È stato rinvenuto alle porte di Roma un grande giacimento di litio, metallo soprannominato “oro bianco”, che si prospetta avrà nei prossimi tempi un ruolo sempre più focale nei mercati mondiali di materie prime, eppure l’Italia non sembra avvedersi di questa grande opportunità.
La miniera laziale potrebbe costituire una grande risorsa per lo Stivale nel percorso di ridefinizione dei processi produttivi in seno alla transizione ecologica avviata dall’Unione Europea, tuttavia Roma non possiede conoscenze e capacità atte alla sua estrazione e lavorazione.
L’elettrico è il futuro: questa è la strada intrapresa dall’UE anche per raggiungere l’indipendenza energetica da Mosca (come da altre nazioni dai regimi poco rassicuranti) nonché per divenire un polo internazionale di eccellenza nel mercato delle rinnovabili e dell’energia pulita. Da ciò deriva anche la delibera comunitaria dello stop alla vendita di nuove autovetture a combustione interna entro il 2035.
Ora in Italia, precisamente nell’area del pozzo Cesano 1 alle porte di Roma, è stato rinvenuto un grande giacimento di litio. Questo minerale è definito “oro bianco” in quanto è fondamentale proprio nell’industria dei veicoli elettrici. Per il Bel Paese potrebbe essere l’opportunità di divenire un importante esportatore mondiale di un metallo sempre più richiesto.
Proprio la domanda europea in crescita, dovuta alla conversione elettrica in primo luogo del mercato delle auto, dovrebbe portare ad un aumento di circa il 25% rispetto alla domanda del materiale qui in oggetto. Per comprendere plasticamente la centralità del minerale, basta forse ricordare come questo si sia apprezzato del 280%, toccando i 75 mila dollari a tonnellata.
Nonostante ciò, questo tesoretto in potenza per Roma dovrebbe restare tale: un tesoro in potenza. A tramutarlo in atto, e non ad italico vantaggio, dovrebbe essere la multinazionale estrattiva australiana Vulcan Energy Resources.
L’Italia infatti non ha competenze e strumenti per avere libero accesso al possedimento sotterraneo, vedendosi costretta a cedere all’azienda oceanica il lasciapassare per effettuare le prime rilevazioni e ricerche nei luoghi estrattivi. Oltretutto il giacimento romano presenterebbe una concentrazione molto alta di litio, sui 350 milligrammi per litro, una delle più abbondati sul planisfero.
L’inefficienza dello Stivale genera così un esempio in controtendenza rispetto alle scelte di altri stati: molti di questi, intuendo il ruolo strategico economicamente e politicamente (specie nell’era di protezionismo delle risorse che sembra aprirsi) del metallo, stanno nazionalizzando le proprie miniere, come ha recentemente fatto il Messico, per citare un caso.
La motivazione di queste misure è alquanto chiara: evitare di divenire succubi di potenze straniere, le quali potrebbero avvinghiare con le loro spire non solo le risorse esportate, ma addirittura quelle presenti nel sottosuolo di un paese estero, come sta facendo la Cina per molti giacimenti dell’Africa subsahariana.
“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”: chissà che le lacrime nostrane non favoriscano l’estrazione nazionale dell’oro bianco italiano.
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