I tifosi, gli appassionati e gli addetti ai lavori la cercano prima dei grandi eventi con cura, ma raramente la trovano davvero. Stiamo parlando della grande sorpresa del Mondiale, quella per cui poi tutti iniziano un po’ all’improvviso a tifare. E stavolta quella sorpresa ha un’identità e un sapore ben preciso, ma anche un’idea di calcio meravigliosa, moderna e che in pochi sono riusciti a esprimere in questa competizione, attesa da quattro anni. Ziyech e compagni hanno stupito e siamo certi che continueranno a farlo, mentre i tifosi in tutto il mondo sono in festa. Non è un po’ anche questo il significato dei Mondiali!?
Ma che mondo sarebbe senza sorprese? Molto brutto, vi diciamo la verità. E allora ben venga il Marocco, almeno per noi italiani che in gara non ci siamo mai stati. Non la penseranno allo stesso modo gli spagnoli che hanno fatto le spese dell’esuberanza e dell’abnegazione marocchina, con la giusta dose di talento. Ora, però, arriva un’altra prova, ancora più difficile, quella dei quarti di finale. Sì, tra le migliori otto al mondo. Complimenti. A prescindere e grazie a un tifo meraviglioso. Che è gioia, come è felicità il calcio straripante degli africani.
Lo sentite quell’odore? La sentite quell’essenza? Odore di calcio vero, di pubblico, di identità. Di quella che ti resta lì impressa e non la togli mai. E non vorresti toglierla mai. Allora, andiamo con ordine. Il Marocco è veramente la migliore storia di questo Mondiale, forse fino a diventare anche leggenda. E la protagonista. Poi se arrivasse in finale non ne parliamo… Fino ad ora, tutti promossi. Anche per la freddezza e per un pizzico di fortuna che serve sempre.
Il girone già non era semplice, eppure gli africani, all’ultimo dettaglio di un percorso pieno di dettagli, hanno fatto centro e hanno staccato il pass per entrare nella loro storia. E in quella un po’ di tutti. Sì, perché l’immagine di quei rossi così felici, esultanti, ricchi di gioia difficilmente ce la togliamo dalla lista. Come quello scavetto, un po’ acerbo e già tanto esperto di Achraf Hakimi. Lui sì che ha fatto centro. L’ex calciatore dell’Inter non sarà ancora arrivato al suo massimo splendore durante i 90 minuti, però quando contava di più si è preso la responsabilità e ha risposto presente. Per poi esultare come fanno i bambini, con tutta la purezza del mondo e realizzando un sogno di un popolo intero.
Che intanto esultava, si riversava in strada – o almeno ci prova – si abbracciava e si amava. Perché cosa c’è di più innamorato dei tifosi della propria Nazionale? Nulla. E cosa ci deve essere? Questa è una favola e gli africani non hanno alcuna voglia di svegliarsi. Che la meraviglia droga e vorresti che l’astinenza non arrivasse mai, ma neanche l’overdose. Sì perché Hakim Ziyech e compagni ora rischiano di scottarsi, contro un Portogallo che è ben lanciato per arrivare tra le primissime di questo torneo.
Cristiano Ronaldo e compagni – o meglio Goncalo Ramos e compagni – sono avversario temibile, super temibile. E anche temuto. I sei gol degli ottavi di finale hanno mostrato tutti i pregi di una squadra fatta per vincere. O almeno così sembra per la qualità che riescono a esprimere tra centrocampo e trequarti. Sì, ma sulla prossima tappa del suo destino c’è un Marocco violento. Ma non nel senso fisico e neppure quello mentale. Il Marocco vi si spalma sul muso da lontano, ti avvolge e ti stupisce. Senza chiedere il permesso. E poi ne vorresti sempre di più. Sarà la sfida tra due storie bellissime, sarà una sfida per la storia. E poi sarà una delle due che accede alla semifinale e all’altra che se ne torna mestamente a casa.
È un luna park, è veramente la bellezza. È semplicemente la corsa e il talento che si miscelano in una squadra letale. Non molto cinica, ma letale. Che se ti punta ti fa male e va a duemila all’ora. E che ne dimostra sempre tante, talmente tante che ti viene quasi voglia di considerarla una big e non una sorpresa. Non più e scusate per l’errore. Ma ora entriamo nel vivo della strategia e dei singoli di una squadra che – diciamo la verità – ci ha fatto innamorare.
I sogni, però, diventano reali solo quanto si trasformano in progetti. E il progetto, il fuoco sacro di questo Marocco lo stiamo vedendo chiaramente. E non è una cosa nata di recente, ieri o l’altro ieri. È una questione di identità, di nuove identità e di valorizzare la mole di talento che si ha a disposizione. E di compattezza pure, di legna e noi italiani lo sappiamo bene, per come abbiamo vinto nel 2006.
Quindi partiamo dalla fine e dall’attacco che quel maghetto di Regragui ha a disposizione. C’è Ziyech in quell’attacco. Che al Chelsea potrà pure essere uno dei tanti, e mai quello della vita, ma con la maglia rossa si trasforma e diventa unico. Ha un tecnica rara, da calciatore di primissimo livello. Dal talento, quello vero e le gambe snodate, capaci solo di magie e prodezze. Chiariamoci, partendo così da lontano ogni tanto soffre tutto il campo che deve macinare. Poi però quando è il Marocco a prendere campo e lo riesce a servire sui piedi diventa letale. Anche perché il mancino è educatissimo, ma neanche il destro ci scherza.
Lo Ziyech del Mondiale è quello dell’Ajax, la versione vietata ai minori di diciotto anni. La specialità è l’assist, ma forse ancora di più i calci piazzati e gli assist in generale. Da grandissima squadra e da grandissimo Marocco. Sia mai che le italiane ci facessero un pensierino a prenderselo uno così, che poi da noi farebbe benissimo con quelle caratteristiche. Che sia l’Inter, il Milan o anche la Roma, le sue prodezze non farebbero per niente male al nostro stupore squisitamente greco o anche solo alla capacità di stupirsi.
Uno che dall’Inter c’è passato e ha anche lasciato un bel segno sopra è Hakimi. La gemma e la speranza di questo Marocco, l’incredibile voglia di vincere. Una vittoria che in Italia ha avuto il sapore dello scudetto, e in Francia quello della Ligue 1. Ma lui vorrebbe di più, ancora di più che sia la Champions League o che sia il Mondiale. E sta facendo anche il necessario. Lui sulla fascia destra è semplicemente inarrestabile. Magari non sta impressionando in dribbling come al solito, ma la velocità è indiscutibile e la fase difensiva pure. Che la scuola di Antonio Conte ha dato i suoi frutti. Ora Hakimi è diverso da quel laterale marocchino, anche un po’ da far maturare con calma e dalla velocità supersonico. È un giocatore più realizzato, più solido, dalle spalle più larghe. Lui quella fascia la adora e non se ne discosta mai, come fosse la sua pietra filosofale, il suo cartello stradale a senso unico e quella terra prossima che porta all’assist e al gol.
Contro la Spagna, Hakimi ci ha mostrato un volto ancora più unico, quello di un calciatore che non molla mai e ha un peso talmente importante da andare a battere un rigore, che non sa calciare, per il passaggio ai quarti di finale di un Mondiale. L’ha fatto con tutta la sua sfrontatezza, l’incoscienza di un ragazzino e quella strafottenza che hanno solo i campioni. L’ha fatto con uno scavetto che non sarà quello di Totti o quello di Zidane, che sembrava più quello di Felipe Melo, ma è stato comunque speciale. Perché il portiere si è tuffato e lui ha gonfiato la rete. Con tutto ciò che ne è seguito. Giusto così, ancora per l’amore.
Sì perché il bacio alla mamma è una delle fotografie migliori che ci lasceranno queste settimane. È l’incredibile momento di capire cosa si è fatto mentre lo si è appena fatto, che è comunque una fortuna. È un grazie quasi blasfemo alla propria storia, alla nascita di un mito. E farne parte con chi ami è come se trasferisse il miracolo in tutto ciò che ci circonda. Bravissimo, Achraf. Veramente. E non sarà un caso se, nonostante l’addio, la passione dei tifosi dell’Inter per lui è rimasta immutata. È tutto ciò che serve a questo Marocco, a quest’incredibile senso di rivincita sociale e calcistica che sta spaccando in due questa competizione.
Ma non finisce così, che non abbiamo parlato neppure di tutti gli esterni strepitosi che stanno facendo vibrare i campi del Qatar. Un po’ più dietro c’è il campione umile di questa grande squadra. C’è il signor Mazraoui che è calciatore di enorme qualità, di sostanza e di prospettiva. È quel campione, però, che non ha alcuna voglia di disperdersi nel lusso sfrenato ma che è soprattutto umile. Quando gli è stato chiesto di spostarsi a sinistra, che a destra c’era già Hakimi, non ha esitato. E le difficoltà le ha trovate, che non è di piede mancino e sicuramente non è il suo meglio.
Eppure, zitto zitto, si è impadronito del ruolo, anche dopo qualche brutta figura ma ci stava. E di errori poi ne ha fatto ben pochi, dando anche il suo pizzico di istinto offensivo alla manovra. In difesa pochi momenti no, e tante coperture di primo livello. Uno dei punti di forza di questo Marocco è sicuramente lui, anche se sta un po’ più nell’ombra.
Un po’ più avanti, ma sempre davanti a lui, c’è un super giocatore, spesso sottovalutato, ma dalla qualità sopraffina. Boufal, se è in giornata, non si tiene. Ed è anche un giocatore completo per quello che serve a un’ala. Dribbla e lo fa come si deve fare: comandando. Salta l’uomo e con il terzo occhio guarda già alla porta. Come fosse il suo destino o la sua predilezione. Anche contro la Spagna, la sua dose di benedizione semi divina l’ha messa in campo e gliene siamo grati. Poi, è vero, in zona gol è tutt’altro che cinico. Non è freddo, non è tanto lucido e non ha neanche tutta questa voglia di segnare, che tanto lui serve ad altro. E poi a ritmi supersonici. Che questo conta e lo sanno tutti.
Lo sa anche Amrabat. E lui lo conosciamo bene che in Italia ce lo godiamo, ma non troppo, da anni. Ora sta facendo le fortune della Fiorentina, ma neanche così tanto, però con il Marocco ci ha dimostrato che meriterebbe quasi un’occasione con una grande squadra. Sa fare praticamente tutto Amrabat: corre forse più di tutti, recupera palloni come fosse scartare una caramella e si esalta, Sofian. Macina chilometri, poi torna indietro e riparte. E se palla ce l’ha lui, riesce a metterci anche tutta la qualità del caso. Ogni tanto sbaglia eh, ma finora non ha mai steccato e con una continuità incredibile. Vi ricordiamo che per il ruolo che occupa, centrocampista centrale, è semplicemente essenziale.
Vogliamo rivederlo anche contro il Portogallo, che forse ha il miglior centrocampo – come reparto – del Mondiale. Se supererà anche quella prova, allora il Marocco potrà continuare a sognare. Perché grazia a Amrabat riesce a essere quella squadra che sa chiudere e ripartire. Sa essere europea e internazionale. E, perché no, sa essere tra le migliori al mondo.
Infine, una nota speciale, un abbraccio e un grosso “bravo” a Bono. Il portiere sa come si fa questo mestiere e sa come far vibrare le corde del suo futuro. La Spagna li ha sbagliati tutti, è vero, ma lì ci doveva essere lui a prenderli quei tentativi. E poi quello di Busquets era anche calciato bene, ma la patata e stata straordinaria. Forse tra le migliori del Mondiale. Che poi quasi si fa la storia c’è anche quel retrogusto di irripetibile.
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