Si chiamavano Rosaria Lopez e Donatella Colasanti ed avevano rispettivamente di 19 e 17 anni, le due giovani rapite e seviziate tra il 29 ed il 30 settembre 1976. Rosaria fu uccisa, mentre Donatella riuscì a salvarsi fingendosi morta. Entrambe furono rinvenute nel bagagliaio di una Fiat 127, mentre gli assassini erano a cena.
Questa atroce pagina di cronaca nera è passata alla storia come il massacro del Circeo. E di tale massacro se ne sono macchiati tre giovani rampolli della borghesia romana: Angelo Izzo, 20 anni e studente di medicina, Andrea Ghira, 22 anni figlio di un impresario edile, e Gianni Guido, 19 anni e studente di architettura. I primi due avevano già avuto precedenti per rapina a mano armata. Ma Izzo, un anno prima del massacro, era stato condannato a due anni di reclusione per violenza sessuale su due minori. Una pena mai scontata.
Donatella e Rosaria non avevano le stesse origini agiate di quelli che diventeranno i loro aguzzini. Provenivano dal quartiere popolare Montagnola. Le due giovani conobbero Izzo, Guido e Ghira qualche giorno prima del massacro in un bar dell’Eur. E proprio durante quell’incontro Izzo e Guido proposero a Donatella e Rosaria di incontrarsi qualche giorno dopo per andare ad una festa.
Era la sera del 29 settembre 1976. Donatella e Rosaria salirono insieme ad Angelo e Giancarlo sulla 127 bianca targata Roma e imboccarono la Pontina. Sarebbero dovuti arrivare ad una villa tre piani al Circeo. Appena giunti a destinazione, però, Angelo e Giancarlo mostrarono subito le loro reali intenzioni. Tirarono fuori le pistole e dichiararono di far parte dei clan dei Marsigliesi e che il loro capo, un certo Jaques, gli aveva ordinato di sequestrarle. Giancarlo era in realtà Gianni Guido e Angelo era Izzo.
Donatella e Rosaria vennero chiuse in bagno e per loro inizierà l’inferno: subirono a turno violenze terribili che proseguirono per quasi tutta la notte. Al loro risveglio, i carcerieri tornarono a minacciarle di morte e a comunicare loro che avrebbero dovuto soddisfare anche i desideri sessuali di Jacques, che in realtà era Andrea Ghira. Quest’ultimo, appena arrivato, condusse Rosaria in una stanza al piano di sopra. Donatella poteva sentire le grida dell’amica, fino a quando non la vide tornare con le gambe imbrattate di sangue. Dopo tutte quelle sevizie, Angelo, Andrea e Gianni decisero di ucciderle. Il gioco che avevano cominciato ormai non li divertiva più.
Prima tentarono di soffocare le due giovani dopo averle stordite con del sonnifero. Quel piano, però, fallì miseramente. Rosaria venne così affogata nella vasca da Angelo. Fu poi la volta di Donatella. Andrea Ghira le diede un colpo alla testa per farla cadere a terra. Seguirono calci e pugni. Siccome non moriva, le venne addirittura legato un cappio al collo. Agghiaccianti saranno le testimonianze della ragazza agli inquirenti. La giovane racconterà di aver sentito esclamare sul suo conto: “Madonna ma questa non muore mai”.
Durante un momento di distrazione, Donatella riuscì a chiamare il 113, ma venne intercettata dai suoi aguzzini che tornarono ad inveire contro di lei. Capì così che l’unico modo per sopravvivere sarebbe stato quello di fingersi morta. Così, i tre caricarono lei ed il corpo ormai esanime di Rosaria nel bagagliaio della 127.
Prima di disfarsi dei corpi, però, decisero di cenare in un ristorante. Commettendo un grosso errore. Perché Donatella riuscì a farsi sentire da un metronotte di passaggio.
Donatella Colasanti, che all’epoca dei fatti aveva 17 anni, ricostruì pedissequamente tutta la storia e si costituì parte civile in giudizio.
Il 29 luglio 1976 intervenne la sentenza di primo grado. Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira vennero condannati all’ergastolo, quest’ultimo in contumacia perché scomparso. Il 28 ottobre 1980 venne confermato in appello l’ergastolo per Izzo e Ghira. Mentre per Gianni Guido, grazie ad un suo professato pentimento e un cospicuo risarcimento, la pena venne ridotta a trent’anni. Il 30 dicembre 2005 Donatella Colasanti è stata stroncata da un tumore al seno. Aveva solo quarantasette anni, ma le violenze subite l’avevano irrimediabilmente segnata per sempre.
A partire dal 2002 un giudice riconobbe ad Izzo la possibilità di beneficiare del regime di semilibertà. Nel 2003, poi, venne trasferito nel carcere di Palermo, dove restò per quasi un anno. Lì instaurò un rapporto con un altro detenuto, Giovanni Maiorano. L’uomo, appartenente alla vecchia guardia della Sacra Corona Unita, stava scontando l’ergastolo per aver decapitato un giovane di diciassette anni nel novembre del 1990. Maiorano si convinse che Izzo avrebbe potuto dare un aiuto concreto a Maria Carmela e Valentina, rispettivamente moglie e figlia. Dunque, promettendo al mostro del Circeo alcuni contatti con il mondo della droga, decise di affidargli le sorti di queste ultime. Nel gennaio del 2005, ottenuta la semilibertà, Angelo Izzo incontrò Maria Carmela e Valentina. Ma prima di farlo aveva ordinato a suoi compari Guido e Luca di comprare nastro adesivo, lacci emostatici e due sacchi di calce viva da 25 kg. Inoltre, Izzo si procurò di due paia di manette, di due sacchi dell’immondizia e di due pistole.
Il 28 Aprile 2005 Angelo, in compagnia dell’inseparabile Luca Palaia, conosciuto quando si trovava in regime di semi libertà, passò a prendere a casa Maria Carmela e Valentina. Le due donne avevano preparato borse e valigie per affrontare un fantomatico viaggio in Germania. Prima di partire, però, Izzo comunicò loro che avrebbero dovuto fermarsi nella villa della nonna di Guido. Arrivati a destinazione, Angelo si recò nella cucina, tirò fuori le armi e chiese a Maria Carmela di raggiungerlo. Iniziò così la prima mattanza. Fece sdraiare la donna con la scusa di controllare che non avesse microfoni addosso. Ma in quell’esatto momento ordinò a Luca Palaia di metterle manette ai polsi, di bloccarle le gambe e di tapparle la bocca. Izzo, poi, si sedette sopra di lei a cavalcioni, la bloccò con il suo peso ed infine – dopo avergli infilato un sacchetto sulla testa – strinse con il laccio emostatico intorno al collo. Per Maria Carmela non ci sarà più nulla da fare. Nell’altra stanza, del tutto incurante di quello che stava accadendo, si trovava Valentina. Quest’ultima, divenuta testimone scomoda, dopo essere stata obbligata a spogliarsi, venne ammanettata e soffocata da Izzo con un altro adesivo intorno alla bocca e al naso. Entrambe le donne verranno seppellite da quest’ultimo nel giardino della villa della nonna di Guido. Guido fu messo al corrente da Luca e Angelo, che gli intimarono di non raccontare quanto successo. Ma esattamente due giorni dopo vennero arrestati tutti e tre. E tutti e tre confessarono.
Dopo gli omicidi di Maria Carmela e Valentina, fu disposta una perizia psichiatrica per attestare la capacità di intendere e di volere di Angelo Izzo al momento dei fatti. Quest’ultimo fu riconosciuto come affetto da psicopatia, egocentrico ed egoriferito. Un individuo incapace di controllare i propri impulsi, insensibile e manipolativo. Tuttavia, i periti conclusero che la sua psicopatologia – pur configurandosi come un disturbo della personalità – non era stata in grado di alterare le sue capacità mentali nel momento in cui ha scelto di uccidere. E neppure in quello antecedente nel quale si era procurato lacci e armi per farlo.
La Corte d’Assise di Campobasso ha condannato Luca Palaia a ventiquattro anni di carcere, mentre Guido Palladino ha patteggiato una pena a tre anni e due mesi. Angelo Izzo è stato condannato all’ergastolo anche per gli omicidi di Maria Carmela e Valentina. Una pena che è poi andata a cumularsi a quella per i fatti del Circeo. Al momento della lettura della sentenza in Corte d’Assise, il pluriomicida si è voltato verso i giornalisti e sorridendo ha dichiarato: “Ok, sono sempre in piedi, ragazzi”.
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