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Il governo olandese chiederà formalmente scusa per 250 anni di schiavitù

Sono state 600mila le persone ridotte in schiavitù, costrette a lasciare le loro terre per andare a lavorare nelle nuove colonizzate.

Il primo ministro olandese Mark Rutte – Nanopress.it

Alcuni avrebbero preferito che l’annuncio delle scuse si fosse tenuto il primo luglio del 2023, anniversario dei 150 anni dall’abolizione della schiavitù nelle ex colonie.

Il 19 dicembre le scuse formali

Non servirà a cancellare il passato ma almeno è un riconoscimento ufficiale di colpa. Il prossimo 19 dicembre, infatti, il governo dei Paesi Bassi ha programmato l’atteso discorso con cui formalmente chiederà scusa per 250 anni di storia fatta di schiavitù.

Durante il colonialismo, il Paese attualmente guidato dal primo ministro Mark Rutte, ha sfruttato oltre 600mila persone che lavorarono come schiavi nelle ex colonie olandesi.

Tuttavia le modalità delle scuse non sono piaciute a tutti. Alcuni gruppi di persone delle ex colonie del Suriname, in Sud America, hanno criticato la tempistica sottolineando come non fossero stati preventivamente consultati sulla data scelta. Inoltre hanno dichiarato che avrebbero preferito che le scuse si tenessero il primo luglio 2023. Questa data, infatti, è molto significativa perché segna i 150 anni dall’abolizione della schiavitù nelle ex colonie olandesi.

Rotterdam, commemorazione dell’abolizione della schiavitù – Nanopress.it

Johan Roozer, il presidente del Comitato per la commemorazione della schiavitù in Suriname, ha commentato alla stampa che secondo lui il premier olandese ha preferito la data di dicembre rispetto a quella di luglio perché “la situazione politica nel Paese sta cambiando”. Il riferimento è ai partiti di estrema destra che sono contrari alle scuse.

Secondo i media locali, il governo olandese potrebbe annunciare un fondo da 200 milioni di euro per promuovere maggior consapevolezza sul ruolo avuto dal Paese nella schiavitù. Altri 27 milioni potrebbero essere stanziati per aprire un museo dedicato proprio a questo periodo storico.

“Tutto questo rappresenta una sorta di riconoscimento del fatto che il Paese, che è ancora una monarchia democratica, è pronto a parlare del passato. In pratica tutto ciò che i Paesi Bassi hanno rubato alle ex colonie, in particolare al Suriname, l’hanno portato via attraverso la schiavitù”. A dirlo a Al Jazeera è stato Colin de Bie, un ragazzo di 27 anni con origini olandesi e del Suriname.

Secondo de Bie, questo discorso rappresenterà un modo per capire meglio cosa sia realmente accaduto in passato. Ad ogni modo, secondo lui bisognerà domandarsi anche “quali saranno i prossimi passi per il futuro”. Il riferimento è a ipotetici investimenti nelle ex colonie e a eventuali aiuti per supportare i discendenti degli ex schiavi. “La comunità nera e i creoli ancora soffrono le conseguenze del passato”, ha detto.

Un pò di storia

I Paesi Bassi iniziarono a essere coinvolti nella schiavitù nel 17esimo secolo, quando la tratta e il commercio di schiavi lungo la rotta transatlantica era già praticata da Spagna e Portogallo.

L’impero olandese iniziò a colonizzare parti di Sud America e Caraibi e comprò in Africa quelli che al tempo erano schiavi, per poi farli lavorare zucchero, cotone e nelle piantagioni di caffè in queste terre. Oltre mezzo milioni di persone native del continente africano furono sfruttate. Anche in Asia le persone furono rese schiave e mandate dal Myanmar all’Indonesia.

Un’altra immagine della commemorazione – Nanopress.it

Nel 1863 l’Olanda abolì finalmente la schiavitù, essendo uno dei pochi paesi in cui ancora esisteva. Nel Suriname, ad esempio, ci vollero dieci anni per un’abolizione effettiva.

Le discussioni riguardo al chiedere scusa iniziarono nel 2020 con il movimento Black Lives Matter negli Usa. Il passato coloniale è una delle cause del persistente razzismo di oggi nel Paese. In ottobre, due anni dopo, il Parlamento ha sostenuto la decisione di chiedere formalmente scusa. Anche la monarchia è d’accordo.

Chi ha origini olandesi e anche di Stati ex colonie auspica che oltre al riconoscimento formale, nelle scuole l’istruzione sia più consapevole e profonda rispetto alla tematica della schiavitù.

Diana Sarti

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