A rendere nota la sua storia il Gay Center di Roma, a cui Chiara si era rivolta un paio di anni fa, per raccontare il suo dramma quotidiano.
Dopo atti di bullismo e prese in giro, la 19enne non ce l’ha fatta più e ha deciso di mettere fine alla sua vita. Dopo essere stata ospitata in una comunità per minori a rischio, era tornata a casa dalla sua famiglia, che in un primo momento non aveva accettato il suo coming out.
Si sentiva in un labirinto senza uscita, bloccata in una trappola infernale dalla quale è riuscita a liberarsi soltanto mettendo fine alla sua vita. Non ha trovato altra soluzione – se non la più drastica e la peggiore da immaginare – la 19enne di Napoli che lo scorso lunedì si è tolta la vita nella sua casa di Piscinola, quartiere Scampia.
Chiara era nata maschio, ma si sentiva a tutti gli effetti una donna. Quel corpo non le apparteneva e lei voleva essere libera di esprimere la sua femminilità, con un rossetto o un abito corto. I compagni di scuola e la sua famiglia però non riuscivano ad accettare quella situazione, tanto che Chiara aveva deciso di troncare i rapporti e smettere di studiare.
Così aveva inviato una lettera al Gay Center di Roma, in cui aveva messo per iscritto – nero su bianco – tutta la sua sofferenza, arrivando a sentirsi sbagliata. La insultavano per strada, a scuola, la deridevano continuamente e lei si sentiva ormai fuori posto e fuori luogo. Era stata la responsabile del Gay Help Line ad aiutarla a presentare un esposto attraverso l’Osservatorio interforze del ministero degli Interni contro gli atti discriminatori.
Anche quello però non era servito o, forse, non era bastato per dare a Chiara tutto il sostegno di cui aveva bisogno. La ragazza era stata accolta in una comunità per minori a rischio, ma al raggiungimento della maggiore età aveva deciso di tornare a casa.
Lo scorso settembre era stato chiesto un supporto psicologico all’Asl, ma il primo appuntamento utile era stato fissato al 21 dicembre prossimo. Un tempo troppo lungo, che Chiara non è riuscita ad aspettare.
Chiara viveva a Piscinola, nel quartiere Scampia di Napoli, con la madre e le due sorelle, che nel frattempo avevano seguito un percorso psicologico per riaccoglierla in casa dopo il suo iniziale allontanamento. Non è bastato neppure questo. Lo scorso lunedì pomeriggio – approfittando di essere rimasta sola – Chiara si è tolta la vita. Ha scelto l’unica via che considerava percorribile per mettere fine alle sue sofferenze.
Una scelta drammatica e drastica, dettata soprattutto dal clima di odio e orrore che da sempre la circondava. Un messaggio forte quello di Chiara, che rende quanto mai evidente quanto sia ancora lunga la strada da percorrere nel nostro Paese – e non solo qui – perché l’orientamento sessuale non sia più una barriera o un oggetto di scherno da chi si sente dalla parte giusta della barricata.
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