La Serie A, e solo la Serie A, senza considerare le coppe, quest’anno ci ha regalato una certezza: il Napoli di Luciano Spalletti, che in questo ultimo periodo ha finto di riaprire un campionato che, in realtà, lei potrebbe mettersi in tasca già il 7 maggio, contro la Fiorentina, in un Diego Armando Maradona che potrebbe diventare una bolgia. Ai partenopei, infatti, bastano tre vittorie e anche solo un pareggio nelle prossime quattro partite contro i Viola di Vincenzo Italiano, che per altro sono e saranno i più spremuti del torneo, per portarsi a casa lo scudetto, 33 anni dopo quello del dio del calcio, quell’argentino che forse ne devono ancora programmare altri al suo livello di talento, dopo averci provato per anni, combattendo contro la Juventus di Massimiliano Allegri quando in panchina c’era Maurizio Sarri, e poi è bastato cambiare alcune pedine da milioni di euro, per trovare il meccanismo perfetto per non avere rivali.
L’unica rivale che, nei fatti, è riuscita a batterla è il Milan di Stefano Pioli, che lo scudetto ce l’ha cucito sul petto quest’anno e che ha una storia, in Champions League, che è di poco inferiore a quella del Real Madrid, che è sicuramente la regina della coppa dalle grandi orecchie. Nel doppio confronto nel torneo Uefa, e anche in quello di campionato di inizio aprile, forse è stato l’atteggiamento, il rispetto dei dettami tattici – da cui, per altro, ormai sembra essersi smarcato anche l’ex mister toscano, ora un po’ perdonato perché dalla Vecchia Signora, e dopo un anno di pausa, è passato alla Lazio -, anche una certa sicurezza, a far capitolare il Napoli. Martedì, davanti al proprio pubblico – e pure su quello, in una stagione dominata, ce ne sarebbe da dire, a prescindere dalle ragioni che spingono la curva e Aurelio De Laurentiis a doversi fare una foto prima della partita più importante come a suggellare una pace -, la squadra di Spalletti ha salutato la coppa, e la storia, perché arrivando in semifinale si sarebbe superato il record che era già di questi protagonisti, che per la prima volta avevano superato gli ottavi.
Non è una questione di ambiente quindi, e infatti sarà bellissimo vivere un successo come quello che, prima o poi, porteranno a casa gli azzurri, e la gente di Napoli, perché questo scudetto è anche delle persone che ogni giorno animano le strade della città all’ombra del Vesuvio, impazzite per questa squadra del tecnico toscano di Certaldo quanto sono impazziti (e forse un po’ di più) per quella di Sarri, (un po’ meno) per quella di Maradona, e sì, poco importa il cammino delle inseguitrici, quello è un campionato a parte, per dirla alla Francesco Totti.
La lotta vera, infatti, quest’anno, si sta vivendo per la zona Europa, e un po’ sulla zona retrocessione, perché se nel primo caso, a parte i biancocelesti, tutti gli altri sono impegnati su diversi fronti, qualcuno addirittura più di uno, e quindi la stanchezza si fa vedere nei risultati, nell’altra è iniziato il motto dell’orgoglio, e lo sta avendo sia l’Hellas Verona, che ieri ha battuto il Bologna e ha agganciato lo Spezia al quartultimo posto che vuol dire salvezza, e che ancora deve giocare un derby ligure in casa della Sampdoria, sia la Cremonese, che invece è ospite dell’Udinese, già ampiamente salva.
Per quanto riguarda la Champions League della prossima stagione, il discorso è complicato anche dal fatto che la Juventus potrebbe avere 59 punti, come effettivamente ora di nuovo ha, oppure potrebbe averne qualcuno di meno, e ancora non si sa la cifra o la doppia cifra del segno negativo che farebbe capitolare, di nuovo, la squadra di Allegri dal terzo posto (di ora) al decimo di quando arriverà la nuova sentenza della Corte d’appello federale, senza considerare anche che ci potrebbe essere una penalizzazione anche per quanto concerne il filone d’inchiesta sulla manovra stipendi. Ed è complicato per i bianconeri, che si stanno anche giocando una finale di Europa League prima contro il Siviglia, che è praticamente il corrispettivo dei Blancos, ma per la seconda competizione Uefa, e una finale di Coppa Italia contro l’Inter, in una partita in cui non ci sarà Romelu Lukaku e il clima sarà incendiario, quanto il derby che i nerazzurri giocheranno contro il Milan per l’accesso alla fine di Istanbul del 10 giugno, sia per gli altri.
La Lazio, fuori dalle coppe, è seconda (al momento) a 61 punti, 14 di distanza dal Napoli, un po’ meno dagli altri. Ammettendo i punti della Juventus fossero quelli reali, la distanza con loro sarebbe di due punti e con gli scontri diretti a favore dei bianconeri che hanno segnato più dei biancocelesti nel doppio incontro. La distanza dai “cugini” della Roma, anche loro con la voglia di giocare una finale della seconda competizione e dopo aver trionfato lo scorso anno in Conference League – e c’entra anche la mentalità nuova che ha dato José Mourinho alla squadra (forse non il bel gioco) -, è di cinque, e comunque non è detto che il quarto posto possa significare un ritorno nell’Olimpo del calcio.
Con cinque club tra i primi dodici d’Europa, due che si giocano un accesso alla finale in uno scontro diretto, che poi è anche uno dei derby più belli d’Italia, ammettiamolo, ed è reso ancora più spettacolare perché il terzo che si gioca in Champions League, l’ultimo risale al 2003; due potrebbero scontrarsi in finale, e la Fiorentina che si garantirebbe l’Europa League sia vincendo la Conference, sia vincendo la Coppa Italia, la situazione è ancora più difficile.
Se una tra le due milanesi vincesse la finale turca della coppa dalle grandi orecchie contro una tra Real Madrid e il Manchester City di Pep Guardiola – sapete che il catalano è l’unico allenatore non emiliano arrivato in semifinale di Champions League? – avrebbe diritto ad accedere alla prossima edizione del torneo anche se non si dovesse qualificare tra le prime quattro del campionato, e ora sono entrambe fuori con il ritorno della Vecchia Signora ai pieni alti.
Non solo, anche vincendo l’Europa League si avrebbe accesso alla coppa dalle grandi orecchie dell’anno successivo, e quindi se ci fosse una finale tra Roma e Juventus e vincessero i giallorossi dello Special One che ora sono quarti andrebbero loro, sia come piazzamento in campionato, sia come vittoria, ma se dovessero essere quinti ci andrebbero comunque, lasciando i quarti con un cerino in mano. E poi sì, c’è la Viola, che dopo un inizio di campionato opaco, è tornata a essere protagonista, ma lo è stata di più in Europa e nel torneo nazionale, dicevamo.
La corsa per l’Europa è un equilibrio, tra chi ha ancora le coppe e farà di tutto per concentrarsi su entrambi i fronti, ma con un occhio particolare per gli impegni straordinari che si hanno in mezzo alla settimana – è stato piazzato anche un bell’infrasettimanale tra le semifinali di Coppa Italia e quelle delle competizioni Uefa -, e chi non le ha, e quindi solo la Lazio e il Napoli (che diamo già per il prossimo vincitore dello scudetto, anche se domani sarà ospite allo Stadium, non proprio lo stadio più felice per gli azzurri). Si deve macinare per conquistarsi almeno un secondo e terzo posto che, quello sì, potrebbe garantire un accesso alla prossima edizione della Champions League, specie se tutto dovesse andare male: altro che una poltrona per due, insomma.
E c’è la Juventus, ancora. Perché i bianconeri potrebbero essere fatti fuori dalle competizioni Uefa a prescindere dal calibro, per volontà dello stesso organo governato da Aleksander Ceferin, e di cui adesso è diventato vice il nostro Gabriele Gravina, che è anche il presidente della Figc. Le carte della procura di Torino sull’inchiesta Prisma, infatti, sono arrivate fino a Nyon e si stanno esaminando per capire se ci siano delle anomalie, anche in vista di un seattle agreement che si era stipulato con loro per problemi con il fair play finanziario, e non è detto che anche da lì non possa arrivare una stangata che potrebbe mettere per davvero in ginocchio la società, a prescindere dal terzo posto, dalla vittoria della Coppa Italia e di quella dell’Europa League.
Districarsi è quasi impossibile, e si è parlato anche di campionato falsato, se lo sia o no, vincere e conquistare i punti è l’unico modo per non dover cercare alibi dopo. Alibi che, dicevamo, stanno provando a non avere anche nel pantano della retrocessione. In fondo al baratro c’è una Sampdoria che, con una partita in meno, è lontana 12 punti dalla salvezza, ma di punti ne ha fatti 16 in tutto il resto del campionato.
La Cremonese, che per altro è anche in semifinale di Coppa Italia per aver battuto il Napoli e la Roma, ha avuto il suo motto di orgoglio. Se dovesse vincere la sfida contro i friulani e se tra i blucerchiati e gli spezzini arrivasse un pareggio, accorcerebbe di ancora due punti dal quartultimo posto della squadra di Leonardo Semplici, ora appaiata al Verona a 26 punti, ma con i veneti con una partita in più giocata (e vinta). E poi c’è il Lecce, che tanto tranquilla non è ed è stata anche contestata nell’ultima partita al via del Mare, e il calendario non è semplice.
Tutto è ancora aperto, tutto è possibile, anche riscrivere un campionato a bocce ferme, ovvero oltre il 30 giugno, giorno in cui si inizierà a pensare alla prossima stagione, e a porsi gli obiettivi. Intanto, però, la Serie A c’è, in Europa, e tra i campionati più belli che possano esserci, anche a dispetto di una Premier League che magari delle due (su dodici) che potrebbe portare in finale entrambe vincerebbero il titolo, e i calciatori sono più fisici, tecnici, anche tattici e marziani (vedi Erling Haaland), ma che guadagna davvero troppo più di noi dai diritti televisivi. E quindi dateceli anche noi i soldi, che torniamo a brillare come ai tempi delle sette sorelle, in cui tutto non era scontato, o scritto, ed era anche tremendamente bello.