Le malattie cardiovascolari rappresentano oggi la prima causa di morte in Italia e nel mondo. Risulta quindi molto importante attuare efficaci misure di prevenzione. In occasione della Giornata mondiale per il cuore 2018, la onlus ‘Il Cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione’ è scesa in campo a sostegno della campagna ‘25by25‘ dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’obiettivo è mettere in atto alleanze e strategie per ridurre entro il 2025 il 25% delle morti premature causate dalle malattie croniche non trasmissibili. Come quelle del cuore, del sistema circolatorio e il diabete.
Sensibilizzare gli utenti e contrastare i fattori di rischio
La prevenzione si fa prima di tutto contrastando i fattori di rischio, come l’ipercolesterolemia. ”L’ipercolesterolemia rimane largamente incontrastata in chi non ha mai avuto malattie cardiovascolari e perfino nei pazienti che hanno già sofferto un infarto o un ictus”, afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente Finsic. “Oggi i valori da raggiungere sono sempre più bassi e abbiamo a disposizione nuovissime terapie ad altissima efficacia per combattere il colesterolo”. Che resta, insieme al fumo, il più importante fattore di rischio.
L’importanza di un approccio clinico-strumentale
“Nella prevenzione delle malattie cardiovascolari è fondamentale un approccio integrato clinico-strumentale in quanto consente, in molti pazienti, una riclassificazione del rischio”, dichiara Scipione Carerj, Vice Presidente de ‘Il Cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus. “I dati strumentali possono aiutare sia nella prevenzione primaria che secondaria. Gli score clinici, con tutte le loro limitazioni, ci aiutano a fare un’iniziale stratificazione del rischio dei nostri pazienti. Che in base alla probabilità di sviluppare eventi a 10 anni vengono suddivisi a basso rischio, a rischio intermedio, a rischio elevato o molto elevato”.
“Nell’ambito della prevenzione secondaria, quando cioè un evento si è già verificato e si vuole scongiurare un nuovo pericolo – aggiunge Carerj – ci sono una serie di esami non invasivi che vanno dall’ecocardiogramma alla risonanza magnetica, dall’ecg da sforzo alla scintigrafia miocardica, fino alla TC, che consentono di stratificare la prognosi di questi pazienti in relazione all’entità del danno cardiaco subito e indirizzarli verso una ottimale condotta terapeutica”.
La prevenzione è una delle priorità anche per la Società Italiana di Cardiologia (Sic). Il presidente, Giuseppe Mercuro spiega: “La Sic è la più antica delle Società cardiologiche italiane. Essa annovera tra i propri membri tutti i cardiologi impegnati nell’insegnamento e nella formazione, nelle università e negli ospedali. Custode della migliore tradizione cardiologica, la Sic è però in perenne rinnovamento e mira ad una cardiologia di precisione. Al centro, l’obiettivo di sviluppare la cultura della prevenzione, da iniziare ancora prima della nascita e da adattare alle diverse età, genere e profilo di rischio di ogni singolo individuo o paziente”.
La prevenzione passa per la corretta informazione
Tra le iniziative presentate per raggiungere l’obiettivo della riduzione del 25% della mortalità entro il 2025, anche ‘One Valve, One Life’, il primo programma italiano promosso nel 2014 dalla Società italiana di Cardiologia (Sic). Si propone di favorire una corretta informazione e diffusione della terapia transcatetere delle valvulopatie. E di garantire l’accesso a queste procedure salvavita a tutti i pazienti che necessitano di un intervento alle valvole cardiache. Basta considerare che i pazienti sintomatici inoperabili a 6 mesi hanno una mortalità superiore al 50%. E la terapia transcatetere potrebbe essere risolutiva.
“Questi pazienti, in assenza di intervento, hanno un’aspettativa media di vita di circa 2 anni – afferma Francesco Romeo, presidente della Onlus – curare una valvola cardiaca significa salvare una vita. Oggi abbiamo evidenze scientifiche indiscutibili che le tecniche interventistiche percutanee mini-invasive costituiscono un’opzione terapeutica salvavita alternativa all’intervento cardiochirurgico convenzionale. Fino ad alcuni anni fa l’unica possibilità terapeutica nelle valvulopatie cardiache era l’intervento chirurgico per sostituire o, se possibile, riparare la valvola danneggiata, un’operazione ‘a cuore aperto’ molto invasiva, che non tutti i pazienti possono affrontare per età, malattie concomitanti, fragilità generale. Oggi è possibile impiantare la valvola per via percutanea anche ai pazienti a rischio intermedio, cioè quei pazienti che prima erano candidati all’intervento convenzionale di chirurgia a cuore aperto”.
Nuove tecniche chirurgiche senza bisturi
Un focus è stato dedicato anche al trattamento di riparazione percutanea della valvola mitrale senza l’utilizzo del bisturi. Una tecnica che riduce il rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco del 47% rispetto alla terapia medica massimale (35,8% contro il 67,9%). La riparazione percutanea della valvola mitrale si effettua utilizzando un catetere che viene inserito dalla vena della gamba. Tale procedura è sicura, il tasso di libertà dalle complicanze legate al dispositivo è del 96,6%.
Sono stati anche discussi i risultati dello studio effettuato da Gregg W. Stone della Columbia University Medical Center di New York in 78 centri tra America e Canada su pazienti affetti da patologia della valvola mitrale. MitraClip è la prima terapia indicata per migliorare la prognosi dei pazienti con insufficienza cardiaca, riducendo il rigurgito mitralico secondario a disfunzione ventricolare sinistra. Lo studio inoltre ha dimostrato che sono necessari sei impianti di Clip per salvare una vita umana.
“I risultati di questo studio sono molto importanti e di grande impatto – afferma Ciro Indolfi, Professore ordinario di cardiologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro e Presidente eletto della Società italiana di cardiologia – sia per i risultati ottenuti in un gruppo di pazienti ad alto rischio che prima di questo trial non avevano alternative terapeutiche, sia perché ha dimostrato che l’impianto di una Clip è una procedura sicura”.
L’appello della Fondazione
In conclusione l’appello della Fondazione: “Chiediamo che tutti, clinici, pazienti, istituzioni, si impegnino per raggiungere l’ambizioso obiettivo “25by25″. ‘Make a promise’ – esorta il Presidente Francesco Romeo – tu, paziente, prometti di adottare stili di vita sani; tu, clinico, di impegnarti per migliorare sempre più le metodiche e la tempestività di intervento; tu, istituzione, di supportare al massimo la ricerca e favorire la disponibilità di risorse per la sempre maggiore soddisfazione dei bisogni dei pazienti”.
In collaborazione con AdnKronos