Il 13 aprile lo ha annunciato davanti a 30 mila fedeli riuniti in Piazza San Pietro per l’udienza generale. Detto, fatto: Papa Francesco è arrivato a Lesbo la mattina di sabato 16 aprile per testimoniare la sua vicinanza ai profughi che sfidano il mare in cerca di una vita migliore. L’isola è diventata la Lampedusa greca dopo aver visto in questi mesi, sbarcare moltissimi migranti nel disperato tentativo di raggiungere l’Europa.
Annunciando il suo viaggio apostolico, papa Bergoglio aveva spiegato: “Sabato prossimo mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi. Andrò, – ha ricordato – insieme con i miei fratelli il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronimus, per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi, sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco tanto generoso nella accoglienza”.
“I rifugiati e i migranti sono entusiasti della visita di Papa Francesco. Stanno preparando mazzi di fiori e vogliono incontrarlo” ha detto Tonia Patrikiadou, dirigente della Caritas Hellas, incaricata della gestione di un albergo della Caritas a Lesbo e ha aggiunto: “La visita del Papa è un simbolo di speranza e di solidarietà per i rifugiati, un segno che il mondo non li ha dimenticati e che c’è la possibilità di un aiuto”.
Al suo arrivo, Papa Francesco è stato accolto dal Patriarca ecumenico e dall’arcivescovo di Atene.
Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati si dice lieto della venuta del Papa: “Non potrebbe giungere in un momento migliore”.
Il perché del viaggio a Lesbo
“Siamo qui per stare con voi, per ascoltare le vostre storie. Siamo qui per attirare l’attenzione del mondo su di voi”. Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso ai profughi del campo di Mòria, nell’isola greca di Lesbo, vicina alle coste turche.
Ponti, non muri
“Capisco popoli e governi che hanno una certa paura” davanti al fenomeno migratorio, ma “dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza”. Lo ha detto Papa Francesco, rispondendo ad alcune domande che i giornalisti che lo hanno seguito a Lesbo gli hanno posto sul volo di ritorno.
“Alzare muri non è una soluzione – ha aggiunto – Dobbiamo costruire ponti, ma in maniera intelligente, con l’integrazione. Chiudere le frontiere non risolve niente perché quella chiusura alla lunga fa male al proprio popolo”. Meno muri e più ponti: le stesse parole erano state espresse anni fa da Giovanni Paolo II.
Dodici profughi in Vaticano
Papa Francesco non torna a Roma da solo: ha infatti voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone che erano già presenti nei campi di accoglienza di Lesbo prima dell’accordo fra Unione Europea e Turchia. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. L’accoglienza e il mantenimento delle famiglie sarà a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor (nella zona occupata dal Daesh). Le loro case sono state bombardate. L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità competenti greche e italiane.
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