Tutto cambia perché nulla cambi. Dopo 24 ore di passione, il M5S al Parlamento Europeo rimane nello stesso gruppo dell’EFDD da cui aveva votato l’uscita il giorno prima. Il no dell’ALDE, l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, arrivato per bocca del capogruppo, il belga Guy Verhofstadt, ha costretto Beppe Grillo a fare marcia indietro e a cercare un nuovo accordo con Nigel Farage. Gli eurodeputati del M5S hanno cosìvotato per rimanere nell’EFDD, mentre fonti vicine all’Ukip, riportate da Repubblica, parlano di una telefonata tra l’ex comico e il britannico. L’alleanza sarebbe stata rinnovata ma pare a condizioni molto dure: Farage avrebbe chiesto a Grillo di far muovere il M5S su posizioni più euroscettiche, oltre che anti-euro, togliendo al movimento il margine di autonomia che ha avuto finora.
Il piano originario di Grillo puntava a dare maggiore visibilità e autonomia al movimento e l’accordo con l’ALDE, poi rigettato, aveva questo obiettivo, oltre ad assicurare al M5S tutti i soldi pubblici dell’UE. A conti fatti, il leader pentastellato ha ottenuto l’esatto contrario: non ha lasciato il gruppo politico che, alla prossima legislatura, rischia di sparire (l’Ukip non dovrebbe ripresentarsi visto che ha voluto e ottenuto la Brexit), non ha avuto la garanzia di accedere a tutti i fondi europei, non ha avuto più peso politico e soprattutto rischia di avere meno autonomia.
La base è in rivolta. In molti criticano la strategia del “capo politico” che, insieme a Davide Casaleggio, ha promosso e lavorato alle trattative con l’ALDE in segreto, senza darne notizia a molti eurodeputati, ha deciso di far votare l’accordo in meno di 24 ore, ha incassato un sì che sembra enorme ma che, numeri alla mano, non lo è, ha diviso il movimento per poi ricevere il no da Verhofstadt e ritornare da Farage, più debole di quando tutto è iniziato.
Il no di Verhofstadt: ‘Troppe differenze’
Grillo avrà anche le sue colpe innegabili, ma chi esce peggio da tutta la vicenda è Guy Verhofstadt, ex premier belga e capogruppo ALDE, che ha siglato il pre-accordo con il M5S per poi dire no al loro ingresso nel gruppo dopo il sì degli iscritti al movimento. Poche ore dopo la chiusura delle votazioni, è stato lui stesso a dare la notizia, rinunciando all’alleanza con il movimento di Beppe Grillo. “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa”, ha dichiarato l’ex premier belga. “Non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo ALDE. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave”, ha ribadito.
Il leader del M5S ha risposto con un post sul blog in cui dà la colpa all’establishment per il mancato accordo. “L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo”, si legge nello scritto a firma Movimento 5 Stelle. “Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco. La delegazione del MoVimento 5 Stelle in Parlamento Europeo continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il DDM (Direct Democracy Movement).”.
Il voto online del M5S
Il no di Verhofstadt rende così vano il voto online sul blog a cui hanno partecipato 40.654 iscritti certificati. “Ha votato per il passaggio all’ALDE il 78,5% dei votanti pari a 31.914 iscritti”, si legge sul blog. Il voto non ha placato le polemiche interne del Movimento 5 Stelle sulla proposta di Grillo. Nella giornata di domenica 8 gennaio l’ex comico aveva pubblicato a sorpresa un post sul blog dove lanciava le votazioni online, chiuse alle 12 di lunedì 9 gennaio. La scelta ha diviso il movimento e molti esponenti di primo piano come Carlo Sibilla o Nicola Marra si sono scagliati contro la proposta in quello che la stampa ha definito la svolta europeista del M5S, da sempre anti UE, stigmatizzando anche la modalità utilizzata.
La scelta del leader pentastellato è indicativa della nuova fase da capo politico. Il M5S si è sempre schierato contro l’attuale Unione Europea, tanto da allearsi con gli euroscettici e i partiti della destra per eccellenza, mentre Grillo chiedeva di allearsi con il gruppo più eurocentrico. In più, la modalità usata (pubblicare un post per aprire le votazioni senza una discussione interna) ha lasciato molti scontenti, a partire dagli stessi eurodeputati che non ne erano informati.
L’addio di Grillo a Farage
Mezz’ora dopo il voto sul blog del movimento è apparsa anche una lettera a firma di Beppe Grillo diretta a Nigel Farage, per ufficializzare l’addio. Il post, dal titolo “Dear Nigel”, è breve e diretto. “Le nostre strade si sono divise“, scrive il leader pentastellato che ricorda la “vittoria della battaglia principale di UKIP: l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea”, definita “un risultato epocale”. La decisione di separarsi è arrivata per “poter affrontare con più concentrazione entrambi, noi e voi, le prossime sfide”, con l’augurio che “le nostre strade si incrocino ancora, magari quando sarai ambasciatore del Regno Unito negli Stati Uniti, come ha auspicato il Presidente eletto Trump. Questo mondo riusciremo a cambiarlo”, conclude.
L’accordo con l’ALDE prima del voto?
A gettare benzina sul fuoco delle polemiche arriva la lettera firmata da cinque docenti e pubblicata sul Medium.com dal titolo “Mr. Verhofstadt, lasci stare” in cui si riporta il testo dell’accordo tra M5S e ALDE ottenuto in via confidenziale (qui il testo completo). Nella lettera il portavoce, Alessandro Fusacchia, ex capo di gabinetto del Ministero del’Istruzione, chiede al capogruppo di ALDE, il belga Guy Verhofstadt, di non “fare accordi con Beppe Grillo” e “non unirsi dietro le quinte col Movimento 5 Stelle”. In calce è infatti riportato il documento dell’accordo siglato in data 4 gennaio 2017, cioè 4 giorni prima della votazione online.
Il testo prevede quattro punti: “il rinnovamento della democrazia europea”; la “riforma dell’eurozona”; “diritti e libertà”; “opportunità senza frontiere”.
Il post di Grillo
Tutto parte dal post comparso domenica 8 gennaio. Il motivo che spingerebbe l’ex comico verso il gruppo dei liberali risiederebbe nel peso politico che il M5S avrebbe in UE: con il loro ingresso il gruppo sarebbe la terza forza a livello numerico e potrebbe contare molto di più.
“I recenti avvenimenti europei, come la Brexit, ci portano a ripensare alla natura del gruppo EFDD. Con lo straordinario successo del Leave, Ukip ha raggiunto il suo obiettivo politico: uscire dall’Unione europea. Parliamo di fatti concreti: Farage ha già abbandonato la leadership del suo partito e gli eurodeputati inglesi abbandoneranno il Parlamento europeo nella prossima legislatura. Fino ad allora, i colleghi inglesi saranno impegnati a valorizzare le scelte che determineranno il futuro politico del Regno Unito”, si legge nel post.
“Abbiamo studiato le percentuali di voto condiviso con Ukip e le altre delegazioni minori: la cifra non supera il 20%. Molto poco. Rimanere in EFDD equivale ad affrontare i prossimi due anni e mezzo senza un obiettivo politico comune, insieme a una delegazione che non avrà interesse a portare a casa risultati concreti”, continua.
Da qui la proposta di allearsi con l’ALDE. Prima di loro, spiega il post, si era tentata la strada dell’alleanza con i Verdi che però hanno rifiutato per “non sbilanciare il gruppo”, scrive Grillo.
La scelta dei liberal-democratici, continua il post, non è dovuta solo ai numeri. C’è anche la condivisione di temi importanti come “i valori di democrazia diretta, trasparenza, libertà, onestà; totale e indiscutibile autonomia di voto; partecipazione dei cittadini nella vita politica delle Istituzioni europee; schieramento compatto nelle battaglie comuni come la semplificazione dell’apparato burocratico europeo, la risoluzione dell’emergenza immigrazione con un sistema di ricollocamento permanente, la promozione della green economy e lo sviluppo del settore digitale e tecnologico con maggiori possibilità occupazionali”. Il loro ingresso, specifica ancora il post, farebbe cambiare nome al gruppo che diventerebbe il gruppo DDM (Direct Democracy Movement) “un progetto ambizioso che apre a un futuro in cui sempre più realtà europee condivideranno il valore della democrazia diretta”.
L’alternativa sarebbe di rimanere con l’EFDD o confluire nel gruppo dei Non Iscritti, cioè con i parlamentari senza un gruppo politico. “Significa occupare una poltrona con le mani legate: significa non poter lavorare”, conclude il post.
La svolta europeista del M5S
Come anticipato, le polemiche interne al M5S nascono sia per la modalità scelta da Grillo sia per i contenuti politici della proposta. Il movimento è alleato dal 2014 (cioè dal loro ingresso all’europarlamento) con il gruppo dell’EFDD che riunisce i principali partiti euroscettici tra cui l’Ukip. La politica europea dei pentastellati è stata euroscettica e molto più che critica nei confronti di Bruxelles, tanto che, all’indomani della Brexit, ci furono polemiche per i “mancati” festeggiamenti e per alcune dichiarazioni che sembravano pro UE, mentre Grillo definì il voto un “successo straordinario”. Allearsi con i liberal-democratici dell’ALDE significa fare un cambiamento netto in una svolta europeista che poco c’entra con il M5S che abbiamo conosciuto.
L’ALDE (Alliance of Liberals and Democrats of Europe) è un gruppo che unisce il Partito Liberale, il Partito Democratico Europeo (di cui è co-presidente Francesco Rutelli) e unisce piccoli gruppi di altri partiti di centro provenienti da 11 paesi europei: tra loro si contano anche i deputati dello spagnolo Ciudadanos e i francesi di Movimento Democratico e non ci sono iscritti italiani.
L’attuale capogruppo è l’ex premier belga Guy Verhofstadt: veterano della politica, è uno dei maggiori esponenti della politica di centro e anche uno dei più accesi oppositori alla politica di Vladimir Putin, specialmente per la questione Ucraina, oltre a essere fautore di un politica fortemente eurocentrica (ha scritto un libro dal titolo “The United States of Europe: Manifesto for a New Europe”.
ALDE ha visto la partecipazione di molti partiti italiani, a partire dall’Italia dei Valori (dal 2004 al 2014) passando per gli eletti con la Margherita e i Radicali (2004-2009) fino a tutto il PD con la segreteria di Matteo Renzi che nel 2009 ha portato i dem nel gruppo dei Socialisti Europei.
La proposta di Grillo non è piaciuta alla base (che pure ha votato a favore) ma anche a esponenti di spicco. Sibilla, responsabile Cultura e Ricerca del direttorio, e Morra, ex capogruppo al Senato, hanno usato Twitter per esprimere la loro contrarietà.
Chi ha dichiarato il suo voto contrario è stato l’eurodeputato M5S Marco Zanni che ha puntato il dito contro il contenuto politico della proposta e contro la modalità usata da Grillo, con un “post sorpresa” di cui non sapeva nulla.
Non si è esposto invece Alessandro Di Battista, che ha fatto solo un post neutro che invita a votare “una delle tre opzioni”, mentre Luigi Di Maio si schiera con Grillo, riportando sul suo profilo Facebook il post della proposta.
Farage contrario: ‘Scelta illogica’
Al coro dei no si è unito anche l’ex alleato Nigel Farage. Abbandonato l’Ukip dopo la vittoria della Brexit, l’ex segretario ha commentato a Repubblica la proposta di Grillo. “Ho il sospetto che, se il Movimento 5 Stelle entrerà a far parte dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, il consenso per il partito di Grillo non durerà a lungo“, ha dichiarato al quotidiano.
Anche loro per di più non erano informati di questo cambio. “Non sapevamo niente di questo voto indetto da Grillo per decidere con chi allearsi a Strasburgo. E per la verità non ne sapevano niente nemmeno molti parlamentari europei dello stesso Movimento”.
Farage contesta la scelta di andare con l’ALDE. “Da un punto di vista politico, sarebbe completamente illogico per il Movimento 5 Stelle scegliere di unirsi al gruppo più fanaticamente filo-europeo del parlamento di Strasburgo. L’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa non appoggia l’uso dei referendum, né il fondamentale principio della democrazia diretta. E l’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa è anche la voce più forte all’interno del parlamento europeo a favore della creazione di un esercito della Ue. Tutte posizioni in contrasto con quelle del Movimento 5 Stelle, mi pare”.
“Sia l’Ukip che il Movimento 5 Stelle, naturalmente, sono liberi di scegliere di rimanere parte di un’alleanza politica o di lasciarla. Certo è curioso che alcuni parlamentari europei del partito di Grillo, da quanto ci risulta, vorrebbero categoricamente restare nel gruppo Europe of Freedom and Direct Democracy, cioè insieme a noi. Ma siamo persone adulte e facciamo loro i migliori auguri”, conclude.
Dopo la proposta di Grillo, è tornato virale tra gli attivisti un post di luglio 205del gruppo M5S in Europa contro Guy Verhofstadt in cui lo definivano “impresentabile” e uno di coloro da “cacciare” dal parlamento europeo, nonché “il politico che più dentro al Parlamento europeo incarna l’euroStatocentrismo“. A lui il sito aveva dedicato più articoli, pubblicando stralci del dossier “Whose representatives?” commissionato dalle tre ONG europee Friends of the earth Europe, Corporate Europe Observatory e LobbyControl. Oltre alla politica eurocentrica, Verhofstadt veniva dipinto come “l’eurodeputato che colleziona poltrone”, e che “ha dichiarato di far parte di sette fra Comitati e consigli di amministrazione, incarichi che gli portano in tasca un reddito complessivo non inferiore a 12.003 euro al mese, inclusi i compensi che provengono da due grandi società belghe, Exmar e Sofina”.
Anche all’interno dell’ALDE ci sono i primi no a un’alleanza con il movimento di Grillo a cui però Verhofstadt ha aperto. Il capogruppo ha infatti invitato a lavorare in un’ottica distensiva per accogliere il movimento italiano, scatenando forti malumori. Eppure, lo stesso politico belga si era detto contro il M5S al momento del suo ingresso al Parlamento Europeo in post su Facebook che oggi è stato rimosso (la rete non dimentica).
Lo stesso movimento, nel post in cui si votò per la scelta del gruppo in UE dopo le elezioni nel 2014, definì l’ALDE “il gruppo più europeista e federalista esistente al PE, ha espresso una posizione unitaria, la quale tuttavia ha considerato i sette punti per l’Europa del M5S come “completamente incompatibili con la loro agenda pro-Europa” definendo il M5S “profondamente anti europeo” e il suo programma “irrealistico e populista”.
Cosa c’è dietro la svolta europeista del M5S
Analisti politici e non solo stanno notando come la proposta di Grillo arrivi a due giorni dalla candidatura ufficiale di Guy Verhofstadt a presidente del Parlamento Europeo dopo l’addio di Martin Schulz (impegnato per le elezioni in Germania) e la doppia candidatura italiana. A sostituirlo si sono infatti candidati Gianni Pittella per il PSE e Antonio Tajani per il PPE: con l’ingresso nei liberali, il nuovo gruppo sarebbe la terza forza politica in Parlamento, con finanziamenti e peso politico di gran lunga maggiori rispetto all’attuale situazione.
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