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Il paradosso di San Siro: lo stadio pieno, ma a Inter-Samp non canta nessuno

Di stadi vuoti, deserti ci siamo riempiti gli occhi – ma non di certo le orecchie -, ampiamente durante la pandemia. In molti, forse tutti, si sono chiesti che senso avesse continuare uno spettacolo che lo era solo a metà. Anche i giocatori, tra l’altro, si sono lamentati, o per lo meno: si sono sentiti sollevati quando i tifosi hanno ripreso a colorare gli spalti.

La Curva Nord di Milano vuota durante Inter-Sampdoria – Nanopress.it

Poi ci sono fattori imponderabili, come quelli della Curva Nord dell’Inter di ieri che, nel posticipo delle 20:45 a San Siro contro la Sampdoria, hanno lasciato un intero stadio, praticamente sold out, in un silenzio assordante. Lungi da noi giudicare le scelte del tifo organizzato, specie perché non stava facendo altro che esprimere cordoglio per l’omicidio di un suo capo ultrà, piuttosto c’è da riflettere quanto la partita che gli uomini di Simone Inzaghi hanno stravinto sul campo, sia stata una vera vittoria per quei 73mila e passa nerazzurri che allo stadio ci sono dati per cantare e divertirsi.

Il silenzio assordante di San Siro in Inter-Samp è un paradosso

A fine primo tempo, mentre l’Inter ringraziava sui maxi-schermi di San Siro i 73mila tifosi e rotti che si sono presentati allo stadio per vedere la partita della squadra di Simone Inzaghi contro la Sampdoria, la Curva Nord, quella del tifo organizzato neroazzurro – che pure non aveva cantato neanche per un attimo dal momento in cui i giocatori sono scesi in campo -, si è svuotata. Del tutto.

La Curva Nord di Milano abbandona lo stadio durante Inter-Sampdoria – Nanopress.it

Un intero settore, di solito colorato, non solo di persone, ma certamente di voci e di cori, è diventato di colpo verde, con i seggiolini vuoti. E l’idea che lo spettacolo che si è visto sul rettangolo verde, con il bellissimo gol sia di Nicolò Barella, sia di Joaquin Correa, che hanno firmato rispettivamente le reti del 2-0 e poi del definitivo 3-0, sia stato privo di emozioni, quasi come a guardarlo dal divano di casa.

Non solo, però. Perché quello stesso tifo organizzato ha obbligato tutta la parte centrale della curva, comprese famiglie e bambini, a lasciare l’impianto sportivo molto prima che risuonasse il triplice fischio del non brillante Luca Massimi, l’arbitro dell’incontro, così come hanno testimoniato in moltissimi su Twitter, in cui Curva Nord è anche diventato trend topic.

E sì, c’entra anche il fatto che il motivo per cui si è deciso di abbandonare lo stadio era l’omicidio di una persona che, eufemisticamente, qualcuno ha definito non uno stinco di santo. Nel merito non è nostro compito entrarci, anche perché fa parte di dinamiche delle curve che in tanti non capirebbero, noi per primi, ma è piuttosto paradossale che nonostante ci fossero altre migliaia di persone, in pochi si siano davvero divertiti a vedere la partita.

Il sold out di Inter-Samp è stato vanificato

Quindi sì, ancora, il sold out, il tutto esaurito di Inter-Sampdoria è stato reso vano, quasi inutile. Anche per la società, che pure ci ha guadagnato dai tantissimi tifosi che sono andati allo stadio.

Le politiche dei nerazzurri da dopo che sono finite le restrizioni per il Covid, infatti, sono quelle di riempire i settori, e vanno dalle agevolazioni nei prezzi, ma anche dai costi stracciati per il biglietto per i più piccoli. Dopo tutto, sono loro, assieme alla Juventus l’anno prima, ad aver festeggiato uno scudetto con nessuno a condividere la gioia dei giocatori, e questo non deve succedere più.

Un’occasione mancata, in pratica, che fa il paio con altre decisioni delle curve che troppo spesso non arrivano a capire che sono il dodicesimo uomo in campo, e anche chi si siede lontano da loro – a volte semplicemente perché non si sono più posti disponibili – va allo stadio per riempirsi gli occhi e le orecchie di emozioni positive, le stesse che arrivano, talvolta, anche dopo le sconfitte.

L’auspicio, dunque, è che si riesca a trovare un compromesso tra le esigenze del tifo organizzato e quello di un semplice supporter, che magari si fa chilometri e chilometri per vedere la sua squadra, e poi trova ad aspettarlo uno scenario in cui non c’è nulla, neanche il risultato, a restare dopo. Sì, peccato.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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