Il primo atto del nuovo governo targato Giorgia Meloni, con una spruzzata di Lega e Forza Italia, sta facendo discutere non poco, anche l’esecutivo stesso. Cogliendo la palla al balzo del raduno di Modena, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha messo a punto un decreto in cui “chi organizza o promuove l’invasione è punito con la pena della reclusione dai tre ai sei anni”. Ma non c’è solo quello a far storcere il naso all’opposizione.
Nel decreto, che probabilmente subirà delle modifiche in sede di conversione – la stessa premier e i forzisti non sono del tutto convinti dal testo – è prevista la confisca dei beni e anche le intercettazioni. E quindi sì: la levata di scudi, dai leader del Partito democratico, Enrico Letta, e del MoVimento 5 stelle, Antonio Conte, ma anche di molti intellettuali e artisti.
Il decreto legge 162 è il primo vero provvedimento licenziato dal governo della prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana. Nove articoli che mettono un punto sulle “misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali“.
Quindi, in pratica, oltre a legiferare sul carcere ostativo, cambiando in parte alcuni articoli della legge n.354 del 26 luglio 1975, dall’articolo 5 si occupa anche di regolamentare, meglio dare delle pene a chi organizza i rave party od occupazioni abusive. All’articolo 434 del codice penale, viene aggiunto un bis che prevede che “chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1000 a euro 10000. Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita“.
Oltre a una pena veramente rigida, che nel caso del decreto sulla scrivania dell’ex ministra degli Interni, Luciana Lamorgese, era di quattro anni, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di inserire la confisca “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione“. In soldoni: si potranno ascoltare conversazioni e leggere messaggi di chiunque partecipi.
Il padre del decreto legge, Matteo Piantedosi, attuale inquilino numero uno del Viminale, ha spiegato al Corriere della Sera cosa si intenda per “invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica“. E quindi, per lui, è “interesse di tutti contrastare i rave illegali” ma, ha proseguito, che trova offensivo “attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento“.
Licenziato poco dopo il raduno di Modena, il decreto è necessario e urgente, ha spiegato ancora il ministro in conferenza stampa, nasce dal fatto “che l’assenza di una normativa efficace nel nostro Paese ci rendeva particolarmente vulnerabili, come testimonia la cronaca degli ultimi anni“.
Peccato, però, che il decreto legge così com’è non piaccia quasi a nessuno, dicevamo. Non piace sicuramente ai leader dell’opposizione Enrico Letta e Giuseppe Conte che, sui social, hanno spiegato la contrarietà al testo, che potrà cambiare in sede di conversione in Parlamento.
Il segretario del Partito democratico prima ha parlato di “un gravissimo errore” perché “i rave non c’entrano nulla con una norma simile. È la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione“, poi ha spiegato che le precisazioni del Viminale non cambiano la sostanza della norma.
Mentre il presidente del MoVimento 5 stelle ha tacciato il decreto legge di essere da “stato di Polizia“. Come loro, in tanti si sono scagliati contro il primo provvedimento del governo Meloni: da Erri De Luca, scrittore e giornalista napoletano che ha parlato di “pene da patibolo per la gioventù“, a Fiorella Mannoia, cantante romana che invece ha ritenuto che non si siano date alternative ai giovani.
Anche Forza Italia, da partito della maggioranza, però, non sembra essere tanto d’accordo con quanto è stato previsto nel testo. Una mediazione del gruppo di Silvio Berlusconi, in questo senso, potrà essere fondamentale per cambiare le carte in tavola. Innanzitutto si dovrebbe lavorare per abbassare la pena massima a quattro anni, così come già prevede la legge 633 per casi simili, e poi si dovrebbero eliminare anche le intercettazioni. La confisca e le misure patrimoniali, a cui tanto tiene Piantedosi, dovrebbero rimanere così come sono, invece.
Persino la stessa premier potrebbe essere d’accordo della strada scelta, anche lei, infatti, non era del tutto convinta della decisione presa. Matteo Salvini, leader della Lega, invece, è stato l’unico, assieme al titolare del Viminale, a dire che “indietro non si torna, le leggi finalmente si rispettano“.
Che rimanga della stessa opinione anche quando dai suoi alleati decideranno di limare parti del decreto che tanto sta facendo discutere? Chissà. Sicuramente il primo provvedimento non pare sia stato successo, e a dirlo non siamo certamente noi.
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