Il quadro degli ottavi di finale di Champions League è ormai completo e ha espresso le sue sentenze. Dopo il colpo della scorsa settimana del Milan, arrivato contro il Tottenham, non hanno fallito l’appuntamento con la qualificazione Inter e Napoli. I nerazzurri hanno regolato ieri sera il Porto, mentre il Napoli ha confermato il successo dell’andata contro l’Eintracht Francoforte e ha staccato il pass per degli storici quarti di finale. Ecco il racconto degli emozionanti due giorni nella massima competizione europea e cos’è successo nel dettaglio.
E alla fine fu tripletta. Milan, Inter e Napoli sono tra le migliori otto squadre d’Europa, almeno per quest’edizione e nessuna delle tre ha subito neanche un gol nei sei confronti degli ottavi di finale. Un successo storico e uno spot decisivo per il nostro calcio, sempre più ansioso di tornare al top del Vecchio Continente. Quello di stasera è già un bel passo in avanti, dato che non accadeva a tre squadre italiane di essere contemporaneamente tra le prime otto da ben 17 anni. Un’enormità, ma anche un tabù che è ormai finito nel dimenticatoio. Ma non era affatto scontato, soprattutto a inizio anno.
Sono giorni di grandi emozioni, sono giorni di Champions League. Le italiane stavolta hanno fatto davvero bella figura eliminando una squadra inglese, una portoghese e una tedesca. Un traguardo da non far passare in secondo piano, soprattutto perché ora tutti inizieranno ad appagare la loro fame di vittorie pensando ai prossimi sorteggi. In realtà, è il momento di godersela e anche di portare il pugno sul petto, almeno stavolta.
Dall’altra parte, però, c’è anche la violenza e la crudeltà cieca dei fatti di Napoli. I seicento tifosi dell’Eintracht Francoforte (e qualcuno anche di altre tifoserie italiane) che ha pensato bene di progettare e realizzare degli scenari di guerriglia urbana nel centro storico pulsante del capoluogo partenopeo. Quello non c’entra nulla con il calcio, soprattutto non ha nulla in comune con il tifo, quello vero. Un episodio che interessa anche la politica e di cui qualcuno dovrà dare conto, ma che non ha affatto distratto gli azzurri dal loro obiettivo, almeno sul terreno di gioco.
NAPOLI-EINTRACHT 3-0 – Il Napoli sfida l’Eintracht Francoforte allo stadio Maradona come chi non ha più intenzione di smettere di sognare. Guai, appunto per questo, a sottovalutare un avversario che ha dei valori assoluti e ha delle motivazioni fortissime da mettere in gioco.
Luciano Spalletti per centrare l’obiettivo dei quarti di finale di Champions League non fa sconti e decide di schierare la formazione titolare, quella che probabilmente tra qualche anno si reciterà a mo di preghiera o cantilena. In ogni caso, l’inizio dei partenopei non è assolutamente dei migliori e più che demerito dei padroni di casa, è certamente coraggio dei tedeschi. Gli ospiti interpretano il match con grande quantità e aggressività, cercando continuamente di recuperare il pallone in alto e, quindi, di essere pericolosi negli ultimi 30 metri.
L’atteggiamento dell’Eintracht è quello della squadra sfavorita che non vuole lasciare nulla di intentato e i frutti arrivano. Il Napoli, infatti, resta spesso schiacciato nella sua metà campo e senza possibilità di reazione, almeno così pare in un primo momento. Le occasioni non sono neanche poche, soprattutto nei primi trenta minuti, poi la partita cambia all’improvviso. Il Napoli non accelera i ritmi, anzi tenta di addormentare il match e uscire dal momento difficile attraverso il possesso palla. Solo negli ultimi del primo tempo, quando i tedeschi faticano un po’ a livello di fiato dopo tanti sforzi fatti, esce la maggiore qualità del Napoli.
Al 42esimo, Kvaratskhelia ha una grande occasione da gol. Tutto nasce da una magia di Piotr Zielinski che, sulla fascia sinistra, semina gli avversari utilizzando un colpo di tacco. Da lì parte la sua volata ad accentrarsi man mano dentro al campo. È a quel punto che il polacco decide di scaricare il pallone proprio su Kvaratskhelia che incolla il pallone al piede e a tu per tu con Trapp sceglie di batterlo con il piattone destro: il portiere, però, interviene e respinge in calcio d’angolo.
L’arbitro decreta due minuti di recupero, che saranno 120 secondi di gioia per i tifosi del Napoli. Dopo un batti e ribatti in cui l’Eintracht perde il possesso del pallone, Matteo Politano si invola sulla fascia destra con gli occhi di chi ha intenzione di fare male. L’ex laterale d’attacco dell’Inter mette al centro un pallone straordinario con il destro che trova Osimhen tutto solo in area di rigore. L’assist sembra un po’ troppo alto, ma il nigeriano saltando praticamente da fermo resta in area come solo i migliori possono fare e riesce anche ad angolare la sfera, firmando proprio quando serviva di più il gol dell’1-0. Si va a riposo con diverse sicurezze in più e con qualche brivido in meno, ma con la certezza che ci sarà ancora da lottare per un po’.
E, infatti, al rientro nel secondo tempo, l’Eintracht mette ancora in campo la determinazione evidenziata nei primi 45 minuti o meglio le residue speranze di restare in Champions League. È bravo il Napoli a resistere ai cross che arrivano da una parte e dall’altra con Alex Meret attento in uscita. La prima vera occasione per il Napoli, nella seconda parte del match, arriva al 48esimo. Uno scatenato Osimhen si invola sulla fascia destra e mette al centro un pallone interessante, intercettato da Trapp.
Al 50esimo si vede ancora in avanti il Napoli. Kim Min-Jae anticipa secco un avversario e poi si invola con tutta la sua potenza verso l’area avversaria: nessuno riesce a chiudere e alla fine la copertura arriva solo al momento del tiro, che finisce in calcio d’angolo. Il pubblico impazzisce e inizia a gridare il nome del difensore centrale, secondo molti il migliore del campionato se non d’Europa. È solo l’anticipazione di quello che succederà da lì a poco.
Al 53esimo c’è, infatti, il raddoppio di Osimhen. L’azione parte, neanche a dirlo, da Kvaratskhelia che cambia gioco fino ad arrivare a Giovanni Di Lorenzo. Il cross per il nigeriano è perfetto e in spaccata il bomber firma la sua personale doppietta. Grande gioia per tutto lo stadio azzurro, ma anche un po’ di paura. L’autore del gol, infatti, rimane a terra con un polso dolente: è colpa di Tuta che inavvertitamente l’ha calpestato. Dopo qualche minuto, però, il calciatore rientra in campo con un’ampia fasciatura.
La partita, da qui in poi, si stappa e l’Eintracht comunque ci mette una buona dose d’orgoglio. I tedeschi al 57esimo costruiscono una bella azione e il pallone arriva al centro dell’area a Daichi Kamada, a tu per tu con Meret. Il calciatore va un po’ morbido sul pallone e il portiere riesce a respingere. In realtà, però, l’azione era viziata da un fuorigioco iniziale. Sono solo le avvisaglie di quanto succederà poco dopo, dato che è ancora Kamada a far partire una bella incursione che non ha grande fortuna.
La musica della partita, però, sembra cambiata con il Napoli che, rispetto al primo tempo, fa girare il pallone con molta più tranquillità e convinzione, cercando di stanare i diretti avversari e guadagnarsi gli spazi per il tris. Al 61esimo minuto sembra proprio il momento buono per chiudere ulteriormente la partita. Osimhen innesca Kvaratskhelia che non riesce a concretizzare, ma sul proseguo dell’azione il georgiano si mette in proprio e fa partire un destro a giro che viene respinto da Trapp in calcio d’angolo. Al 62esimo, la mole di gioco creata dal Napoli dà i suoi frutti. Kvaratskhelia inventa ancora e il pallone viene controllato da Zielinski, bravo a girarsi in un fazzoletto in area di rigore. Circondato dai calciatori dell’Eintracht viene atterrato per un intervento in ritardo da dietro: l’arbitro senza pensarci troppo assegna il penalty e dal dischetto si presenta proprio Zielinski che se l’è guadagnato. Il polacco al 64esimo non sbaglia con un bolide centrale che non lascia scampo al portiere avversario. Il Napoli è già 3-0 e per la quarta volta quest’anno in Champions League i partenopei segnano almeno tre gol in una partita. Semplicemente devastanti.
Al 74esimo, in una girandola di cambi operati da Spalletti, arriva anche una standing ovation. Kvaratskhelia, infatti, viene sostituto da Eljif Elmas e si becca gli applausi scroscianti di tutto lo stadio Maradona. Al 77esimo, l’Eintracht è bravo a rendersi ancora pericoloso, almeno per accorciare le distanze. Max calcia un bellissimo calcio di punizione a giro, ma la difesa del Napoli è brava a deviare in calcio d’angolo. In questi minuti, i tedeschi restano stabilmente nella metà campo della squadra italiana e arrivano altre due occasioni interessanti non sfruttate da Max e Gotze. I partenopei vivono qualche altro brivido sulla schiena, ma sono bravi a controllare il risultato e la partita.
Da qui in poi, inizia un altro tipo di partita. I ritmi si abbassano e i partenopei la addormentano ulteriormente, anche se ogni tanto gli ospiti, soprattutto per orgoglio, tentano di affondare il colpo, almeno per tornare in Germania con il gol della bandiera. In realtà, più passa il tempo più la sensazione è che il Napoli riuscirà anche oggi a blindare la sua porta. E così è, con un paio di minuti di recupero che non cambiano la sostanza del possesso palla dei padroni di casa: finisce 3-0 e in totale 5-0, ma soprattutto la capolista della Serie A è per la prima volta nella sua storia ai quarti di finale della massima competizione europea. Ed è tutto meritatissimo.
In un doppio confronto che per molti avrebbe celato diverse insidie, il Napoli se ne esce ancora una volta con una dose di certezze incommensurabili, miste a una sensazione di grandezza difficile da stemperare. I partenopei quest’anno daranno fastidio a chiunque, questo ci sentiamo di anticiparlo, anche se il sorteggio farà tanto nelle ambizioni finali dei campani. Certamente con Osimhen e Kvaratskhelia lì davanti c’è poco da mettere in discussione, perché anche stasera si è dimostrata tra le coppie più importanti d’Europa, con poco altro da aggiungere perché resta nella straordinaria bellezza e nell’organizzazione precisissima messa in campo.
Non sappiamo come finirà per il Napoli in questo percorso meraviglioso e storico, ma quello che ci sentiamo di fare è ringraziare i partenopei per tutta questa gioia che ha animato un popolo già di per sé estremamente innamorato e caldo. Non si vede tutti i giorni.
REAL MADRID-LIVERPOOL 1-0 – Basta leggere i nomi delle due avversarie per capire che questa non può essere una partita come le altre, soprattutto non può esserlo se si parla di Champions League. La finale, anzi la finalissima dello scorso anno quest’anno capita decisamente prima e soprattutto per demeriti di un Liverpool irriconoscibile, in Premier League ancora di più. Il 2-5 dell’andata, nonostante un grande inizio dei Reds, ha fatto capire che c’è poca partita tra le due squadre: i tentativi di rimonta degli inglesi sembrano quasi velleità, o meglio ambizione di una piazza caldissima e che ora si è abituata anche alle grandi imprese, e non solo alla sfortuna.
In ogni caso, anche ai suoi arbori la partita dello stadio Bernabeu sembra avere veramente poco da raccontare a livello di sorprese o comunque si è convinti che alla fine sarà il Real Madrid a passare il turno. In realtà, il primo tempo, seppur con ritmi non proibitivi, non è così semplice per le Merengues che probabilmente lavorano meglio sotto stress e spesso amministrano con il minimo sindacale.
In ogni caso, l’inizio migliore è quello del Liverpool, capace di mettere già nei primi minuti della partita due palle interessanti per tentare di impensierire Thibaut Courtois. La prima è di Cody Gakpo, la seconda di James Milner. La squadra di Jurgen Klopp, però, non riesce a sbloccare il risultato e a quel punto anche il Real Madrid tenta di farsi vedere in avanti, nonostante la difesa del Liverpool stasera sembri particolarmente concentrata. Gli squilli tentati da Vinicius Jr e da Luka Modric (su calcio piazzato), però, non arrivano a destinazione e a quel punto c’è da incassare di nuovo l’offensiva degli ospiti.
La prima vera occasione della partita, al settimo minuto, è proprio dei Reds. Darwin Nunez, in rete già all’andata per smentire i detrattori, indirizza un tiro interessante verso la porta, ma trova ancora un ottimo intervento di Courtois a respingere. Il Real Madrid, dopo il brivido, prova ad alzare il baricentro, ma beneficia solo di alcuni calci piazzati calciati da Toni Kroos e Modric che non vanno a buon fine.
I Blancos riescono a mantenere con grande classe il possesso palla, ma le potenziali occasioni arrivano da una parte e dell’altra. Al 14esimo, è la volta di Vinicius Jr che, però, trova un grande intervento di Alisson che, a pochi metri, dal suo avversario neutralizza il tentativo. Il Real Madrid continua a spingere e nel cuore del primo tempo ha una grande occasione con Camavinga. Il centrocampista centrale si libera alla grande sulla trequarti e scarica un tiro che mira ad arrivare sotto la traversa. È molto bravo, però, il portiere brasiliano.
Dopo un altro bel tentativo di Modric dalla distanza, le squadre si studiano per una decina di minuti, poi emerge ancora il Liverpool con il suo bomber. Nunez fa partire un bolide angolato che sembra in partenza spiazzare Courtois, ma il portiere belga ha una reazione e devia con la punta delle dita in calcio d’angolo. Il Liverpool continua a metterci grande aggressività per tutto il finale di primo tempo e il Real Madrid difficilmente riesce a imporre la sua qualità agli avversari.
Il secondo tempo, soprattutto inizialmente, non vede un copione tanto diverso. I Reds giocano duro nel tentativo di recuperare il pallone, ma anche di interrompere la temibile manovra degli avversari. Al 53esimo, però, emerge Federico Valverde che scarica un bel tiro, ma centrale che Alisson riesce a neutralizzare. Nei minuti successivi, regna essenzialmente l’equilibrio con il Liverpool che si rassegna all’idea crescente che sarà eliminato. Klopp, però, non si arrende e con un paio di cambi cerca di smuovere la situazione.
Al 79esimo minuto, arriva il sigillo finale sulla partita. Vinicius Jr scappa via alla difesa avversario e serve a Karim Benzema solo da scartare e mettere in rete. Per il francese è un gioco da ragazzi spingere la palla in rete e sbloccare la partita. Siamo uno a zero e ora le speranze del Liverpool di qualificarsi sono praticamente inesistenti. Ancelotti capisce che il grosso è fatto e inizia a dare un po’ di riposo ai suoi, un po’ per standing ovation, un po’ per onorare i prossimi impegni. Nel giro di due minuti, infatti, escono Vinicius, Benzema e Modric, poco dopo viene data anche la possibilità di mettersi in evidenza a Marco Asensio.
Da qui alla fine, succederà davvero poco, anche perché il Liverpool desiste e quella grande aggressività scema in delusione. Anche l’arbitro ha la sensazione che si stia attendendo solo il fischio finale, che arriva dopo due minuti di recupero. Il Real Madrid si qualifica ai quarti di finale, ed è l’undicesima volta negli ultimi tredici anni, mentre i Reds già agli ottavi tornano a casa con un bottino magrissimo.
È inutile girarci attorno: anche quest’anno i Blancos saranno lo spauracchio di tutti da qui alla fine. Non sarà scontato e neppure automatico, ma la competitività di questa squadra anno dopo anno non è più una sorpresa, ma una certezza che neanche il Liverpool riesce a far traballare. E non c’è riuscito neanche lo scorso anno al top della condizione. Questo è il segnale di una qualità eccelsa, probabilmente la migliore al mondo, ma che si basa anche sull’esperienza dei centrocampisti e su un clima regale che quasi sembra spingere le Merengues alla vittoria. C’è poco da dire a dei ragazzi del genere, se non fare i complimenti a chi puntualmente riesce a dimostrarsi la migliore di tutti. E poi quel Carlo Ancelotti in panchina è un orgoglio che mette un altro pezzettino italiano dove conta di più, non nascondiamolo. E grazie per tutta questa bellezza.
Benissimo il Napoli, quindi, ma bene anche l’Inter. Infatti, nel racconto degli ultimi due giorni, non si può ignorare anche il successo dei nerazzurri, capaci di eliminare con un 1-0 totale il Porto di Sergio Conceicao. Molto bene anche il Manchester City che, dopo le incertezze e il pareggio molto criticato dell’andata contro il Lipsia, si è qualificato senza problemi per i quarti di finale e con un Erling Haaland semplicemente stratosferico.
PORTO-INTER 0-0 – I nerazzurri da Milano a Porto cercano di scrivere la storia e soprattutto di tornare ai quarti di finale di Champions League dopo dodici anni. L’andata va a loro favore dopo una vittoria per uno a zero firmata da Romelu Lukaku che può essere pesantissima anche per il ritorno. All’inizio regna l’equilibrio, ma alla lunga emerge un Porto ben concentrato e che riesce a mettere in difficoltà la difesa della Beneamata con i suoi attacchi esterni, ma anche il centrocampo. L’allenatore portoghese, infatti, è molto bravo a schierare tatticamente la squadra in campo con una sorta di gabbia scomposta creata intorno ai centrocampisti nerazzurri per cercare di non far giocare i principali talenti della squadra di Simone Inzaghi.
Nel secondo tempo, l’Inter fiuta la vittoria, ma diversi dei suoi calciatori accusano problemi fisici, soprattutto in difesa e sugli esterni, mentre l’attacco fa fatica a incidere e soprattutto a tenere alto il pallone, sgravando la fase difensiva della pressione operata dal Porto. Con il passare dei minuti, quindi, i padroni di casa schiacciano sempre di più gli ospiti con Matteo Darmian e compagni impegnati a tentare di respingere tutti gli attacchi e strappare così il pass per i quarti di finale.
L’eroe della serata è André Onana. Il portiere, aiutato anche da pali e traversa, riesce a respingere una serie di tentativi ravvicinati degli avversari che sono già storici. Il può bello da vedere è sicuramente quello su Taremi che, da pochi passi, devia a botta sicura e trova un grande intervento del camerunense, poi il palo. Nei minuti finali viene espulso Pepe e Lukaku riesce a tenere di più il pallone in avanti, centrando una qualificazione straordinaria per la storia dell’Inter (clicca qui per leggere la cronaca completa). È incredibile come il destino di Inzaghi e la stagione di Inzaghi abbiano cambiato volto nel giro di 180 minuti.
Con questo passaggio del turno, la Beneamata si iscrive nel novero della sua storia moderna e ben in pochi l’avrebbero immaginato dopo aver pescato Barcellona e Bayern Monaco già per la fase a gironi. Invece, ora, i suoi detrattori dovrebbero chiedere scusa al tecnico ex Lazio, capace di portare l’Inter in Paradiso e abbinare tutto questo a un secondo posto in campionato comunque dignitosa, oltre alle altre coppe. Bene così e bene per la nostra Italia, finalmente!
E non era affatto scontato per l’ottavo di finale più incerto che probabilmente abbiamo visto. I nerazzurri sono stati molto bravi a curare la fase difensiva in maniera estremamente scrupolosa e poi c’è da lodare anche chi è stato bersagliato per gran parte della stagione e per tutto il primo tempo. Se anche Denzel Dumfries, infatti, riesce a sfornare prestazioni così e salvare la sua porta, allora il gruppo e la coesione di questa Inter potranno portare il club davvero lontano.
Ora inizia il difficile, anche il bello. Il club milanese si sta regalando una delle pagine più belle della sua storia moderna e soprattutto quella dimensione da grande squadra che spesso la squadra lombarda ha dovuto mettere nel cassetto dei ricordi. Per il grande doppio appuntamento, in attesa di capire quale sarà l’avversaria finale, bisognerà tirarsi a lucido, ritrovare il Lukaku migliore possibile e ridarsi quel peso offensivo che sarebbe servito anche nel doppio confronto con il Porto. Bisognerà tornare a vincere anche in campionato e con continuità, in modo da blindare il secondo posto il prima possibile. Questa è certamente l’intenzione di Inzaghi e dei suoi ragazzi: una squadra che ama giocare contro le più grandi per sentirsi grande, ma che stacca anche un po’ troppe volte la spina. È un allenatore che va in panchina in discussione prima di una partita importantissima e se ne torna con nuove smentite e un pezzo di storia nel cassetto. Chapeau anche a lui.
MANCHESTER CITY-LIPSIA 7-0 – Il Manchester City di Pep Guardiola, secondo in Premier League, alle spalle dell’Arsenal che quest’anno si è trasformato in una macchina da gol, che ne prende anche pochi, arriva al match dell’Eithad Stadium, a casa sua, forte del suo pubblico, e con la certezza che anche solo un gol le garantirebbe, ancora, i quarti di finale della coppa dalle grandi orecchie.
Il Lipsia, invece, terzo in Bundesliga, si presenta nella cittadina inglese con l’obiettivo di reggere fino alla fine, per poi provare a portarla a casa. Sarebbe un sogno per i tifosi tedeschi, un sogno in cui credono per altro per venti minuti, qualche minuto in più anche perché l’arbitro, che prima non aveva visto il contatto di braccio di Benjamin Henrichs in area, fischio il rigore per i padroni di casa. Dal dischetto si presenta il marziano della casa: Erling Haaland, lo stesso attaccante che ha fatto più reti che presenze in Champions League, e che non ha nemmeno 23 anni, lo stesso attaccante che non sbaglia, e non lo fa davvero più.
Il norvegese ex Borussia Dortmund è ovunque, ma è soprattutto davanti a Janis Blaswich, che lo soffre, tanto. In meno di 120 secondi, sfruttando proprio un errore del portiere dei tedeschi, è pronto sulla ribattuta di un tiro ad avventarsi e a fare doppietta. Non gli basta, però, perché al 47esimo, è sempre lui che manda i Citizens negli spogliatoi sul punteggio del 3-0.
Non c’è aria tesa da parte degli inglesi, festanti più che mai allo stadio, forse si respira un po’ di rassegnazione nel lato dei tifosi della squadra di Marco Rose, una rassegnazione che diventa ancora più concreta nel momento in cui a timbrare il cartellino ci pensa anche un altro ex giallonero, quell’Ilkay Gundogan che qualche li ha fatti gioire anche con la maglia della nazionale i supporter tedeschi. È il 49esimo, passano quattro minuti e poi ancora quattro ed è ancora Haaland a entrare nella storia: in meno di un’ora, e con molte partecipazioni in meno, il numero 9 di Guardiola eguaglia il record che fu di Lionel Messi – nel 7-1 del Barcellona ai danni del Bayer Leverkusen il 7 marzo del 2012 -, e Luiz Adriano – che ci riuscì nel 7-0 dello Shakhtar Donetsk contro il Bate Borisov il 21 ottobre del 2014.
Se non fosse che l’ex allenatore blaugrana, che ai tempi del record della Pulce era il suo tecnico, lo toglie dal campo al 62esimo – e lui viene sommerso da una caterva di applausi -, probabilmente il marziano nato a Leeds il 21 luglio del 2000, a 22 anni e qualcosa avrebbe già superato, almeno in quello, la splendida carriera in Champions del campione del mondo argentino. Senza Haaland, il City ci mette un altro po’ – si deve aspettare al 92esimo – per fare un altro gol, è il settimo d’altronde.
E quindi cala anche il sipario sull’avventura del Lipsia nella coppa dalle grandi orecchie, con una sacca troppo piena di reti da smaltire, è vero, ma anche sfortunata nel sorteggio, perché, ora che pure il Paris Saint-Germain, di Messi, sì, di Kylian Mbappé, è stato messo fuori dai giochi dal Bayern Monaco, il cerchio si stringe ancora, e presentarsi ai quarti di finale forti di aver annientato così un avversario comunque non facile – anche i tedeschi ci hanno provato, almeno prima del rigore del norvegese, ma non sono stati precisi.
Non solo, dopo tanti tentativi, alcuni falliti sul più bello come nella finale tutta inglese contro il Chelsea, sarebbe davvero il coronamento di un sogno alzare al cielo di Istanbul, il 10 giugno, quella coppa che è a magia. Ma è ancora troppo presto per dirlo, è ancora troppo presto per pensare così in grande, perché ci possono sempre essere delle sorprese, che sono anche il lato bello del calcio.
Nell’urna di Nyon, che si aprirà venerdì alle 12, intanto, ci sono tre italiane su otto, e siamo anche la nazione più rappresentata, cosa che non succedeva da 17 lunghi anni, da quel 2006 in cui poi abbiamo vinto i Mondiali di calcio, in Germania.
C’è il Napoli, c’è l’Inter e c’è anche il Milan di Stefano Pioli, che hanno due possibilità su sette di incontrarsi tra di loro, e se ne potrebbero vedere delle belle, come un derby della Madonnina, o un’altra sfida tra i nerazzurri e gli uomini di Spalletti, finora una delle poche squadre che è riuscita a imbrigliare gli azzurri, e a vincere imponendo il proprio gioco. Le nostre, però, potrebbero pescare anche il Benfica, che ha giustiziato prima la Juventus e poi il Club Brugges, o il Chelsea, che ha dato parecchi grattacapi ai Diavoli nel girone, e poi ha battuto il Dortmund ai tempi supplementari agli ottavi, e Stamford Bridge.
C’è il Bayern Monaco che è arrivato primo nel gruppo del triplete, quello con dentro anche gli undici di Inzaghi, e il Barcellona di Xavi Hernandez, e poi si è concesso il lusso di stoppare i sogni di gloria del Paris Saint-Germain in una quasi finale anticipata. E c’è il Real Madrid, che non bisogno di presentazioni, che ha triturato all’andata il Liverpool ad Anfield, e c’è il Manchester City di Guardiola e Haaland.
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