere per ore intere. Non soltanto conseguenze economiche e sociali, ma soprattutto fisiche e psicologiche.
La nostra vita è completamente cambiata: abbiamo dovuto imparare a mantenere le distanze fra di noi, ad indossare sempre le mascherine, a vedere gli ospedali quasi al completo solo con pazienti che avevano contratto il virus, mentre chi aveva altri tipi di patologie faceva i salti mortali per trovare un posto. Ora tutto è finito? Forse sì, o forse no.
Sta di fatto che, sono in tantissimi ora, ad esser vaccinati ed il virus ha notevolmente rallentato la sua corsa. Certo, c’è sempre, ma molto di meno. Questo ha permesso, in particolare ad ospedali e strutture sanitarie varie, di fare un attimo il punto della situazione, guardando anche a tutti quei pazienti che hanno patologie diverse da quelle Covid. In primis, coloro che sono affetti da malattie cardiovascolari.
Un problema che non può esser sottovalutato se partiamo dal fatto che, proprio durante questi due anni di pandemia, i ricoveri, ad esempio, per infarto si sono ridotti fino al 34% rispetto a come erano prima del 2019. La conseguenza di ciò? Se prima un infarto, se preso in tempo, poteva esser curato subito, con la pandemia non è stato così, portando quindi a una situazione di pericolo per chi, purtroppo, se ne ritrova colpito.
Un’analisi ed uno studio fatto dalla University of Leeds e pubblicata, poi, sulle principali riviste scientifiche, ci dice che, in quasi tutto il mondo, “gli ospedali hanno registrato un calo del 22% dei ricoveri di persone colpite da grave attacco cardiaco” – si legge. Si arriva addirittura al 34% di ricoveri in meno se, invece, l’attacco cardiaco è meno grave e c’è, solo, una parziale ostruzione dell’arteria che va al cuore.
Perché un calo così drastico? Non perché le persone, al mondo, non vengano più colpite da infarto, ma perché, forse anche la paura del contagio proprio all’interno dei Pronto Soccorso e degli ospedali, sono proprio i pazienti che non vi si sono recati, anche se avvertivano sintomi che potevano ricondurre ad un principio di infarto o, peggio, ad un infarto in atto. Il maggiore calo si è avuto, in particolare, nei Paesi a medio e basso reddito.
Quando si è colpiti da infarto, la procedura di soccorso prevede l’inserimento dello stent proprio nelle arterie che sono ostruite. Ma non in tutti i Paesi è immediata. In quelli citati prima, in poco meno del 70% dei casi di persone con grave infarto è avvenuto.
In tutto il mondo, invece, si è avuto anche un aumento del circa 17% di casi di decesso fra chi era ricoverato per infarto o per altra insufficienza cardiovascolare.
Dati allarmanti che non possono essere sottovalutati.
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