La Dow Chemical è il posto ideale in cui lavorare in Italia. La multinazionale statunitense spodesta la Microsoft nella classifica 2016 del Great Place to Work. Questo istituto si occupa di ricerca, consulenza e formazione per le aziende, con la mission di creare ambienti di lavoro eccellenti e ogni anno stila la classifica dei migliori posti dove lavorare.
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Nel 2016 si è classificata prima la Dow Chemical, multinazionale nel campo della chimica, leader nella produzione di polistirene. Al secondo posto si piazza ConTe.it, azienda assicurativa della britannica Admiral, al terzo la francese Kiabi. Microsoft, prima negli ultimi tre anni, scende al quarto posto. Questa è la graduatoria delle grosse aziende con più di 500 dipendenti. Great Place to Work stila anche la classifica delle medie aziende (tra 50 e 500 lavoratori) e delle piccole (tra 20 e 49). In testa rispettivamente Cisco Systems (seguita da Vetrya società di Information Technology di Orvieto, unica ditta italiana tra i primi posti).
Come vengono stilate le classifiche? Un terzo del punteggio deriva dall’analisi degli esperti dell’Istituto, gli altri due terzi dai giudizi dei lavoratori. Attraverso dei test, devono giudicare la presenza di tre relazioni considerate fondamentali in un luogo di lavoro: fiducia reciproca con il management aziendale, orgoglio per il proprio lavoro e per l’organizzazione di cui si fa parte, qualità dei rapporti con i colleghi.
Alessandro Zollo, amministratore delegato di Great Place to Work Institute Italia, spiega che “c’è un’attenzione sempre maggiore a quanto l’azienda aiuti a gestire i problemi personali e familiari”. La maggior parte delle aziende più virtuose, ad esempio, offrono ai dipendenti polizze sanitarie integrative, flessibilità dell’orario di lavoro, permessi e benefit per chi ha famiglia. Del resto più un lavoratore viene trattato bene, più è produttivo e crea profitto. Messaggio che troppi imprenditori (non quelli delle aziende più virtuose del mondo) stentano a recepire.
Giuliano Tomassi, presidente e amministratore delegato della filiale italiana della Dow Chemical, spiega il successo: “Dow Italia è stata protagonista sin dagli anni Novanta nei temi dell’inclusione. Da noi non soltanto non esistono discriminazioni, ma la diversità è fonte di ispirazione e di innovazione continua. I nostri 35 disabili non li abbiamo presi perché ce lo chiede la legge, ma perché ci insegnano molto”.