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Il Giro d’Italia potrebbe essere una vetrina pazzesca un po’ come lo è il Tour de France oltre le Alpi, ma si sa che i francesi sanno vendere ciò che hanno molto meglio di noi. Abbiamo potenzialità cento, mille volte superiori ai nostri cugini, ma non siamo capaci di valorizzarle e così perdiamo occasioni a ciclo continuo. Mi torna sempre in mente un ricordo di quando ero bambino e mi trovavo in Provenza con i miei genitori in vacanza: incontravamo spesso cartelli che pubblicizzavano il fantasmagorico “Pont Julien”, un ponte di epoca romana che scavalca il Calavon sulla Via Domizia, perfettamente conservato, che si invitava a visitare. Così abbiamo ceduto alle lusinghe e siamo andati a rintracciarlo. Be’, è un qualcosa che da noi sarebbe già crollato oppure sarebbe stato dimenticato, mentre lì hanno creato un business.
Ci sono hotel, ristoranti, negozietti insomma tutto il classico tran-tran commerciale intorno a qualcosa che attira attenzione e che dunque ha potenzialità. Noi di ponti così, o di altro del genere, ne abbiamo a manciate eppure non abbiamo la furbizia dei francesi e non sfruttiamo ciò che ci siamo trovati tra le mani gratis. Per il Giro d’Italia è lo stesso: col passare degli anni l’abbiamo lasciato deperire e abbiamo fatto sì che si perdesse interesse, si è passati da un fenomeno di costume che attirava milioni di persone in strada e nelle piazze a qualcosa che stupisce e che sorprende, ma solo dopo il passaggio. C’è un classico fenomeno che ho riscontrato in questi otto giri.
E il fenomeno è quello dello stupore della gente a proposito del Giro: quando la manifestazione passa o meglio si ferma (partenza o arrivo) presso la città, le persone si meravigliano di quanto sia un qualcosa di originale e mai visto prima. Una grandissima festa organizzata con migliaia di professionisti (allestimento, animazione, stampa, fotografi e ovviamente gli atleti e staff) come un paese itinerante, un grande circo con biglietto gratuito che ti fa visita e ti prende nel suo vortice. È sintomatico del fatto che sia un’idea ancora vincente e con grande appeal, la gente compra in massa gli orrendi gadget a 10 euro, forse ipnotizzati dal mantra ossessivo dei furgoncini “10 euro? 10 euro, ma solo 10 euro? Ma si 10 euro, venite a comprare il kit del Giro a 10 euro. 10 euro.”
E in generale in TV sarebbe una vetrina clamorosa, un po’ come lo è il Tour de France in Francia che viene mandato in onda in integrale per parlare del territorio e mostrarlo in diretta analizzando tutto ciò che offre a livello turistico, enogastronomico, di arte e di curiosità. Un inno alla nazione nel quale lo sport è quasi una scusa. Perché non ne prendiamo spunto? Forse allora c’è da sperare nelle voci che danno come l’organizzazione del Tour prossima a appiopparsi anche quella del Giro, sarebbe forse una manna dal cielo perché potrebbe risollevare un movimento assopito e dare nuova forza non solo al ciclismo.
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