Ieri è stato ritrovato un cadavere in un casolare abbandonato a Novellara, ora i Ris sono a lavoro per capire se si tratti di Saman Abbas.
In queste ore ha parlato il suo fidanzato, sperando che sia lei per poterle dire addio. Insieme al fratello della giovane, fu il primo a denunciare che in quella famiglia qualcosa non andava.
Saman è stata uccisa brutalmente perché si opponeva a un matrimonio combinato e non era la prima volta che fuggiva da quella famiglia oppressiva e dalla mentalità arcaica.
Diverse menti architettarono il suo omicidio per motivi di onore, in primis il padre Shabbar, arrestato pochi giorni fa in Pakistan a seguito del mandato di cattura internazionale, e la madre Nazia che ancora è latitante.
Arrestati fin da subito invece lo zio Danish e due cugini che furono gli autori materiali dello strangolamento e dell’occultamento del cadavere nel fiume Po, chiuso in sacchi neri.
Questo almeno è quanto emerso da un’intercettazione di uno dei cugini, che rivelò al suo compagno di cella i dettagli dell’omicidio della ragazza.
Ieri c’è stata quella che potrebbe essere la svolta del caso, infatti il corpo di Saman non è mai stato trovato ma gli uomini del Ris stanno lavorando sui resti di un cadavere rinvenuto in un casolare abbandonato nelle campagne di Novellara.
Proprio nel paesino in provincia di Reggio Emilia, gli Abbas avevano un’azienda agricola, le cui telecamere avevano ripreso gli ultimi istanti di vita della 18enne, mentre seguiva la madre in un luogo sconosciuto fuori dall’occhio dell’impianto di sorveglianza, probabilmente proprio dai suoi aguzzini.
Le ricerche si concentrarono fin da subito nelle campagne intorno all’azienda ma nonostante l’utilizzo di cani molecolari e tecnologie sofisticate, solo adesso si hanno i primi risultati.
Da ieri i Ris di Parma stanno effettuando sopralluoghi nel casolare che si trova vicino all’abitazione della ragazza, quello in cui appunto sono stati ritrovati dei resti di un corpo.
Il ritrovamento arriva poco dopo l’arresto del padre, che insieme a 5 persone è indagato nel processo che si terrà il 10 febbraio per l’omicidio di Saman e l’occultamento del cadavere.
Ora si attendono le risposte per quanto riguarda l’analisi dei resti umani e fra coloro che sono più in ansia per il responso c’è sicuramente Saqib Ayub, fidanzato di Saman.
Proprio la relazione con il coetaneo pachistano sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, il motivo per cui Shabbar ha voluto ripulire l’immagine della famiglia eliminando la figlia.
Dopo l’ennesimo scatto pubblicato su Facebook che lo ritraeva assieme, l’uomo ha agito in maniera crudele e fu lo stesso Saqib Ayub a riferire ai Carabinieri che la famiglia di Saman era pericolosa, addirittura collegata con la mafia pachistana.
In effetti, dalle indagini emerse che Shabbar era arrivato a minacciare i familiari del giovane pachistano per farlo allontanare dalla figlia.
Dopo il ritrovamento dei resti, il 23enne è stato intervistato per poter dire la sua:
“spero sia lei perché ho bisogno di un luogo in cui piangerla. ha bisogno di una tomba dignitosa e io di dirle addio. voglio un luogo dove pregare per lei come è giusto che sia”.
Da tempo il ragazzo aveva capito che era morta ed era stato il primo a non credere all’iniziale versione che voleva Saman scomparsa.
Tuttavia il giovane ha sempre sperato che fosse viva, ma dalle ultime intercettazioni del padre ha capito che non era così.
I resti rinvenuti erano avvolti in alcuni teli e calati in una fossa profonda quasi due metri e sebbene tutti credono che sia la giovane 18enne, la certezza arriverà solo dagli accertamenti medico scientifici, come l’esame del Dna.
Gli investigatori sembrano comunque essere molto certi che sia lei, anche perché la zona del ritrovamento è compatibile con le ultime riprese delle telecamere. Il casolare diroccato si trova a pochi metri dall’azienda degli Abbas.
Per sapere se i resti sono effettivamente della 18enne bisognerà attendere il via libera dei giudici della Corte d’Assiste, che dovranno autorizzare l’esumazione alla presenza di un perito e die consulenti degli imputati.
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