Il crimine desta sempre il suo fascino. A maggior ragione laddove riserva sorprese o rischi di rimanere irrisolto per l’immaginario collettivo.
Rientra a pieno titolo in questa casistica quello relativo alla morte di Liliana Resinovich, scomparsa dalla sua abitazione del quartiere San Giovanni a Trieste martedì 14 dicembre 2021 e rinvenuta cadavere il 5 gennaio 2022.
Fin da subito la sua storia ha assunto i connotati di un giallo. Facciamo un passo indietro e muoviamoci sul terreno degli scenari noir.
Perché un delitto resti impunito, chi lo commette deve far di tutto affinché non sembri un omicidio. Ma piuttosto un suicidio o un caso di morte naturale. Proprio qui risiede la sfida per chi indaga. Dunque, una sfida persa dalla procura di Trieste? Non possiamo azzardare risposte. Quel che è certo, però, è che quest’ultima ha reso noto con un comunicato stampa l’avanzata richiesta di archiviazione proprio per la scomparsa di quella che è diventata per tutti Lilli.
Resta tuttavia il grande enigma sulla sua morte. Un enigma che ruota attorno ad una questione: quella della causa del decesso. Che, però, non sembra aver più rilievo per chi indaga. Se, in questo senso, fino a dicembre il fascicolo risultava aperto per sequestro di persona a carico di ignoti, per i Pm triestini da ieri il caso può dirsi chiuso. “La sola ricostruzione degli eventi consegnata dagli atti processuali e quella l’intenzionale allontanamento dalla sua abitazione e dall’altrettanto intenzionale decisione di porre fine alla propria vita”. Davvero stanno così le cose? E davvero non si cela nient’altro dietro questa terribile vicenda?
Il principale nodo da svolgere è stato fin da subito quello relativo alle modalità ed alla collocazione temporale della morte della Resinovich. Il suo corpo è stato ritrovato avvolto in due sacchi neri della spazzatura, mentre la sua testa è stata ritrovata imbustata in due sacchetti di plastica stretti in maniera flebile al collo. Mancando, peraltro, segni evidenti di legature al collo.
Quanto alla causa di morte, l’esame autoptico aveva parlato di scompenso cardiaco acuto. Anche se, sempre in sede medico legale, erano mancati i riscontri di evidenti segni di soffocamento. Lasciando dunque aperta la dinamica che ha portato all’evento morte. Posto che, sempre secondo quanto ricostruito dai consulenti la procura, Liliana sarebbe morta soltanto quarantotto ore, massimo sessanta, prima del rinvenimento del corpo. Andiamo per gradi. Il ritrovamento del corpo è avvenuto il 5 gennaio 2022. Così ragionando, pertanto, il decesso sarebbe avvenuto il 2 o 3 gennaio 2022.
Ed infatti secondo quanto emerso in consulenza il rigor era ancora instaurato e non erano ancora iniziati i fenomeni putrefattivi sul cadavere. Ma non soltanto. Sia i sacchi che avvolgevano il corpo sia i vestiti erano perfettamente conservati. Una situazione del tutto incompatibile che un’esposizione di venti giorni agli agenti atmosferici.
Circostanze non di poco conto dal momento che lasciano aperto un altro tipo di scenario. Dove sarebbe rimasta Liliana fino a quel giorno? Visto che era scomparsa già dal 14 dicembre? Dubbi che rischiano di rimanere irrisolti se il giudice per le indagini preliminari accoglierà la richiesta della procura. Il fratello Sergio ha già fatto sapere che presenterà tramite il suo legale opposizione alla richiesta di archiviazione per promuovere la prosecuzione delle indagini. Liliana non avrebbe mai voluto togliersi la vita. E, in tutta franchezza, è auspicabile che la scienza dia qualche risposta più convincente. O che, almeno, si ponga sulla stessa lunghezza d’onda dei ragionamenti dettati dalla logica. Il delitto perfetto non esiste.
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