Il Milan di Stefano Pioli ha pareggiato nel ritorno dei quarti di finale di Champions League contro il Napoli di Luciano Spalletti grazie al gol nel primo tempo di Olivier Giroud, che poco prima aveva sbagliato anche un rigore pesante per i rossoneri. Nel secondo tempo, però, anche i partenopei hanno fallito dal dischetto con Khvicha Kvaratskhelia, ma hanno segnato con Victor Osimhen nel finale. Troppo tardi, però.
Al Diego Armando Maradona finisce 1-1 ma si infrange il sogno dei partenopei di scrivere ancora una volta la storia e arrivare per la prima volta in semifinale. Prosegue, invece, per il Milan, di certo più abituato a palcoscenici così importanti, e prosegue perché i ragazzi del tecnico milanesi sono stati più bravi ad aspettare, non sbagliare e ripartire. Domani, poi, si vedrà se sarà un derby della Madonnina, quindi contro l’Inter, oppure sarà il Benfica ad affrontare i rossoneri nel penultimo atto con vista Istanbul.
Eccola, la serata per Napoli, e per il Napoli di Luciano Spalletti, mai arrivato così lontano in Champions League. Eccola, la serata del Diego Armando Maradona, riempito a festa come non mai, carico per spingere la squadra che quest’anno, in campionato, ma anche nella coppa dalle grandi orecchie, ha dimostrato di non avere rivali. E di non avere paura di nessuno. E adesso è ufficiale, perché si è firmato anche un armistizio tra gli ultrà e il presidente Aurelio De Laurentiis, per il bene degli azzurri.
Non è semplice, però, affatto, perché davanti a loro c’è un Milan che magari in Serie A non è stato la corazzata che la passata stagione ha vinto lo scudetto, ma in Europa si accende come non mai. E infatti, il primo atto della sfida dei quarti di finale, a San Siro, grazie al gol di Ismael Bennacer, lo ha conquistato con un pizzico di fortuna, forse, qualche polemica arbitrale pure, ma anche una tenacia che metterà in campo anche al ritorno.
Le scelte del tecnico dei padroni di casa sono quasi obbligate, ritrovato Victor Osimhen, è lui che che potrebbe guidare i partenopei a scrivere un altro pezzo di storia, ma non c’è solo il nigeriano. Tra i pali, come sempre, c’è Alex Meret, supportato da Amir Rrahmani e Juan Jesus, che sostituisce lo squalificato Min-Jae Kim, sulle fasce a destra il capitano Giovanni Di Lorenzo, dall’altra parte Mario Rui viene preferito a Mathias Olivera. Sulla mediana, poi, uno dei migliori del Napoli Stanislav Lobotka, supportato da Tanguy Ndombele, anche lui scelto al posto di Zambo Anguissa, che all’andata è stato espulso, e Piotr Zielinski, a supporto del bomber con il numero 9, Spalletti sceglie il solito Khvicha Kvaratskhelia e Matteo Politano.
Dall’altra parte, Stefano Pioli – che non ha problemi di indisponibili, se non Zlatan Ibrahimovic che in realtà non è stato neanche inserito nella lista per la Champions -, si presenta alla super sfida con il solito Mike Maignan in porta, tornato a essere una sicurezza dopo l’infortunio, sulle fasce Davide Calabria (l’altro capitano) e Theo Hernandez, e come centrali Simon Kjaer e Fikayo Tomori. A schermo a centrocampo, Rade Krunic e Sandro Tonali, mentre come trequartista c’è l’uomo che ha risolto l’andata, supportato a destra da Brahim Diaz e a sinistra da Rafael Leao, davanti il solito Olivier Giroud.
Tra cori e un’atmosfera pazzesca, da palcoscenico che conta, partono più forti i padroni di casa, e ci provano fin da subito con una punizione al quinto minuto che, in effetti, Rui poteva battere meglio (e non far finire sulla barriera). Prende coraggio, comunque, e continua a costruire per pareggiare i conti rispetto all’andata.
Al 20esimo, la prima vera occasione è per l’esterno italiano con la palla che finisce di poco al lato della porta del francese. Il capovolgimento di fronte è pericoloso, anzi pericolossimo, perché Leao riceve in area e quando ha già scaricato per lo spagnolo viene falciato dal terzino del Napoli. Per l’arbitro Szymon Marciniak non ci sono dubbi: è rigore per il Milan, che si incarica di battere il francese con il numero 9, che tra l’altro non ne sbaglia uno da settembre del 2012, più di dieci anni fa. Non è la serata fortunata, al momento, per Giroud, però, e infatti Meret intuisce e glielo para.
Poteva essere l’occasione per ipotecare la semifinale, e invece no, perché i partenopei tornano a prendere coraggio e a insistere. La palla più pericolosa, ancora, capita, però, sui piedi dell’ex Chelsea, ma anche stavolta il portiere di Spalletti si fa trovare pronto. Cominciano i problemi, quelli veri, per il Napoli: prima si fa male Rui, poi Politano dopo un contrasto con Theo Hernandez rimane a terra e non riesce a tornare in campo. Al 34esimo, il toscano è costretto a fare un doppio campo: per il portoghese entra Olivera, per sostituire il romano c’è Hirving Lozano.
Non cambia nulla tatticamente e non cambia nulla dal punto di vista della partita, perché i padroni di casa continuano a spingere, e due minuti più tardi anche loro potrebbero ricevere un penalty per un contatto in area tra l’esterno messicano e quello francese che, anche dopo il check del Var, non viene però giudicato fallo.
Al 43esimo, una palla persa da Ndombele nella trequarti del Milan consente al portoghese di ripartire in contropiede quasi indisturbato. Dopo una fuga di 70 metri, Leao arriva in area e trova Giroud che, stavolta, non sbaglia: è gol per i rossoneri, ed è pesante tantissimo.
Nel primo dei sei minuti di recupero concessi dal direttore di gara, è Osimhen a tentare un contropiede che, però, viene stoppato da un fallo di Theo Hernandez che non viene perdonato, e viene ammonito. Al quarto minuto (sempre dei minuti di recupero), il nigeriano riesce anche a bucare la rete difesa da Maignan, ma prima c’è un tocco di mano del numero 9 e quindi non c’è neanche il tempo di festeggiare, perché il gol non viene convalidato. Poco prima del duplice fischio, arrivano anche le ammonizioni per il portiere degli ospiti per comportamento irregolare, e anche per il capitano del Napoli che, stavolta, per evitare una possibile occasione d’oro per il Milan falcia Bennacer.
Al rientro dagli spogliatoi, si torna in campo con le stesse formazioni e anche lo spartito sembra il medesimo della prima frazione: i padroni di casa attaccano, i rossoneri si difendono, e ripartono. Al 55esimo altra grande giocata di Kvaratskhelia sulla fascia sinistra: salta due avversari e tira di prima intenzione con il sinistro, ma il pallone termina alto sopra la traversa. Il Milan ha bisogno di forze fresche e allora Pioli sceglie di sostituire Brahim Diaz, stasera protagonista solo nella fase difensiva, con Junior Messias.
Qualche minuto più tardi, ci prova anche Lozano con un tiro dalla distanza, ma senza centrare lo specchio della porta. Ma al 64esimo, è Olivera che ha una grande occasione per trovare il pareggio. Il terzino, però, tutto solo in area di rigore, non impatta bene il pallone di testa, che finisce sul fondo. È di nuovo il momento dei cambi: Spalletti decide di togliere Ndombele e di mettere nella mischia Elijf Elmas, e cinque minuto dopo anche il tecnico emiliano mette Divock Origi per uno sfinito Giroud.
Il Napoli ci prova ancora, ma sono tentativi quasi a vuoto, perché nei fatti non arrivano tiri in porta, se non un colpo di testa di Rrahmani che non crea nessun problema al portiere francese. È l’ultimo tentativo per il difensore centrale azzurro, che lascia spazio, al 74esimo, a Leo Ostigard, mentre Giacomo Raspadori viene messo al posto di Zielinski.
All’80esimo, un tocco di mano di Tomori su un cross di Di Lorenzo regala la possibilità al Napoli di pareggiare, dal dischetto si presenta il georgiano che, come prima Giroud, si fa beffare da Maignan e sbaglia clamorosamente il rigore dell’1-1 che avrebbe potuto cambiare il finale di partita.
Leao non ce la fa più e a pochi minuti dal triplice fischio dell’arbitro lascia la scena ad Alexis Saelemaekers. Sono anche i minuti in cui il Napoli spera nel miracolo, ma lo compie anche Maignan, ancora una volta, e su Ostigard nel primo dei quattro minuti di recupero. Nel penultimo, in effetti, Osimhen riesce a segnare il gol del pareggio di testa su cross di Raspadori, è troppo tardi, però, per cambiare le cose e in semifinale di Champions League, dopo 16 anni, torna il Milan.
Il Milan, in definitiva, ha battuto tutto ciò che poteva battere: le qualità tecniche dei singoli avversari, una stagione fatta di pochi alti e pochi bassi, anche la presunzione di chi, al momento del sorteggio, ha esultato e visto già la finale di Champions League a pochi passi, ma si è dovuto rassegnare a un turno molto più difficile del previsto. E lo è stato soprattutto per meriti del Milan che ha fatto due partite pressoché perfette e limitando i punti forti del Napoli che sarà campione d’Italia con più di venti punti di distacco dai rossoneri, a meno di clamorosi tracolli che nessuno si aspetta.
I segnali erano già arrivati nei primi scampoli di aprile quando il Diavolo è andato allo stadio Maradona con la tigna di chi ci crede davvero e ha regolato i favoriti, i migliori con quattro reti a zero. Più che un segnale, in realtà, è stata una dimostrazione, una prova di forza da parte di chi vuole farcela nel suo habitat naturale. E già in quella partita, con un risultato totalmente stravolto rispetto ai pronostici, si è visto lo studio, il piano con cui Pioli credeva già fermamente di poter scrivere ancora una volta la storia con i suoi ragazzi. La mossa tattica che in molti hanno avversato e criticato, quella di schierare Ismael Bennacer come finto trequartista alle spalle di Giroud, in realtà, era già in cantiere. Il primissimo round di tre al Maradona, però, è stato caratterizzato soprattutto da folate e talento, qualità e strappi, quelli di Brahim Diaz capace di spaccare in due le marcature preventive di Mario Rui e compagni e poi da lì, superata la seconda linea di pressing del Napoli, portare la sfera al migliore di tutti, un Rafael Leao in forma strepitosa, lontano parente di quel calciatore abulico e svogliato che proprio non riusciva a impattare sulle partite. Il portoghese ha mostrato alcuni limiti strutturali del Napoli che in molti avevano dimenticato, a partire da loro stessi e da un pubblico fin troppo convinto di essere già tra le primissime squadre in Europa per singoli e gioco proposto.
In quella partita, anche uno dei migliori terzini destri in circolazione, Giovanni Di Lorenzo, non è riuscito a contenere la furia a campo aperto del portoghese ex Lille e tanto meno Amir Rrahmani, l’ex Verona solido e concentrato per tutta la stagione, ma che non ce l’ha fatta a contenere anche gli attacchi del Milan. Leao l’ha puntualmente saltato in tutti gli ultimi tre confronti tra le due big e senza che quelle famose misure che si prendono agli attaccanti migliori siano mai state precise. Anzi, semmai è stato l’esterno d’attacco a capire che, con quello spazio lì davanti, non si poteva proprio evitare di fare fuori il diretto marcatore e andare in porta.
Ecco, quell’asse lì tra punta, Giroud, Leao e Brahim Diaz ha costituito i contropiede che tanto hanno fatto male al Napoli. Fatto sta che quello 0-4 ha mostrato non solo che il Milan aveva già azzerato il distacco rispetto agli avversari, ma anche che la rosa a disposizione di Pioli non era affatto inferiore rispetto a quella di Spalletti. Anzi, di ritorno dalla settimana abbondante con le Nazionali, molti calciatori degli azzurri sono parsi peggiorare la loro condizione, non sono più riusciti a sprintare, accompagnare e incidere come prima e vedendo calare all’improvviso un architrave offensiva che fino a quel momento aveva funzionato alla perfezione.
Di mezzo, tra il primo e il secondo round, ci si sono messi anche altri fattori fondamentali nel calcio che dominano ancora di più nei confronti a eliminazione diretta: la fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista) e le assenze. Il Milan, infatti, ha potuto beneficiare della rosa praticamente al completo e in ottima forma, tralasciando uno Zlatan Ibrahimovic sempre più sul viale del tramonto, mentre Spalletti ha visto cadere pezzo dopo pezzo elementi molto importanti per il suo gioco. La strada per la qualificazione, infatti, ha avuto come primo ostacolo le condizioni di Osimhen. Il nigeriano si è fatto male a pochi giorni dal match di andata in Champions League e da lì è iniziata una corsa contro il tempo per far sì di recuperare e tornare a infiammare l’area di rigore avversaria. Il nigeriano è stato il grande punto di riferimento offensivo del Napoli per l’intera stagione, attaccando la profondità in maniera ossessiva, tenendo in avanti il pallone per far salire la squadra e soprattutto diventando un elemento letale in area di rigore, soprattutto sui cross in arrivo dalle fasce laterali. La punta ex Lille si è imposta come una delle realtà più belle in assoluto del nostro calcio, uno che ci viene invidiato anche dalle massime squadre europee, che sa come inserirsi in area con i tempi giusti e sa gestirsi anche in base ai momenti della partita. Spalletti, in sostanza, ha costruito una vera e propria macchina perfetta che gli è venuta a mancare nel momento più importante e cioè quando bisognava accumulare gol e tenere in allerta un Milan ben organizzato fisicamente.
Anche contro il Lecce, quando era necessario dare delle risposte visti gli ultimi risultati e le prestazioni al ribasso, il Napoli ha strappato una vittoria importante e di intensità, ma aveva comunque contro una delle squadre più in difficoltà dell’intera Serie A e che non trovava punti da un gran numero di giornate. La partita d’andata dei quarti di finale, poi, i partenopei l’hanno messa un po’ troppo sui nervi e sulle emozioni rispetto ai freddi dati tecnici. L’inizio è stato arrembante, mostruoso dal punto di vista fisico e tecnico, dato che i tiri arrivati dalle parti di Mike Maignan sono stati addirittura otto nei primi minuti di gara. Nessuno di questi, però, ha gonfiato la rete e con una sensazione ben precisa: a Spalletti mancava il gioco, la potenza e la qualità della sua punta migliore. Elmas schierato da falso nove, infatti, proprio non riusciva a sopperire al fiuto del nigeriano. Il Napoli conduceva il gioco alla grande a partire dal centrocampo, per poi sfondare sulle fasce e mettere al centro dei cross che, però, il Milan attendeva puntualmente nel cuore dell’area e che soprattutto sapeva come respingere. I primi venti minuti di gara, quindi, sono stati frustranti per gli ospiti, incapaci di gonfiare la rete e di indirizzare subito la qualificazione come si sarebbero aspettati.
In molti hanno definito quest’atteggiamento, anzi quest’approccio alla partita, decisamente presuntuoso. Il Napoli si sentiva migliore di quello 0-4 subito davanti ai propri tifosi e quel sapore di vendetta non l’ha mai perso. Il Milan, però, ha usato di più la testa e la partita è andata sui suoi binari preferiti, soprattutto quelli che Pioli aveva preventivato. I rossoneri si sono prima curati di non subire gol dagli avversari, di soffrire ma senza mai davvero lasciare agli avversari gli spazi necessari per fare male davvero. E poi, come il diavolo che raffigura il club, nei primi minuti di debolezza e stanchezza, i campioni d’Italia in carica sono usciti palla al piede e con grande classe, ancora con Brahim Diaz, l’uomo che ha letteralmente spezzato in due il doppio confronto con i suoi dribbling, insieme a Leao. La catena di montaggio è arrivata fino all’inserimento di Bennacer, bravo con il mancino a battere un colpevole Meret.
Uno a zero, palla al centro e nella testa del Milan quello che doveva succedere nei piani migliori dei rossoneri, cioè avere quel gol di vantaggio che serviva come il pane per poi ruotarci attorno in tutto il confronto a eliminazione diretta. Infatti, nella ripresa gli attacchi del Napoli sono stati rispediti tutti al mittente e lasciando grande amarezza e nervosismo negli ospiti, tanto da generare l’esplosione di Zambo Anguissa per somma di ammonizione e far arrivare anche un giallo sacrosanto a Kim Min-Jae, costretto a saltare la gara di ritorno perché era in diffida. Una doppia assenza che, aggiunta a quella di Giovanni Simeone infortunato, e a un acciaccato Osimhen ha reso di gran lunga inferiori le possibilità di Spalletti per cambiare la partita di ritorno.
Un match che il Milan ha assaporato, a cui si è dedicato interamente, anche a dispetto di un impegno del Bologna che sarebbe servito per classifica e corsa alla Champions League, ma che inevitabilmente è passato in secondo piano. Il turnover di Pioli è stato ampio e per molti eccessivo, ma in realtà ragionato per far recuperare gli uomini più importanti e con il senno di poi anche giusto. Rinunciando a qualcosa, e a qualcosa si doveva per forza di cose rinunciare, i rossoneri sono riusciti a recuperare un Giroud schierabile nonostante gli acciacchi (e si rivelerà un fattore decisivo), ma anche ad avere in piena forma un centrocampo costretto a correre al doppio dell’intensità per arginare la velocità del Napoli nella conduzione del pallone.
Spalletti, in realtà, rispetto all’andata ha deciso per qualche modifica di formazione oltre a quelle forzate. Il ballottaggio sulla fascia di destra, infatti, l’ha vinto Matteo Politano rispetto a Hirving Lozano e non si è trattata di una mossa sbagliata. L’esterno offensivo ex Inter e Roma, infatti, ha iniziato la partita ad altissima intensità, puntando regolarmente l’avversario nell’uno contro uno e mettendo in grande difficoltà anche un colosso come Theo Hernandez. Proprio un contrasto con il francese ha messo prontamente fuori dai giochi l’attaccante e ha dovuto abbandonare la partita, nello stesso slot di sostituzioni, anche un Mario Rui che, in realtà, non ha fatto una gran bella figura in queste sfide contro il Milan. Quindi, ancora una volta a fare la differenza è stata la luna storta, anche quando sembrava stesse per girare all’improvviso. Il momento di svolta che sembrava essere scritto nel destino era stato contrassegnato dal rigore conquistato da Leao e che un Giroud in difficoltà fisica si era fatto neutralizzare da Meret. Il pubblico è esploso, i partenopei sono ripartiti a massima intensità, ma i ragazzi di Pioli, anche in questo caso, non hanno perso la testa e sono riusciti a gestire al meglio le varie fasi della partita.
Ciò che ha fatto più impressione è stata la maniera in cui la difesa del Milan è riuscito a contenere una bestia rara e letale, nel senso buono del termine, come Osimhen. I rossoneri si sono inventati una marcatura serrata sul nigeriano, impiegando in primis le loro forza difensive, con Simon Kjaer e Fikayo Tomori in prima linea, che raramente hanno fatto vedere il pallone al capocannoniere della Serie A. Poi, però, si è messo in mezzo anche Rade Krunic con alcune ottime diagonali difensive e soprattutto Calabria che si è rivelato un vero e proprio pendolo della fase difensiva di Pioli. Il terzino, se l’azione si svolgeva sulla destra del Napoli, stringeva molto la sua posizione, quasi a comportarsi da terzo centrale. Una tattica che ha funzionato e che ha permesso ai rossoneri di tenere i padroni di casa il più lontano possibile dall’area di rigore, concedendogli al più di tirare dalla distanza e spesso pressati.
Il gol del Milan poi ha indirizzato definitivamente la partita e da lì in poi le possibilità che i rossoneri passassero il turno sono salite a dismisura, quasi senza attenuanti per gli sforzi dei padroni di casa e dei suoi tifosi, fin dalla sera prima. Anche perché, a conti fatti, i rossoneri stavano riuscendo a gestire meglio il match di ritorno rispetto a quello di San Siro, o forse sarebbe il caso di dire ancora meglio. Le azioni nitide, quelle che vengono chiamate palle gol, per intenderci, sono state ben poche per un Napoli che non è riuscito mai davvero a interpretare un copione che mettesse in difficoltà i campioni d’Italia in carica. Al contrario, i contropiede del Milan sono diventati via via sempre più continui e pericolosi con un Leao che a campo aperto si è confermato devastante. Il portoghese nell’azione dello 0-1 è stato protagonista di una cavalcata da 70 metri, una di quelle che lasciano piantata mezza squadra avversaria sul posto, per poi offrire a Giroud un pallone d’oro per il vantaggio.
L’azione dell’ex Lille ha ricordato a molti quella di Ruud Gullit, culminata in un assist strepitoso per Marco van Basten. Qui si è scomodata la storia, una delle più importanti e più liete per l’intero mondo rossonero, ma in effetti le analogie rispetto a quella rete iconica ci sono e non sono poche.
Un punto a parte è certamente la partita che ha giocato Khvicha Kvaratskhelia questa sera. L’esterno d’attacco si è fin da subito intestardito nel puntare uno contro uno un Calabria che, in tandem con i rientri dei compagni, è riuscito puntualmente a controllarlo, a rubragli il pallone e a vanificare gli sforzi del Napoli, senza neanche fare troppi sforzi. Secondo alcuni, le azioni insistite del laterale offensivo sono state assolutamente controproducenti e hanno inciso parecchio sul corso della partita. L’hanno frustrata, hanno dato certezze al Milan e hanno lanciato il contropiede decisivo per la partita, quello da cui è nato il gol di Giroud.
Anche a inizio secondo tempo, quando Kvara è riuscito a scartare un paio di uomini e a trovare la soluzione personale, non c’era lo spazio o la lucidità per trovare la porta. È stato lui la nota più stonata di questo Napoli, spiace dirlo, anche perché ha sulla coscienza il rigore sbagliato che poteva riaprire i conti e che ha lanciato definitivamente il Milan verso la semifinale. L’errore che non si può fare, però, dopo averlo idolatrato, accostato a miti come Kakà o Maradona e cose del genere, è mettere in discussione il livello generale di un calciatore già ottimo, soprattutto se si considera che si trattava del suo primo anno in Italia, e ben oltre le aspettative. Probabilmente bisognerebbe evitare di idolatrare i calciatori dopo sei mesi, per poi non restarci male o semplicemente di paragonarli a campioni che hanno scritto la storia del calcio, che sarebbe comunque un paragone impietoso. Talenti del genere, giovani del genere devono anche sbagliare, imparare a cadere per poi rialzarsi e splendere ancora più forte e non compiere più quell’errore. Talenti del genere, insomma, vanno anche preservati, soprattutto in serate o turni di coppa così, che finiscono tra le lacrime.
Alla fine, l’1-1 ha permesso al Milan di andare oltre, ma le polemiche non si sono fermamente bloccate al fischio conclusivo. Spalletti, infatti, dopo essersi detto inconsolabile per quanto successo, ha stroncato ancora una volta la prova dell’arbitro, dopo che la partita di andata aveva portato tante polemiche per la direzione di gara di Kovacs e in tutto il mondo.
Sicuramente il rigore su Lozano sembrava piuttosto netto, ma l’eliminazione sarebbe ingiusto etichettarla solo con il marchio che hanno dato gli arbitri a degli incontri così tirati. Probabilmente, anche se adesso è facile, il Napoli, alla terza volta che incontrava il Milan, avrebbe dovuto dare meno riferimenti sull’esterno ai rossoneri, preoccuparsi anche lui di accorciare su un Leao poi rivelatosi incontenibile con quella porzione di campo davanti. Insomma, un po’ di umiltà, un bel gioco mixato a malizia non sarebbero guastati e probabilmente avrebbero reso di più rispetto a quanto non è successo. Ormai, però, è andata così e oltre a sottolineare la prova di un Milan encomiabile, non si può non guardare il bicchiere mezzo pieno per i futuri campioni d’Italia. La stagione è stata ed è meravigliosa, è andata ben oltre le attese, porterà in dote lo scudetto dopo tanti anni di astinenza e comunque i quarti di finale di Champions League. Il resto lo farà l’esperienza e si accumula anche e soprattutto in partite così,: è molto più bello considerarlo un punto di partenza che di arrivo e che questo progetto vada avanti sui binari con cui è stato designato. Anche concedendo degli applausi meritatissimi per chi ce l’ha fatta.
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