Meno di una settimana e giugno sarà finito, anche per Giorgia Meloni, la presidentessa del Consiglio, che non ha vissuto e non vivrà il più bel periodo da quando siede nella poltrona più ambita di Palazzo Chigi. Oltre ai problemi per la ratifica del Mes, che dovrebbe slittare a settembre, ma non è detto, al caso della sua ministra del Turismo, la senatrice Daniela Santanchè, la premier dovrà affrontare anche il probabile addio, dopo appena tre mesi, dell’attuale capo ufficio stampa, Mario Sechi, destinato secondo i più alla direzione di Libero.
Ma non c’è solo questo, in effetti, a rendere complicato l’inizio dell’estate della leader di Fratelli d’Italia. Gli attriti con la Lega sul Meccanismo europeo di stabilità non sono gli unici a preoccupare Meloni, che ancora deve trovare un commissario straordinario per l’alluvione in Emilia Romagna, e deve capire anche se sia effettivamente possibile togliere il canone Rai dalla bolletta come vuole il segretario federale del Carroccio, Matteo Salvini. Se non bastasse, poi, mercoledì c’è il Consiglio europeo e da oggi inizia anche la discussione al Senato del disegno di legge sull’autonomia differenziata, molto più caro ai leghisti che al gruppo della premier, con le opposizioni, in particolare il Partito democratico, che ha già annunciato battaglia.
Dal Mes all’autonomia differenziata, passando per il caso Santanchè e l’addio di Sechi: Meloni si prepara a un fine giugno rovente
Giugno non è stato il mese di Giorgia Meloni. Iniziato (quasi) con la morte di Silvio Berlusconi, numero uno di Forza Italia e una sorta di ago della bilancia nel governo della prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, sembra dover finire con le stesse difficoltà.
Innanzitutto al 30 giugno è ancora calendarizzata alla Camera la discussione del disegno di legge che permetterebbe al Parlamento, e quindi all’Italia di ratificare il Mes dopo mesi e mesi di ritardo rispetto agli altri Paesi dell’Eurozona. Come più volte raccontato, l’idea della leader di Fratelli d’Italia è quella di rimandare quanto più possibile l’approdo in aula del testo base, che ha già ricevuto il prima via libera, senza il supporto della maggioranza, assente ai lavori, in commissione Esteri. Nonostante, però, anche lei abbia specificato come ora non sia il momento giusto, le opposizioni, e in particolare il Partito democratico di Elly Schlein e il terzo polo non la pensano allo stesso modo, e quindi quello slittamento auspicato potrebbe anche non arrivare.
Per carità, è difficile, nei fatti, con le forze che appoggiano l’esecutivo non rischiano nel loro intento, specie perché tra i più agguerriti ci sono sicuramente i deputati della Lega, contrari da sempre all’approvazione del fondo salva Stati. Il capogruppo a Montecitorio del Carroccio, Riccardo Molinari, proprio ieri, ha ribadito che “è difficile immaginare che il Mes possa arrivare in aula entro il 30 giugno“. Sicuro però è che le esternazioni degli esponenti del partito di via Bellerio, tra cui figura anche il segretario federale (e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e vicepremier), Matteo Salvini, potrebbero complicare non poco i negoziati con l’Unione europea della capa del governo sul Patto di stabilità e unione bancaria.
A proposito di Bruxelles, dopo aver riferito ai due rami del Parlamento, mercoledì Meloni volerà anche in Belgio per un Consiglio europeo in cui si discuterà di Ucraina, Net-Zero Industry Act e Critical Raw Materials Act, ma anche competitività e rapporti internazionali, tra materie prime critiche e intelligenza artificiale, ma in cui ci sarà anche modo di parlare di altro.
E di altro, ancora, si dovrà parlare nel Consiglio dei ministri previsto per domani, e dopo che l’ultimo è slittato per “impegni personali” della leader del centrodestra, anche se qualcuno ha raccontato che il motivo non fosse proprio quello, ma una certa insofferenza nei confronti della Lega e del suo numero uno. Anche e soprattutto sulla nomina del commissario straordinario per l’alluvione in Emilia Romagna che, a più di un mese dal disastro, ancora non è stato scelto per dei problemi nell’esecutivo, e nella fattispecie tra Meloni e Salvini che non si mettono d’accordo su chi sia il profilo giusto tra un tecnico e un politico.
Ci sono, poi, ancora due questioni che non mettono d’accordo Fratelli d’Italia e il Carroccio, o meglio su cui ci sono delle distanze tra i due principali schieramenti della maggioranza. Uno riguarda il disegno di legge sull’autonomia differenziata di Roberto Calderoli che da oggi approderà per la discussione generale in aula al Senato: l’indicazione del Capitano è quella che venga approvato prima delle europee, i meloniani storcono un po’ il naso, e le opposizioni, che fin da subito non hanno sposato il progetto, hanno ancora una volta hanno promesso battaglia, e stavolta potrebbero addirittura spuntarla, almeno in un primo momento.
L’altro tema rovente, invece, è sul canone Rai. L’abolizione della retta per la tv di Stato è un altro dei cavalli di battaglia di Salvini, con la presidentessa del Consiglio che, ancora, non vede di buon occhio l’iniziativa, se non altro perché svuoterebbe le casse. Il ministro dell’Economia, che è anche il secondo del vicepremier in Lega, Giancarlo Giorgetti sta studiando un lavoro di mediazione con l’amministratore delegato e il direttore generale, Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, con l’obiettivo almeno di rimuoverlo dalla bolletta, scelta fatta dall’esecutivo di Matteo Renzi che ha evitato l’evasione della tassa del tempo, e che ora potrebbe portare a un gettito di 200-250 milioni di euro in meno, troppi per Meloni, ma anche per l’Agenzia delle Entrate.
Nel giugno caldissimo della premier, sono arrivati anche altri due problemi. Quello sollevato da Report sulle aziende della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, che dovrà rispondere in Senato delle accuse mosse dalla trasmissione di Sigfrido Ranucci (e poi chissà) – e per volere anche degli alleati -, e l’addio prematuro del capo ufficio stampa, Mario Sechi.
Per quanto riguarda la prima, dopo aver confermato che si presenterà a Palazzo Madama, la senatrice di Fratelli d’Italia, anche oggi, ha ribadito che risponderà su tutto: “Sono 23 anni che faccio politica, ci ho sempre messo la faccia“. Per lei, per altro, non ci sono problemi per il fatto che la maggioranza di cui fa parte abbia chiesto chiarimenti, anzi, per Santanchè il centrodestra è anche più compatto di prima: “Dovete cercare altre cose per far sì che la maggioranza non sia compatta“, ha risposto ai cronisti che poi le hanno chiesto se si dimetterà, e lei ha quasi fatto spallucce. “E su che cosa? Sia serio. Andiamo dietro a Report?“, ha detto la ministra che serena non è perché, ha concluso, “porta sfiga“.
Quanto al giornalista, arrivato alla corte di Meloni solo a marzo dall’Agi, secondo quanto hanno raccontato per primi da Dagospia, non è mai entrato in sintonia con l’eterna segretaria Patrizia Scurti, oggi capo della segreteria particolare, e la storica portavoce Giovanna Ianniello, oggi coordinatrice della comunicazione istituzionale, e sarebbe pronto ad accettare il ruolo di direttore di Libero al posto di Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri, che invece torneranno al Giornale, da poco passato dalla famiglia Berlusconi a quella di Antonio Angelucci, uomo della Lega che mai ha messo piede in Parlamento. In lizza per il ruolo che è di Sechi ci dovrebbe essere Daniele Capezzone, collaboratore della Verità.