Oltre 100 persone condannate da 2 a 5 anni di reclusione dalle autorità del Myanmar. Si tratta della minoranza musulmana dei rohingya, perseguitata da anni per motivi religiosi dal Paese a maggioranza buddista. L’accusa è stata che viaggiavano verso la Malesia “senza documenti”, che non hanno perché non gli viene riconosciuta la cittadinanza.
La minoranza cerca rifugio nei paesi limitrofi che sono a maggioranza musulmana, nel tentativo di sfuggire a violenze e discriminazione.
Le autorità del Myanmar hanno condannato 112 persone appartenenti ai rohingya perché hanno tentato di raggiungere la Malesia “senza documenti”. A riportarlo sono stati i media locali. La sentenza va da due a cinque anni di detenzione in carcere. Tra chi dovrà affrontare la reclusione c’è anche un gruppo di circa una dozzina di bambini.
Le persone che stavano tentando di compiere il viaggio sono state arrestate il mese scorso mentre si trovavano in una regione a sud del Paese. La sentenza è arrivata il 6 gennaio, come riportato dal giornale Global New Light of Myanmar, che ha citato fonti di polizia locale.
Secondo il giornale i bambini, in quanto minorenni, sarebbero stati trasferiti due giorni fa in una “scuola giovanile di addestramento” vicino a un’area commerciale a Yangon.
Il gruppo di persone arrestate è stato chiamato dalla polizia con l’appellativo dispregiativo di “bengalesi”, usato per descrivere in modo denigratorio gli appartenenti alla minoranza religiosa dei musulmani. A loro è infatti negata la possibilità di avere la cittadinanza del Myanmar, pur appartenendo a questa terra. Il motivo è puramente discriminatorio in quanto il Paese è a maggioranza buddista. I rohingya si ritrovano così spesso costretti a richiedere un permesso per poter viaggiare.
La persecuzione di questa minoranza va avanti da anni in Myanmar. Nel 2017, dopo la repressione militare, centinaia di migliaia di rohingya sono scappati nel vicino Bangladesh nel tentativo di sfuggire a assassinii, stupri e incendi. A seguito di quello che può essere definito senza esagerazioni come un maxi esodo di massa, il Myanmar è accusato dalle Nazioni Unite di genocidio per tutto ciò che è stato perpetrato ai danni dei rohingya.
Per sfuggire al tentativo di sterminio, ogni anno le persone appartenenti a questa minoranza intraprendono lunghi e pericolosissimi viaggi nella speranza di raggiungere Malesia e Indonesia, ovvero paesi a maggioranza musulmana, partendo dai campi di rifugiati di Myanmar e Bangladesh. Purtroppo non di rado vanno incontro alla morte prima di arrivare alla destinazione che sperano rappresenti la salvezza.
Uno degli ultimi casi noti è avvenuto domenica scorsa. Per fortuna senza epilogo drammatico. Una barca di legno con a bordo circa 200 rifugiati rohingya, la maggior parte donne e bambini, è approdata in Indonesia, sulla costa ovest del Paese. Stando a quando reso noto dalle autorità, si sarebbe trattato del quinto arrivo di una imbarcazione di fortuna da novembre a oggi.
Secondo l’agenzia ONU per i rifugiati, la UNHCR, solo nell’anno appena concluso è stato stimato che oltre 2000 rohingya abbiano tentato la rischiosa traversata per cercare un futuro migliore fuori dai confini del loro paese di nascita.
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