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Il futuro degli iperconnessi: i punti in comune tra analogico e virtuale

Il ragionamento comune che mette insieme filosofi e iper tecnologici è che la conoscenza, il formarsi, è il primo passo per essere responsabili verso il mondo in cui viviamo. Ma la conoscenza richiede fatica ed empatia con l’altro, e chi crede che l’evoluzione digitale può fare a meno del contatto fisico o dell’etica si sbaglia. Analogico e virtuale, insomma, hanno più di un punto in comune come spiega Ermanno Bencivenga, professore di filosofia dell’Università della California che citando Aristotele e Platone mette in luce i rischi della connessione, nel primo di sei incontri organizzati a Milano da Fondazioni Feltrinelli con Eni, dedicati al valore delle competenze in diversi campi.

Le parole del futuro

Tracciare il punto sul futuro e avvicinarlo a noi, è questo l’obiettivo del ciclo di incontri ‘Le conseguenze del futuro’, che fino al 22 maggio 2019 avrà come cornice Milano, come spiega Massimiliano Tarantino, direttore della Fondazione Feltrinelli che ha seguito, passo dopo passo la costruzione dei sei temi di discussione. Dopo la conoscenza le altre parole chiavi sono formazione, comunità, salute, cibo e spazio.

“La velocità e l’efficienza della Rete rubano il tempo alla messa in comune di strategie ed esperienze, e anche al ragionamento, alla riflessione, al pensiero”, dice nel suo intervento Bencivenga. Aggiungendo che se si intende un sistema politico “come comunità tanto più stabile e funzionale quanto più esente da conflitti”, la ricetta per un buono Stato sta nella conoscenza.

Conoscenza non significa empatia

La conoscenza è da intendersi come “incontrarsi e collaborare a un progetto, imparare l’uno le tecniche dell’altro. E’ la conoscenza operativa (cioè reale, di azione, di empatia, ndr) che smussa i conflitti. Io posso sapere ogni dettaglio di un mio simile e non essere mosso ad aiutarlo perché le parole che leggo non accendono nessuna scintilla di umanità quale potrebbe accendersi se gli stringessi la mano”, spiega.

La Rete va dunque “nella direzione sbagliata e non deve stupirci se di pari passo con l’avanzamento verso una condivisione di dati, imperversano l’egoismo, la xenofobia, la violenza”, aggiunge.

Vedere il mondo dal punto di vista dell’altro

La conoscenza è alla base della politica: “La buona politica è quando ci si comincia a conoscere come persone, a vedere il mondo dal punto di vista dell’altro e sarà difficile accoltellarlo alla schiena”, in questo senso la scuola pubblica è “un luogo di socializzazione, di un’Italia cosmopolita e multicolore, dove c’è empatia con chi non ci somiglia e parla un’altra lingua. La politica è l’arte della convivenza tra diversi che darà frutti più buoni quanto più saremo capaci di integrarci”, sottolinea.

Un’integrazione, una mescolanza, un’apertura che sono il segno del successo di Massimo Banzi, tra i fondatori della piattaforma open source Arduino che dall’idea di utilizzare l’elettronica in modo creativo, ha creato “una comunità di milioni di persone che condividono conoscenze, creano eventi e si incontrano, implementano un progetto e lo condividono”. Una realtà dislocata nel mondo “che crea però spazi reali, posti di lavoro, persone che si interrogano su temi etici, che condividono conoscenza”.

Interagire per valorizzare i talenti

Una contaminazione tra talenti, rete e spazi fisici e intellettuali che sono la fortuna di Davide Dattoni, co-fondatore di Talent Garden, il più vasto network di coworking in Europa – con ben 23 sedi – che richiama una necessità di sempre: “connettersi con l’altro e conoscerlo fisicamente, interagire. Il talento è l’elemento cardine e la vera sfida del futuro è supportare i talenti e provare a metterli in rete”.

In collaborazione con AdnKronos

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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