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Il giorno prima della legalità

Domani, 23 maggio, sarà l’anniversario della morte di Giovanni Falcone e, da qualche anno a questa parte, anche la “Giornata della legalità”. Preparatevi a vedere condivise su Facebook le foto di Falcone e degli altri eroi dell’antimafia, a sentire retorici discorsi di politici e rappresentati delle istituzioni e a vedere servizi al telegiornale su cortei e presidi per dire “no alla mafia”. Tutto quello che fino a oggi non avete sentito, almeno dal 24 maggio dell’anno scorso. E che da dopodomani tornerete a non sentire.

L’argomento mafia, infatti, non interessa più. O, forse, in realtà, non ha mai interessato nessuno, se non quei pochi chi se ne occupano. Non interessa ai cittadini che disertano qualsiasi tipologia di iniziativa che parli di mafia. Avete mai provato a partecipare a una conferenza sulla mafia, anche di quelle più interessanti e più vicine alla vita quotidiana di ciascuno (ad esempio su come le organizzazioni criminali gestiscano i ristoranti in cui tutti noi andiamo a cena)? O a partecipare alla presentazione di un libro sulla mafia? Molti di voi si staranno rispondendo – almeno nell’intimità della propria coscienza – “no” e già questa vostra risposta, moltiplicata per quanti leggeranno questo articolo, vi dovrebbe dimostrare come le mafie non interessino a nessuno!

Altrimenti, se ci siete stati a qualcuno di questi eventi, avete visto quanto spesso siano desolanti. E non per forza perché vanno deserti, ma anche perché spesso chi vi partecipa lo fa per amicizia nei confronti di chi ha organizzato quell’evento, per la necessità di farsi vedere in pubblico o per pura convenienza. Ma quanti per reale interesse? Emblematico è il caso di Attilio Bolzoni, il giornalista de La Repubblica divenuto ormai una vera e propria firma sui fatti di mafia, che all’inizio del mese di maggio doveva presentare il suo ultimi libro “La mafia dopo le stragi” a Favara, in provincia di Agrigento, e all’incontro – come ha raccontato lo stesso Bolzoni sul suo giornale – non si è presentato nessuno. Eppure non credo che a Favara la mafia non esista…ma, per dirla tutta, dove oggi la mafia non esiste?

La mafia non interessa a meno che non sia spettacolarizzata e, allora, fiction e serie tv raggiungono ascolti da capogiro. In questi casi, però, non è il problema della mafia a interessare, ma la rappresentazione di un mondo che, ancora oggi, affascina molti e che risulta un ottimo argomento di intrattenimento.

E, così, la parola mafia ma soprattutto la parola antimafia sono stati le grandi assenti di questa lunga campagna elettorale che, per le difficoltà a costruire una maggioranza, si è protratta ben dopo le elezioni e forse non è neanche ancora finita. Nessuno degli aspiranti premier, tuttavia, ha mai parlato delle sue proposte per il contrasto alla criminalità organizzata, nessun giornalista ha pensato di interrogare su questi temi i candidati e soprattutto nessun cittadino ne sarebbe stato interessato.

La mafia è, infatti, stata dimenticata da questa campagna elettorale non per chissà quale forma di connivenza – come hanno sostenuto alcuni – che probabilmente pure esiste, ma non avrebbe impedito ai candidati di fare proclami che non sarebbero poi stati rispettati, così come non saranno rispettate molte delle altre promesse fatte. La mafia è stata assente dai programmi politici semplicemente perché non è percepita dai cittadini come un problema da risolvere, al pari dell’immigrazione, della disoccupazione e del prezzo dei sacchetti della frutta al supermercato.

Ed è questo il nocciolo del problema: la gente non si interessa di mafia, o forse non se n’è mai interessata, non tanto perché è superficiale e strafottente, ma spesso perché ha altri problemi, più quotidiani e concreti, da dover affrontare: un lavoro precario o un figlio disoccupato, il mutuo da pagare e lo stipendio che non arriva, qualche cura da fare privatamente perché il Sistema Sanitario Nazionale è troppo lento e i soldi non bastano ad arrivare a fine mese.

E non importa che dietro molti di questi problemi ci sia proprio la mafia, perché – se pure c’è – non la si vede. E, così, noi restiamo sempre fermi al giorno prima della legalità.

Fabrizio Capecelatro

Fabrizio Capecelatro è stato un redattore interno di Nanopress fino al 2018. Si è occupato di politica e cronaca, con particolare riguardo a tematiche incentrate su criminalità organizzata e camorra. Su temi di attualità e di cronaca criminale ha scritto anche su Pourfemme.

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