Nell’ambito della guerra in Ucraina e le notizie di bombardamenti, l’argomento che tiene banco al momento è il golpe tentato dalla Wagner.
Il gruppo di miliziani paramilitari russi si è ribellato a Putin e nel giro di 24 ore hanno occupato due città nella Russia meridionale, sfidando apertamente l’esercito ordinario e muovendosi senza incontrare resistenza. I mercenari hanno chiesto la testa dei nemici politici, il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, attaccando duramente il presidente russo per il “non rispetto degli accordi presi”. Poi però il ripensamento per evitare spargimenti di sangue.
Una guerra all’interno della guerra quella che sta avvenendo in questo periodo a Mosca, dove a tenere banco non è più tanto l’invasione del Cremlino in Ucraina ma la diatriba con l’esercito di mercenari Wagner.
Ultimamente i filorussi che stavano aiutando l’esercito ordinario russo nella presa dei territori nemici, stanno facendo marcia indietro. Inizialmente si parlava di carenza di munizioni ma poi sono volate parole pesanti, infatti il capo Prigozhin ha accusato Putin di tradimento e lo ha definito un pugnalatore alle spalle, tanto da intraprendere una spedizione punitiva verso Mosca. Obiettivo non solo il presidente ma anche il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, tutti accusati dal carismatico leader di aver lavorato male in questo conflitto.
Prigozhin ha guidato i suoi uomini verso la capitale ma si è fermato a duecento chilometri, rilasciando dichiarazioni importanti:
“Vogliamo evitare di versare sangue russo”.
Questo “gesto di cortesia” è arrivato dopo un accordo con Putin, in cui il mediatore è stato Lukashenko. Così Prigozhin è passato dall’essere rinnegato a nuova potenza in Russia, colui che è stato capace di condizionare il presidente, cosa che nessuno aveva mai fatto in 20 anni.
Poco dopo sono arrivate le parole del portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, che ha detto con fermezza che il capo della Wagner sarà esiliato in Bielorussia. Questa la condizione per evitare le accuse di rivolta armata verso i mercenari, così i suoi uomini non saranno puniti e i pochi che non hanno partecipato alla marcia verso Mosca potranno arruolarsi nell’esercito regolare.
Non ci sarà alcun cambio alla Difesa, quindi Shoigu e Gerasimov resteranno al loro posto. I due nel frattempo non hanno rilasciato dichiarazioni dopo che Prigozhin ha mosso apertamente accuse verso il loro operato. Per lui il futuro è incerto, infatti il soggiorno nella vicina Bielorussia potrebbe non essere un deterrente per le forze del Cremlino, arrivate fino a Londra per punire un rinnegato con il veleno.
Putin nel frattempo finge che non sia successo nulla, è una questione di sopravvivenza e non può apparire debole dopo l’immagine autoritaria che si è costruito. Tuttavia vuole fingere un controllo assoluto e molti scommettono su quanto durerà questa farsa. Il suo impero si sta sgretolando e la ribellione della Wagner è il primo segnale importante di agitazioni fra le fila dei suoi stessi soldati.
I mercenari lo hanno appoggiato per nove mesi in guerra, specialmente a Bakhmut. Induriti dal conflitto, si sono mossi con decisione verso la capitale intenzionati a punire i traditori. erano pronti a scontrarsi con l’Fbi, i servizi segreti e le unità di protezione del Cremlino ma qualcosa li ha fermati e in pochi credono al buon senso per evitare spargimenti di sangue. In teoria i combattenti sarebbero stati sciolti dal gruppo e inquadrati nell’esercito regolare a partire dal primo luglio, questo quanto deciso dal piano del ministro Shoigu.
Il gruppo Wagner ha iniziato a covare odio da tempo vero quella che fino a poco fa era la sua alleata, la Russia. La rivolta dei mercenari è iniziata venerdì mattina ed è stata annunciata da un video di Prigozhin ormai diventato virale, in cui il leader spiega che le ragioni dell’invasione in Ucraina sono false e incolpa i generali con parole molto offensive, dicendo che l’avrebbero voluta per lucrarci e coprirsi di gloria a spese dei ragazzi russi mandati a morire.
Shoigu e Gerasimov sono coloro che vengono additati come i colpevoli, manca quello che è considerato l’artefice di tutto ma il presidente russo non viene nominato perché il capo della Wagner spera in una sua complicità e che quindi questo gli consegni la testa dei generali.
Nel pomeriggio il leader della Wagner torna a parlare e lo fa per informare che i russi hanno bombardato un accampamento dei mercenari e ha anche pubblicato un video per mostrare la veridicità di quello che diceva. Impressionanti le immagini, che mostrano roghi e arti mozzati. Tuttavia sembra che quel video fosse farlocco e solo a scopo propagandistico, invece è autentica la reazione di Prigozhin nell’ordinare a 25mila combattenti di abbandonare le posizioni a Bakhmut per iniziare una marcia su Rostov, città russa da cui Shoigu dirigerebbe i raid contro i miliziani.
Sabato mattina, alle prime luci dell’alba, i mercenari arrivano nella città della Russia meridionale occupando alcuni edifici strategici come il comando della polizia regionale e quello della polizia locale, ma anche la sede dell’intelligence e il quartier generale del Distretto militare Sud da dove i generali dirigono la guerra nelle zone del Donbass.
Il gruppo prende di sorpresa i putinisti, piazzando mine e mezzi blindati agli incroci delle strade, attraverso un’operazione che sembra essere stata ben pianificata da tempo. Un ufficiale della Wagner ha spiegato che in effetti ci sono voluti due mesi di lavoro per metterla a punto e nello stesso momento in cui il capo iniziava a costruire la cattiva immagine dei generali che non davano munizioni, i miliziani rubavano missili terra-aria e missili Javelins controcarro che appartenevano alle forze ucraine.
La presa di Rostov è una perdita irrimediabile per il ministero della Difesa russo, che non ha le risorse e la voglia di iniziare una battaglia sanguinosa a sole tre ore di macchina dal fronte dove gli ucraini insistono con la controffensiva. Un tempismo ben studiato da Prigozhin, grande calcolatore che sa che Shoigu non può gestire due fronti, uno esterno e uno interno. Dalla città poi la Wagner prosegue il cammino verso Mosca con veicoli blindati e camion che trasportano carri armati.
Supera Voronezh, seicento chilometri più a nord e prosegue verso la capitale. Non è certo una visita di piacere e infatti elicotteri e aerei russi si avvicinano per bombardare i mezzi e porre fine alla marcia. I mercenari se lo aspettavano e infatti rispondono con missili terra-aria.
Tutti seguono l’avvicinarsi del gruppo a Mosca in un quadro in cui l’esercito russo non fa una mossa, d’altronde è impegnato a combattere sul fronte verso la controffensiva ucraina portata avanti con sofisticati mezzi donati dalla Nato. Non ha tempo per seguire quella che sembra una personale battaglia fra Prigozhin e la gerarchia russa. L’oligarca di San Pietroburgo ha passato molto tempo al fronte e conosce l’umore nelle trincee, sa benissimo che i soldati sono dalla sua parte e sono stanti di una guerra che li sta decimando, in cui Putin crede molto e che vuole a tutti i costi.
Il convoglio si avvicina a Mosca ma poi, grazie a trattative furiose al telefono con il Cremlino e Lukashenko, Prigozhin decide per il dietrofront. Intanto alcuni volontari ceceni molto vicini a Putin stanno organizzando un’azione per riprendere Rostov ma non riescono nemmeno ad arrivare alla città, che comunque in serata viene comunque abbandonata dallo stesso gruppo Wagner, fra grandi pacche sulle spalle e gesti di vittoria, con l’impressione di avere vinto.
Poco dopo arriva il gelo delle dichiarazioni di Peskov, quale sarà dunque la sorte del leader dal sorriso storto e lo sguardo arcigno? Finirà nella liste delle sospette morti di coloro che hanno osato sfidare Putin? O entrerà nei libri di storia come l’unico che veramente ha fatto tremare la Russia in questo conflitto?
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