Il Garante per la protezione dei dati personali, quello della privacy per intenderci, ha bloccato ChatGPT fin quando non rispetterà la disciplina in materia. A pesare nella decisione, è “la mancanza di un’informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di ‘addestrare’ gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma”, si legge nella nota dell’autorità.
Ma non c’è solo quello, perché per l’autorità, la piattaforma della società statunitense, che non ha una sede nell’Unione europea, non ha le informazioni corrette e non ha un filtro per l’età. Il Garante ha dato venti giorni di tempo a OpenAI per correggere il problema, pena una multa fino ai 20 milioni o il 4% del fatturato globale annuo.
Nella lunga diatriba su quanto possa essere avere effetti dannosi l’intelligenza artificiale, che tra l’altro anche Elon Musk, il Ceo di Twitter, non vede di buon occhio, un punto a favore degli altri (i detrattori in pratica), lo ha segnato il Garante per la protezione dei dati personali che ha bloccato ChatGPT, la piattaforma gestita e sviluppata da OpenAI, una società statunitense, finché non rispetterà la disciplina sulla privacy.
L’autorità, presieduta da Pasquale Stanzione, infatti, ha disposto fin da subito la limitazione provvisoria del trattamento dei dati personali degli utenti e ha aperto anche un’istruttoria sul caso. Ma cosa ha portato a questa decisione?
Come si legge nel provvedimento, del Garante della Privacy, ChatGPT, ovvero il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, “lo scorso 20 marzo aveva subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento“. E quindi a pesare sono sia la mancanza di un’informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma.
“Come peraltro testimoniato dalle verifiche effettuate, le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto – ha osservato il Garante -. Da ultimo, nonostante, secondo i termini pubblicati da OpenAI, il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, l’Autorità evidenzia come l’assenza di qualsivoglia filtro per la verifica dell’età degli utenti esponga i minori a risposte assolutamente inidonee rispetto al loro grado di sviluppo e autoconsapevolezza“.
La nota dell’autorità si conclude con l’invito alla società statunitense, che si è rimarcato non avere una sede nell’Unione europea, ma che da noi ha solo designato un rappresentato nello spazio economico, a comunicare “entro 20 giorni le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto dal Garante, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo“.
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