Il padre di Saman per la prima volta a processo per l’omicidio della figlia: Shabbar Abbas ha iniziato oggi a partecipare alle udienze di Reggio Emilia in videcollegamento dal Pakistan, dopo mesi di rinvii.
Si attende ancora la risposta del Paese sull’estradizione chiesta dall’Italia, anche in questo caso oggetto di una serie di slittamenti che ancora non ha trovato soluzione. L’unica a non essere arrivata sul banco degli imputati, ma comunque accusata di concorso nel delitto, è la madre della 18enne uccisa a Novellara, Nazia Shaheen. La donna è latitante dal giorno in cui è tornata in patria, ormai due anni fa.
Shabbar Abbas, imputato con la moglie (l’unica ancora latitante) e altri tre parenti per l’uccisione della figlia Saman, assassinata a Novellara (Reggio Emilia) la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, per la prima volta compare a processo in Italia.
Non fisicamente, ma in videocollegamento perché ancora il giudice di Islamabad non ha deciso sulla richiesta di estradizione avanzata dall’Italia.
Si tratta comunque di un passo importante e atteso da mesi, dopo l’arresto dell’uomo avvenuto in patria.
Shabbar si sarebbe presentato con una camicia bianca e una mascherina ffp2, riporta l’Ansa, sostenendo di non parlare bene l’italiano.
Per questo, le autorità pakistane avrebbero predisposto la presenza di un interprete per tradurre tutte le fasi, procedura che rallenterà i lavori in aula ma che è necessaria alla luce del contesto in cui si celebra il processo a carico di Abbas.
Il giudice Cristina Beretti, che presiede la Corte d’Assise di Reggio Emilia, ha sottolineato come sia stato difficile arrivare a portare il padre di Saman in collegamento a distanza, “ma finalmente ce l’abbiamo fatta”, ha concluso.
In Italia, Shabbar Abbas è assistito dagli avvocati Enrico Della Capanna e Simone Servillo.
La posizione del padre di Saman a processo era stata temporaneamente stralciata, ma ora ne è stata sancita la riunificazione.
Secondo l’accusa, Saman Abbas sarebbe stata uccisa dai familiari perché si era rifiutata di sottostare al matrimonio combinato dai parenti in patria.
Imputati dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere, a vario titolo, altri tre componenti della famiglia oltre i genitori della vittima.
Si tratta dei cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, e dello zio Danish Hasnain, colui che ha fatto ritrovare il corpo e che, secondo la versione del fratello minore della 18enne, sarebbe l’esecutore materiale del delitto.
Tra loro, si scambiano reciproche accuse e insistono a sostenere di essere estranei all’uccisione di Saman.
In particolare Hasnain, secondo quanto emerso, avrebbe dichiarato di non aver agito contro la nipote e di aver semplicemente “accompagnato” i due cugini nel luogo in cui poi l’avrebbero seppellita.
I resti di Saman sono stati trovati dagli inquirenti proprio su sua indicazione, e l’autopsia avrebbe stabilito che il decesso sarebbe riconducibile ad asfissia meccanica da strozzamento o strangolamento.
Saman sarebbe stata strozzata o strangolata, uccisa senza pietà per aver osato ribellarsi alle imposizioni della famiglia.
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