Basta il gol nel primo tempo di Ismael Bennacer al Milan per superare il Napoli di Luciano Spalletti nell’andata dei quarti di finale di Champions League in scena oggi in un San Siro stracolmo, ancora sold out. Senza Victor Osimhen, i partenopei non riescono a pungere e finiscono anche la partita in dieci per l’espulsione (per doppio giallo) di Zambo Anguissa, oltre a lui, al ritorno al Diego Armando Maradona di martedì prossimo, dovranno rinunciare anche a Min-Jae Kim.
Dopo diciott’anni, in Champions League, torna un derby tutto italiano. I campioni d’Italia in carica del Milan, arrivati ai quarti di finale dopo aver battuto nella doppia sfida il Tottenham di Antonio Conte, ospita il Napoli dei miracoli di Luciano Spalletti, primo in Serie A e una macchina da gol anche nella coppa dalle grandi orecchie, in uno stadio San Siro pieno e bellissimo. L’attesa è alle stelle per un confronto che, fino a qualche settimana fa, con i rossoneri in piena crisi e privati dello stato di forma migliore dei loro migliori interpreti e i partenopei forse al top da sempre, sembrava scontato. Ora non è esattamente così, anzi le cose si sono parzialmente ribaltate. Se il Milan ha recuperato le trame di gioco, le azioni dei singoli e la qualità complessiva, i campani sono inciampati in uno stato di forma decisamente differente, soprattutto per quanto riguarda il centrocampo. Il possesso palla è più lento, più prevedibile, meno avvolgente rispetto agli inizi e anche gli uno contro uno relegati sull’esterno non fanno così male come Spalletti, in realtà, si aspetta. L’assenza di Osimhen in attacco conferma un quadro che dà speranza al Diavolo anche di riuscire a completare il colpo più importante dopo aver eliminato il Tottenham, che già per molti era una sorpresa. Una cosa è certa: chi delle due riuscirà a centrare la semifinale – e questo è ancora il primo round – avrà portato a termine un’impresa storica e da blindare negli archivi, anche perché più avanti ci sarà ancora l’occasione per rivedere un altro derby italiano, se l’Inter alla fine dovesse battere il Benfica.
Se per i partenopei è la prima volta che si arriva a giocarsi una semifinale, i rossoneri sono quasi degli abitué (nonostante negli ultimi anni non sia andata sempre così, anzi), quindi il risultato è tutt’altro che scontato, ancora di più perché, nella partita di domenica scorsa, gli uomini di Stefano Pioli hanno schiacciato per 4-0, e al Diego Armando Maradona, gli azzurri. Oggi, però, è un’altra storia, tutta da vivere.
Il tecnico emiliano sceglie i suoi migliori undici e ripropone (anche perché non è più in emergenza la difesa a quattro). E quindi c’è Mike Maignan tra i pali, il capitano Davide Calabria sull’out di destra, Theo Hernandez su quello di sinistra, al centro la coppia Simon Kjaer e Fikayo Tomori, davanti a loro, Pioli sceglie Rade Krunic e Sandro Tonali, mentre sulla trequarti, a supporto dell’unica punta Olivier Giroud, ci sono Brahim Diaz, Ismael Bennacer e Rafael Leao. L’assetto abbastanza abbottonato per cui ha optato l’allenatore non è affatto casuale, ma neanche rinunciatario. Il tecnico ex Lazio ha bisogno di densità in quella zona di campo per non permettere al Napoli di passare per vie centrali. Al contrario, l’obiettivo dei milanesi è relegare i partenopei sugli esterni e poi cercare di blindare l’area di rigore e gli accessi centrali puntando sulla fisicità e l’esperienza di Kjaer e Tomori che si compensano alla perfezione per capacità di impostare l’azione e di chiudere con aggressività sull’anticipo. La mossa Krunic, quindi, arriva da sé, quella un po’ più sorprendente e testata in più occasione in allenamento negli ultimi giorni è, invece, quella di Bennacer. Pioli considera l’ex Empoli un calciatore completo e ha una visione decisamente più globale delle capacità di questo centrocampista che più volte in carriera è stato etichettato come un regista basso atto a impostare l’azione e occuparsi della prima manovra, ma proprio non ha il passo per muoversi più avanti. Il tecnico evidentemente si affiderà alla capacità di giostrare il pallone nello stretto, che comunque è un pezzo forte del repertorio, ma è chiaro che sia una scelta fatta soprattutto per la fase difensiva. La capacità di aggredire, di tampinare – sportivamente parlando – un fulcro del gioco come Lobotka arriva al primo posto per tentare di arginare un Napoli che in quest’edizione della Champions League, e soprattutto in Serie A, ha dimostrato di essere incontenibile nella sua forma migliore. Ora non è esattamente così e il Milan vuole approfittarne.
Privato di uno dei suoi gioielli più preziosi, alias il capocannoniere del campionato, Victor Osimhen, l’allenatore toscano propone il 4-3-3 con i soliti interpreti, con Alex Meret in porta, sulla destra il capitano Giovanni Di Lorenzo, al centro Amir Rrahmani e Min-Jae Kim, mentre sulla fascia sinistra c’è Mario Rui. A centrocampo, ci sono Zambo Anguissa, Stanislav Lobotka e Piotr Zielinski, mentre in attacco, al posto del nigeriano, come punta centrale Spalletti sceglie Eljif Elmas supportato da Hirving Lozano e Khvicha Kvaratskhelia. Anche in questo caso, non mancano le sorprese. È chiaro che l’assenza in contemporanea di Osimhen e Simeone è un bel problema e lo sarebbe stato per chiunque, perché priva di fatto i partenopei di quel finalizzatore che serve a sparigliare le carte, vincere sul tempo i duelli in area di rigore e quindi capitalizzare la mole di gioco creata alle spalle. Senza un vero e proprio centravanti di ruolo, inevitabilmente dovrà cambiare anche il modo di costruire l’azione, di intrecciare delle trame offensive credibili e, quindi, anche di concludere. In molti si aspettavano che alla fine Spalletti scegliesse Giacomo Raspadori come finto nove (ma neanche tanto). L’ex Sassuolo ha già occupato e bene quel ruolo nella sua esperienza in neroverde, anche Roberto Mancini in Nazionale lo vede lì e sta continuando a riproporlo e il tecnico di Certaldo l’ha utilizzato più volte in quella zona di campo con buoni risultati, anche se preferisce schierarlo da sotto punta al posto di Zielinski e a partita in corso, dando alla squadra maggiore peso offensivo. Invece no, evidentemente anche per i problemi fisici che l’attaccante italiano ha dovuto affrontare nelle scorse settimane. La scelta è caduta, quindi, sul jolly offensivo per eccellenza che Spalletti ha schierato praticamente in ogni ruolo del centrocampo e della trequarti nell’ultimo anno e mezzo e che, in una partita così importante, viene rischiato anche da finto nove. La strategia è certamente quella di creare degli spazi che potrebbero essere attaccati da esterni e centrocampisti con i loro inserimenti laterali, ma anche non dare punti di riferimento alla difesa rossonera che resterà spesso bloccata lì dietro e cercare di muoverla per poi sorprenderla in velocità. Un azzardo che potrebbe pagare o forse no, ma visto le assenze che all’improvviso hanno caratterizzato l’ultima settimana, c’è da fare buon viso a cattivo gioco e farselo andare bene.
L’atmosfera dello stadio è unica, quella delle grandissime partite che solo San Siro sa accogliere e celebrare in questa maniera. Neanche a dirlo, le voci, i colori e i suoni sono quelli della parte rossonera della città, in questo caso, e con una coreografia meravigliosa che fa da sfondo alle gesta dei calciatori in campo. Una magia che strega e un po’ illude, che essere il dodicesimo uomo in campo vuol dire proprio questo. L’arbitro Kovacs fischia, tende il braccio e dà il via alle ostilità: è iniziato il derby italiano, quello che dirà chi tra Milan e Napoli, dopo il doppio confronto, potrà andare avanti fino alla semifinale di Champions League.
A partire più forti, sotto la pioggia di Milano, sono gli ospiti. La capolista di Serie A ha il piglio della vendetta dopo lo 0-4 che il Diavolo gli ha riservato in campionato e cerca subito di far valere la maggiore qualità tecnica, soprattutto sulle fasce laterali e con un’intensità decisamente elevata che il pubblico cerca di smorzare con i boati e i fischi della paura. I primi bagliori della partita li ha Khvicha Kvaratskhelia, probabilmente carico dal dover raccogliere anche l’eredità di leadership offensiva che, di solito, condivide con Osimhen. Il georgiano spreca subito un’occasione d’oro per indirizzare la partita nel migliore dei modi dopo solo un minuto, la conclusione, però, si infrange sulla schiena dei difensori rossoneri e quindi è tutto da rifare, ma c’è tempo, ecco. Qualche giro lancette dopo, infatti, è il portiere francese del Milan che salva la sua squadra da una sassata dal limite di Anguissa, e la stessa cosa succede quando è il polacco a provarci, sempre dalla distanza. Tutti tentativi che finiscono nel nulla, ma che fanno capire fin da subito che piega stia prendendo il doppio confronto, con il Napoli impegnato anche in trasferta ad attaccare in maniera ossessiva la retroguardia avversaria, mentre il Milan prova a resistere, far passare la tempesta e poi probabilmente imbastire dei contropiede che potrebbero sorprendere i diretti avversari. Per gli ospiti, avanza spesso anche Hirving Lozano con delle azioni sulla linea di fondo e, già dai primi minuti, si fa vedere addirittura capitan Giovanni Di Lorenzo, ma ciò mettere ancora di più in evidenza come la presenza di una punta in area di rigore sia essenziale per cercare di scardinare una difesa così arcigna, che non lascia spazi tra le linee e tantomeno in profondità.
Dopo almeno venti minuti di pressing offensivo e che non si concretizza in gol da parte del Napoli, si rivede anche il Milan. I rossoneri fanno capolino nell’area avversaria, ma non creano problemi alla retroguardia dei partenopei, non lo fa neanche Rafael Leao al 25esimo, che prima approfitta di un errore sulla trequarti degli azzurri, poi solo davanti a Meret (e dopo essersi fatto quasi tutto il campo) non inquadra lo specchio della porta – viene poi graziato dall’arbitro quando rompe la bandierina del calcio d’angolo per stizza. L’azione personale del portoghese è splendida e fa capire come ai padroni di casa non serva poi tanto per tentare di fare la differenza e di portare a casa il pieno risultato, se non continuare a gestire la difesa ai massimi livelli e poi puntare anche sulla capacità di calciatori come Leao, Brahim Diaz – che ha letteralmente spaccato in due anche la partita di campionato – e Theo Hernandez per ribaltare l’azione e arrivare a costruire occasioni da gol.
Il romeno István Kovács utilizza lo stesso metro di giudizio anche dopo, quando Krunic blocca la ripartenza di Zielinski e quando Kim interviene su Giroud nella metà campo partenopea, non perdona, però, il numero 20 del Napoli quando va diretto sulla gamba del bosniaco: è lui il primo ammonito della gara, ma non è diffidato. La partita, in questa fase, sta prendendo una piega completamente diversa, con gli azzurri che hanno già fatto il massimo sforzo per cercare di battere Maignan ma sono stati neutralizzati, mentre il Milan sta iniziando ora la sua partita offensiva e punta a mettere in crisi i difensori avversari con degli uno contro uno puntuali e ben strutturati.
Il suo andazzo del match premia del tutto la strategia architettata da Pioli per stanare il Napoli, perché poi arriva anche il primo gol. Brahim Diaz, il folletto in prestito dal Real Madrid e che si sta rivelando decisivo in questa parte di stagione, ruba palla a centrocampo e la porta fino al limite dell’area dei partenopei, la scarica per Leao che crossa per Bennacer dopo un rapido tocco sempre di Brahim Diaz. Se prima il 17 aveva sbagliato davanti al portiere del Napoli, stavolta l’algerino non perdona e porta in vantaggio i padroni di casa. È il 40esimo, e la gara si fa sempre più bella, e nervosa, tanto che si accende anche una piccola rissa poco dopo (che viene subito spenta) e viene ammonito anche Pioli per proteste. È chiaro che la rete del mediano, oggi prestato a finto trequartista, dia tutta un’altra impronta alla gara con il Milan che ha già portato a casa il gol che serviva per costruirci la partita sopra e difendersi in maniera attenta e concentrata fino alla fine. Certo, non è facile contenere la verve offensiva di un Napoli che già aveva fatto di tutto per cercare di superare le linee compatte degli avversari e che ha ancora più di un tempo per cercare di riportare le cose in parità, apparecchiandosi le cose al meglio anche per il vero secondo tempo del derby italiano, per la partita di ritorno allo stadio Diego Armando Maradona.
La squadra di Spalletti non reagisce, anzi va in difficoltà, e sono i padroni di casa che crescono, e quasi trovano il raddoppio con Tonali, che però non riesce a pungere Meret, non sicuramente il migliore in campo per il Napoli. Sull’ennesimo calcio d’angolo nei minuti di recupero, è sempre il Milan ad andare vicino al colpo del 2-0, a salvare i partenopei è la traversa che Kjaer colpisce di testa. Il centrale ex Palermo impatta alla grande il pallone dopo uno stacco meraviglioso, ma il pallone, colpito con una potenza straordinaria, non si abbassa abbastanza e, con Meret battuto, termina sul legno superiore. Un altro sospiro di sollievo per i partenopei, che probabilmente iniziano a interrogarsi sulla loro strategia per affrontare la partita e restano delusi con le mani sui fianchi, ma con tutta l’intenzione di rimettersi a posto e sistemare le cose. Sono le sliding doors del primo tempo, poi si ritorna in campo con gli stessi 22 anche se Spalletti inizia a far scaldare Giacomo Raspadori, l’unica vera punta rimasta in rosa al tecnico toscano.
Si riprende cauti, da entrambe le parti, e il gioco viene anche stoppato per un problema tecnico del direttore di gara. Quando si inizia per davvero a giocare, sono gli azzurri a rendersi più pericolosi, producendo lo sforzo massimo per arrivare a un pareggio che pare meritato per la mole di gioco che il Napoli ha creato soprattutto nei primi minuti di gioco. Da un cross di Kvaratskhelia, Elmas colpisce di testa direttamente sulla traversa, e anche dopo, il tentativo del capitano dei partenopei si infrange sulla schiena del centrale danese.
Gli ospiti continuano ad attaccare, in questa fase, anche a costo di concedere qualcosa di troppo alle spalle. In particolare, i partenopei sfondano a destra con una combinazione tra Di Lorenzo e Lozano, il messicano cade in area di rigore per una piccola spinta di Theo Hernandez, ma l’arbitro dice di proseguire. Pochi istanti dopo, Bennacer fa fallo a centrocampo su Anguissa: è un intervento in ritardo e dritto sulla caviglia che merita il cartellino giallo. Questo fa capire con che intenzioni il Milan abbia affrontato la partita: gambe pronte, lucide e grande aggressività in mezzo al campo, con i ragazzi di Spalletti relegati soprattutto ad attacchi esterni di lieve entità o che comunque i milanesi hanno preventivato di dover subire, non riuscendo a comandare il gioco. Kvaratskhelia tenta, poi, uno dei suoi classici slalom, ma dopo il primo dribbling è brava la difesa rossonera a contenerlo regolarmente. Siamo al 64esimo e la partita si gioca soprattutto a centrocampo, senza che le due squadre riescano a innescare i loro centravanti. Il Milan si rivede in avanti al 66esimo quando Leao cerca una sorta di veronica, ma viene ben contenuto nell’uno contro uno e l’azione si spegne così.
Lo sforzo prodotto da entrambe le squadre è veramente notevole e ora si iniziano a vedere i primi segni di stanchezza negli uomini in campo, anche per via di un calendario super pieno e che richiede, per forza di cose, delle rotazioni puntuali. A operare il primo cambio della partita, dopo il fischio dell’arbitro, è Pioli. Arriva il momento di Alexis Saelemaekers che prende il posto di Bennacer, fino a questo momento man of the match. Brahim Diaz scala sulla trequarti e il laterale servirà a contenere le discese del duo formato da Kvaratskhelia e Mario Rui, ma anche per tentare di sfondare in contropiede, come successo il 2 aprile in campionato. La risposta del Napoli arriva pochi istanti dopo con Lozano che esce dal campo e scocca l’ora dell’ex Sassuolo, per dare maggior peso offensivo. Raspadori non è al massimo della condizione e si vede subito, ma quantomeno ha dei movimenti più da punta rispetto a Elmas, che è parso un po’ spaesato tra le maglie chiuse dei partenopei e non è mai riuscito davvero a trovare la posizione adatta per riuscire a far male ai diretti avversari.
Pochi istanti dopo, il Napoli tenta di passare centralmente con Kvaratskhelia, ma Tonali è bravo a chiudere e far ripartire il contropiede. Sugli sviluppi dell’azione, Anguissa ferma fallosamente Theo Hernandez e viene ammonito. Nella stessa azione, arriva un cartellino giallo anche per Di Lorenzo. A centrocampo, gli ospiti stanno avendo la peggio: sono i padroni di casa a vincere il maggior numero di contrasti, a spingere via le azioni dei partenopei, per poi sfornare il miglior prodotto della casa: l’appoggio su Giroud e lo scarico esterno, in modo da sorprendere con pochi passaggi e in contropiede la difesa del Napoli.
Meglio il Milan in questa fase: Giroud tenta la rovesciata sfruttando un cross dalla destra, ma manca il pallone che arriva a Leao; il portoghese, però, non stoppa bene il pallone e l’azione si perde. Al 73esimo, il Napoli beneficia di un calcio di punizione, ma la battuta di Mario Rui si perde, senza creare pericoli, sul fondo. Probabilmente la frustrazione del Napoli arriva ai massimi livelli in questa fase: sono tante, troppe le occasioni svanite nel nulla e le azioni ben programmate dai ragazzi di Spalletti che poi si sono infrante direttamente sul muro rossonero e senza creare chissà quale pericolo, almeno rispetto a quanto i campani avevano fatto in tutto il resto della Champions League. Un minuto dopo, la partita cambia ancora: ancora Anguissa, appena ammonito, entra in ritardo su Theo Hernandez.
L’arbitro non ha dubbi ed espelle il centrocampista per somma di cartellini. È un gesto ingenuo, in cui ci si legge tanta inesperienza, ma che ha delle ricadute pesanti su tutto il resto della partita e del doppio confronto. Il mediano, non tra i più brillanti dei suoi, ha tradito l’insoddisfazione per l’andamento di un match che doveva essere quello della rivincita dopo la brutta sconfitta subita in campionato. E, invece, la mentalità offensiva e spinta all’attacco del Napoli ha consegnato ancora una volta il gioco e la partita ai rivali, che non aspettavano altro, aiutati da una difesa di ferro e anche un po’ dalla fortuna. Ma serve a tutti a questi livelli.
Il Milan, con la superiorità numerica cerca il lancio lungo su Giroud con maggiore continuità e sulla stessa azione Saelemaekers e Krunic hanno due occasioni, ma in entrambi i casi i loro tiri non trovano la porta. L’ultimo ad arrendersi nel Napoli è Kvaratskhelia che tenta ancora la discesa personale, dopo un tunnel su Calabria, ma viene ben contenuto. Al 79esimo, arriva un’altra tegola sui partenopei: Kim protesta dopo un intervento che l’arbitro reputa falloso e viene ammonito per proteste. Il centrale era diffidato e salterà il match di ritorno. Probabilmente è questo l’evento che fa accettare, per quanto possibile, al Napoli di aver perso la prima battaglia della guerra. Per non subire anche il secondo gol che avrebbe inevitabilmente indirizzato la qualificazione, i partenopei calmano il loro impeto offensivo e, un po’ a causa della stanchezza un po’ per la superiorità numerica degli avversari, si ritirano nella loro metà campo. Un minuto dopo, è già tempo di standing ovation: Pioli sostituisce Brahim Diaz, autore anche stasera di una grande partita, e sceglie Ante Rebic dalla panchina. Non è affatto una mossa contenitiva, anzi sembra votata alla ricerca del secondo gol, ma i tifosi fanno ironia sui social scrivendo addirittura che con questa mossa l’allenatore ha ripristinato la parità numerica. Segno di come il croato, almeno fino a questo momento, abbia deluso non poco in questa stagione.
Spalletti cerca di riprendere in mano la situazione con un triplo cambio: fuori Zielinski, Mario Rui e Kvaratskhelia, al loro posto entrano Tangui Ndombele, Mathias Oliveira e Matteo Politano. Il Napoli si schiera con il 4-4-1, senza più grandi velleità di pareggio, ma almeno con la pretesa di mantenere uno svantaggio di un solo gol. I campani si rivedono in attacco con Politano, ma è bravo Theo Hernandez a chiudere in scivolata e beccarsi l’ovazione del pubblico. Intanto arriva un aneddoto sul triplo cambio effettuato dalla capolista di Serie A: tutto lo staff di Spalletti si è riunito con il suo allenatore a bordo campo per un paio di minuti con uno scambio di battute anche concitato, prima di prendere la decisione finale. Siamo all’85esimo e la squadra ospite cerca di respirare facendo circolare il pallone e avanzando soprattutto sulla sua fascia forte, quella sinistra, dal lato di Politano.
All’87esimo, i partenopei hanno la grande occasione per il pareggio. Il Napoli passa alla destra del Milan e il cross arriva a Di Lorenzo che calcia bene, ma trova un intervento incredibile di Maignan. Nell’azione successiva, i campani vanno ancora vicini al pareggio: stavolta il cross arriva da Politano, entrato bene in partita, e Olivera anticipa tutti di testa, ma spreca mandando il pallone alto sopra la traversa. Il Milan cerca di riprendere in mano la partita, ma la fisicità degli ospiti, in questo frangente, ha la meglio, probabilmente anche con più efficacia rispetto a quando il Napoli si è riversato totalmente nella metà campo avversaria, ma facendo per tanti minuti il solletico ai padroni di casa.
Al 90esimo, c’è spazio per un’altra occasione per i rossoneri: dopo un errore di Lobotka, parte Leao che tira dalla distanza, ma la sua conclusione viene controllata facilmente da Meret. L’arbitro, intanto, assegna cinque minuti di recupero. Il Milan sembra voler amministrare senza rischiare più di tanto, mentre il Napoli si abbassa per non concedere altri spazi. Nel secondo minuto di recupero, i padroni di casa protestano per un intervento su Saelemaekers, che in realtà è sembrato accentuare la caduta e reclamare un generoso calcio di rigore. Si accentua anche una mischia che ha come protagonisti l’esterno e Rrahmani: entrambi vengono ammoniti.
La partita è molto fisica, con entrambe le squadre che non vogliono perdere neanche un contrasto. Si spegne anche il quinto minuto di recupero e l’arbitro fischia tre volte: il Milan vince uno a zero, ma si deciderà tutto al ritorno tra sei giorni allo stadio Maradona. Non ci saranno, però, Anguissa e Kim per squalifica, e dopo il finale, per le proteste, viene ammonito anche il capitano dei rossoneri.
È chiaro che ragionare con il risultato già in tasca e sapendo già come sono finite le cose è completamente diverso dal prepararle e immaginarsela nella saletta video o sul campo di allenamento. Il Napoli ha mostrato per mesi il suo volto più bello, tanto da dover pensare ad altro, a strategie alternative, che tanto prima o poi con quelle bocche di fuoco sugli esterni e lì davanti qualcosa sarebbe comunque successo e il gol sarebbe stato festeggiato. Il dato che è emerso dalla partita di campionato e dall’andata dei quarti di finale di Champions League, proprio per questo è, in un certo senso, clamoroso: nonostante due partite dominate sotto il profilo del possesso palla e della manovra, la capolista di Serie A non è riuscita a segnare neanche un gol in 180 minuti più recupero e ne ha subito addirittura cinque, la maggior parte in contropiede.
No, qui non vogliamo fare uno spot al calcio difensivo, a quel football improntato a una difesa con undici calciatori dietro la linea del pallone, come fin troppo spesso si vede ancora in Italia, e con delle ripartenze programmate e studiate per sorprendere gli avversari nel loro sforzo massimo. Ciò che ha costruito il Napoli è una delle massime espressioni del nostro calcio negli ultimi anni, probabilmente anche nell’ultimo decennio, e che in tutta l’Europa hanno imparato a seguire e ammirare. Come tutte le cose belle che alla lunga scrivono la storia e che si tramandano nel calcio, è il guardare in avanti, tenere il baricentro alto, pressare che paga alla lunga, non il rintanarsi nell’area di rigore. E su questo vogliamo essere chiari fin da subito per far sì che il discorso arrivi forte e chiaro nel punto in cui deve arrivare.
Con il senno di poi, però, gli azzurri hanno trasferito una sensazione di presunzione che è iniziata direttamente nelle manifestazioni di gioia dei tifosi al momento del sorteggio ed è passata attraverso una sorta di presunzione che la squadra di Spalletti ha avuto sul campo, ma che è giustificabile negli intenti tecnico-tattici che l’hanno tradotto. Senza girarci tanto intorno, non è una tattica che ha pagato. Fin da inizio partita, abbiamo visto i ragazzi in maglia azzurra partire subito al massimo del ritmo con un’intensità stratosferica e cercando di sbucare da tutte le parti per mettere in crisi i difensori e la porta di Maignan. Non è andata esattamente così e il gol non è arrivato non solo per sfortuna o imprecisione, ma perché il Milan se l’aspettava e le vie centrali non sono mai state accessibili.
Nei primi due o tre minuti, il Napoli aveva già tirato almeno cinque volte verso la porta avversaria, ma non ha portato a tanto, anzi semplicemente a rendere ansiosi e frustrati chi stava producendo quello sforzo eccessivo e che si poteva rimandare ad altre fasi della partita o addirittura del doppio confronto. Qui arriviamo al secondo fulcro centrale della questione: avere Osimhen lì davanti e al pieno della forma sarebbe stato sicuramente diverso e avrebbe creato un alone di pericolosità che probabilmente avrebbe portato molto prima il gol di vantaggio e segnato nel tabellino degli ospiti. Schierare Elmas in quella posizione è stata probabilmente una scelta obbligata, ma non si può nascondere che la resa sia stata completamente diversa. Su un paio di palloni vaganti che ancora abbiamo negli occhi, il macedone non si è fiondato perché non se l’aspettava, non è il suo ruolo e probabilmente, per quanto sia bravo a riciclarsi, non lo sarà mai. Il nigeriano, invece, fa proprio di quel tempismo, di quel fiuto la sua arma principale e non ci avrebbe messo molto a far arrivare dei tentativi di un certo livello per impensierire un portiere bravo come Maignan.
Maledetta presunzione, quindi. Sì, perché quella voglia di mettere subito in chiaro le cose, dimostrare chi è più forte e chi lo è nei confini nazionali ha portato il Napoli a esporsi troppo, ma anche a scoprire il fianco, a mettere la partita proprio sui binari che fanno comodo al Milan e a cui ormai è abituato. Probabilmente avrebbe pagato un atteggiamento più esperto, più attendista che avrebbe voluto dire, in alcune fasi snaturare l’impianto di gioco messo in piedi negli scorsi mesi da Spalletti, ma senza cambiare l’architrave complessivo della squadra. Un possesso di palla più basso, atto a stanare il Milan, ma anche lasciare in alcune fasi l’incombenza della manovra ai rossoneri per poi ripartire con Kvaratskhelia e Lozano, ma anche Zielinski in via centrale, avrebbe pagato certamente di più. L’umiltà, quindi, che non vuol dire arrendersi del tutto al difensivismo o alla ricerca ossessiva del risultato come prima opzione, ma anche maturità e affrontare in maniera intelligente una partita che doveva essere diversa da tutte le altre. Il tutto si sarebbe potuto tradurre in un pressing orchestrato in maniera differente: non una fase di corsa aggressiva verso i portatori bassi del Milan, ma una difesa di posizione, anche se sempre con il baricentro elevato, che avrebbe favorito dei recuperi del pallone alti e, quindi, delle occasioni da gol meno elaborate e più immediate per calciare direttamente verso la porta di Maignan.
Tutto questo non c’è stato e, invece, si è verificato l’esatto opposto. Il Napoli, quindi, ha dimostrato di non aver imparato dallo 0-4 di campionato, anzi si è rituffato nella partita con la stessa consapevolezza della sua forza rispetto a quella rossonera, ma anche con la medesima testardaggine. Il volto di quello che vi stiamo raccontando è, neanche a dirlo, Kvaratskhelia. Le qualità del georgiano non si discutono e neanche quello che è riuscito a dimostrare fino a questo momento con la maglia del Napoli. Il laterale d’attacco, però, stasera è andata a infrangersi costantemente su Calabria e su chi aiutava nel raddoppio, senza mai riuscire davvero a sfondare in maniera nitida, se non in un paio di occasioni. Privo di Osimhen, l’attaccante ha impattato sui difensori ed è stato puntualmente chiuso, facendo innervosire tutta la squadra e anche Spalletti che spesso gli indicava di scaricare prima il pallone e far girare al meglio la manovra, anziché incaponirsi in degli uno contro uno poco proficui e con il tempo sbagliato. A inizio secondo tempo, la musica sembrava cambiare, dato che in almeno un paio di occasioni il georgiano è riuscito a fare il bello e il cattivo tempo e a superare anche due o tre avversari di fila. Poi, però, è mancata la freschezza e la lucidità di tirare con efficacia verso la porta avversaria o semplicemente di centrare il bersaglio.
Probabilmente Spalletti avrebbe potuto, anche in questo caso, rimodulare un po’ il lavoro degli esterni, cercando di accentrarli dopo aver visto che così proprio non andava e lasciando le corsie laterali solo ai terzini, in modo da creare densità al centro e magari mettere un po’ più in confusione la difesa rossonera. Questo, però, non è mai successo e quando Leao è andato vicino all’uno a zero, prima del gol vero, quello di Bennacer, la sensazione che tutti hanno avuto è che la partita si stesse mettendo esattamente sui binari che servivano al Milan. Poco dopo è arrivata anche la conferma nei fatti. Il problema del tecnico di Certaldo è che l’hanno capito anche la panchina e gli uomini in campo, arrendendosi a una prestazione fatta di frustrazione e nervosismo e che, risultato a parte, avrà le sue dirette conseguenze anche per il match di ritorno.
Le assenze di Anguissa e Kim, per quanto il centrocampista non stia per nulla vivendo il momento migliore della sua stagione, saranno sicuramente pesantissime e potrebbero liberare la strada per altri contropiede rossoneri. Stiamo parlando di due dei calciatori di Spalletti che portano a termine più contrasti e duelli vinti, ma anche di coloro che spesso mettono in crisi le difese avversarie più arroccate con delle discese travolgenti palla al piede e per nulla semplici da contenere. Per forza di cose, a meno di stravolgimenti tattici che non sembrano all’orizzonte, Spalletti dovrà sperare che Ndombele e Juan Jesus riescano a fare lo stesso, ma è chiaro che si tratta di alternative e non di titolarissimi che l’allenatore avrebbe voluto schierare in partite del genere. Nulla è ancora perso, però, per il Napoli, a cui comunque basterà una vittoria tra le mura amiche per riequilibrare il risultato e tentare di strappare un accesso alla semifinale meritato per il percorso degli azzurri.
Quest’analisi non vuole comunque sminuire quanto è riuscito a fare il Milan in questa partita. I rossoneri hanno conseguito un successo straordinario e che in pochi si aspettavano all’inizio di questa stagione. Arrivare in semifinale sarebbe tantissimo, l’apoteosi per un club che ha cambiato molti ruoli, interpreti e poi anche presidenti, ma non ha perso quell’identità europea che è un marchio di fabbrica da decenni e per cui parla la storia della società. La difesa del Diavolo merita una vera e propria standing ovation: Kjaer e Tomori sono stati praticamente impeccabili e l’esperto centrale danese è andato anche a un passo da un gol che avrebbe quasi chiuso i giochi. Anche il criticatissimo Calabria ha sfornato una prestazione degna di nota e non ha praticamente mai fatto passare Kvaratskhelia, comunque vincendo un gran numero di duelli contro uno dei dribblatori migliori della Serie A e forse in Europa. Il tutto caratterizzato anche da una fase difensiva di squadra clamorosa e in cui Krunic e Tonali sono stati eccezionali a garantire corse instancabili e raddoppi costanti. Ora è arrivato il momento di restare umili, nonostante si stia parlando dei campioni d’Italia in carica, e di giocare lo stesso tipo di partita al ritorno, magari anche cercando di imbastire qualche contropiede di più e con un pizzico di cinismo che ogni tanto è mancato. Allora il Milan potrà riuscire nell’obiettivo e staccare il pass per una semifinale che fa rima con storia e che manca da tantissimi anni per un club che si ciba essenzialmente di notti così. Un ultimo dato: nelle tre partite a eliminazione diretta giocate in quest’edizione della Champions League, il Milan non ha subito neppure un gol, nonostante ci fossero di fronte squadre come Tottenham e Napoli. Chapeau e merito a loro, perché, gioco e manovra a parte, è anche così che si superano dei turni così difficili.
L’umiltà dei rossoneri, in ogni caso, traspare in maniera vivida attraverso i pensieri di Pioli che più volte ha pensato a gettare acqua sul fuoco dopo lo 0-4 e anche dopo il match di stasera. Ecco le sue dichiarazioni subito dopo il match ai microfoni di “Prime Video”: “Sto già pensando al ritorno, che sarà un’altra grande partita come questa. Grande ritmo, grande emozione, qualche errore tecnico di troppo. Due partite molto equilibrate e difficile per entrambe”. E ha continuato: “Il Napoli è partito meglio di noi, abbiamo palleggiato male quando non c’era da palleggiare. La prima volta che abbiamo vinto qua a Milano negli ultimi tre anni. C’è un pochettino il rammarico per non aver sfruttato la superiorità numerica nel finale, il risultato però ci può far sperare per il passaggio del turno”.
Il tecnico ex Lazio è stato interrogato anche sulle sostituzioni effettuate e, in particolare, sulla scelta di interrompere prematuramente la partita di Ismael Bennacer che, fino a quel punto, si era rivelato a conti fatti man of the match: “Ho cercato di inserire un giocatore di fascia e mettere un po’ più Brahim centrale. Ismael ha fatto una grandissima partita ma era un po’ affaticato per il grande lavoro che ha fatto”. Certo, non può mancare anche un po’ di esaltazione, perché il Milan ha portato a casa il massimo risultato possibile. Pioli si dedica, quindi, a un po’ di complimenti per i suoi ragazzi per gli sforzi fatti e che hanno pagato i loro dividenti: “Mi sono piaciuti tutti. Leao? Sì, certo. Mi è piaciuto Giroud, mi è piaciuto Tomori, abbiamo fatto una partita da Champions. Nessun risultato avrebbe chiuso il passaggio del turno, andremo a Napoli con grande fiducia consapevoli delle difficoltà”.
Di ben altro tenere, ma sempre con la consueta calma, sono state le dichiarazioni di Spalletti. Certo, il rammarico non può mancare, ma anche qualche stoccata all’arbitro Kovacs per come ha condotto l’incontro. Ai microfoni di “Sky Sport” ha detto chiaramente: “Non ho da dire niente perché le partite commentarle dopo è tempo perso perché non si torna indietro. Abbiamo avuto un grande atteggiamento, fatto i complimenti alla squadra per quanto visto in campo, anche nella ricerca di fare la partita anche in inferiorità. Complimenti a Maignan, ma loro sono una grande squadra. Abbiamo gestito bene un paio di cose, era una partita che mi aspettavo che i ragazzi facessero quindi bravi ragazzi”.
È chiaro che uno degli argomenti più caldi, a questo punto, sia la doppia squalifica di Anguissa e Kim per il match di ritorno: “Diventa pesante qualsiasi assenza in questo punto del campionato, ma abbiamo giocatori che possono sopperire alle assenze. E’ stato così per tutta la stagione altrimenti non portavamo a casa i risultati che abbiamo fatto. Ci dispiace non avere Anguissa perché secondo me è ingiusto non averlo”. E poi un pensiero piccato nei confronti dell’arbitro non può mancare, perché ha inevitabilmente inciso sulle sorti dell’incontro: “Mi sono fatto l’idea che era già pianificato doverlo sostituire e stavo guardando l’altro calciatore chi fosse. Ne avevo individuati due, dovevo individuare il terzo. Il dispiacere è aver perso tempo per la terza sostituzione. Anguissa prende molta palla. Se la discussione dobbiamo farla così, guardiamo l’ammonizione di Zielinski e quella che non ha dato su Krunic. Gesti eclatanti? Allora ditemi della bandierina. Mi vieni a dire l’ammonizione di Kim… Io posso essere d’accordo, ma è facile secondo me. È tutto evidente, io dell’arbitro non voglio parlare ma è tutto evidente”.
Ora il tempo delle analisi, delle gioie e dei dolori è finito, perché già da pensare al campionato e alla partita di ritorno. Il Milan non vuole fermarsi, consapevole che il grosso debba ancora essere fatto per portare a casa la semifinale e trionfare nel derby italiano. Il Napoli, invece, ha ancora piena opportunità di dimostrare che quest’anno non ce n’è per nessuno e che le previsioni che la volevano dritta in finale di Champions League non erano poi così sbagliate. Tra una settimana sarà già il momento della resa dei conti e stavolta chi sbaglierà dovrà definitivamente tornare a casa. È la legge del calcio e bisogna accettarla: per ora, in una maniera o nell’altra, ha avuto ragione il Milan.
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