Per il femminicidio di Michelle Maria Causo, diciassette anni, è stato fermato un ragazzo italiano ma con origini dello Sri Lanka.
Michelle è stata colpita con almeno sei coltellate ed il suo corpo esanime, ancora con i vestiti indossati, è stato prima messa in un sacco nero e poi riversato in un carrello della spesa in via Stefano Borgia nel quartiere Primavalle a Roma. Per ucciderla, il suo aguzzino, che è anche un coetaneo, ha utilizzato un coltello da cucina. Secondo le indiscrezioni, i due giovani non avevano una relazione sentimentale ma si conoscevano. E l’omicidio, secondo quanto dichiarato dal giovane al momento della convalida del fermo, sarebbe maturato per un debito di trenta euro. Il giovane è stato fermato nel pomeriggio di mercoledì 28 giugno e verrà giudicato dal Tribunale per i minorenni. Dovrà rispondere di omicidio volontario. Il movente? Forse un debito di trenta euro.
Il Baby Femminicidio, il fenomeno degli omicidi commessi da giovani adolescenti nei confronti delle coetanee, è estremamente preoccupante e rappresenta una nuova forma di violenza contro le donne. Le vittime sono spesso ragazze uccise dai loro pari, che possono essere fidanzati o giovani che semplicemente ambivano a una relazione con loro. Ad ogni modo, si tratta sempre di soggetti incapaci di gestire le emozioni e di accettare il rifiuto. Di qualsiasi natura esso sia.
Come se la decisione di terminare una relazione, il rifiuto sessuale, o addirittura un piccolo debito di soldi – come sembra essere avvenuto per il femminicidio di Michelle Maria – vengano interpretati al pari di un affronto capace di giustificare l’aggressione e qualsiasi altra forma di violenza estrema. Sono segnali che denotano la pressione sociale nel nostro tempo, in cui l’appartenenza a una società di successo sembra essere l’unica misura di valore. È difficile sentirsi falliti in un mondo di vincenti. In questo senso, si tratta di veri e propri baby omicida che, per evitare di fare i conti con ciò che non funziona nelle loro vite e con il vuoto che li attanaglia, minacciano, aggrediscono e talvolta uccidono.
Le evidenze che stanno emergendo nelle ultime ore suggeriscono che giovane killer di Primavalle potrebbe avere una personalità di tipo abnorme e come tale contraddistinta dall’incapacità di gestire la rabbia e la frustrazione. Dunque, un disturbo catalogabile come disturbo antisociale di personalità. Che, però, di solito non esclude l’imputabilità. La violenza dimostra l’incapacità di gestire le emozioni, spesso causata anche da traumi subiti durante lo sviluppo della personalità, sulla quale un ruolo incisivo viene svolto anche dalla famiglia. Quanto valeva la vita di Michelle?
I dati degli ultimi anni mostrano come la violenza contro le donne ed i femminicidi abbiano progressivamente assunto i connotati di un vero e proprio bollettino di guerra che non accenna a fermarsi. Alla base sempre futili motivi, relazioni interrotte, violenza e abusi perpetrati per mesi, a volte anni. Una vera e propria emergenza sociale.
Le donne adulte, come dimostra la cronaca, spesso mostrano difficoltà nel riconoscere i pericoli di una relazione violenta. Sentimentale o amicale che sia. Questo problema si acuisce ulteriormente nelle adolescenti, che non hanno ancora sviluppato una piena consapevolezza dei rischi e dell’importanza delle relazioni affettive sane. E risultano così più inclini a sviluppare l’adattamento psicologico alla violenza.
C’è un urgente bisogno di affrontare questo problema sociale e di sensibilizzare sia le donne adulte che le giovani ragazze sulle dinamiche delle relazioni patologiche che troppo spesso sfociano nell’abuso non solo fisico, ma anche psicologico. Dobbiamo fornire loro gli strumenti per riconoscere i segnali di pericolo e insegnare l’importanza di sviluppare relazioni sane e rispettose. È cruciale promuovere una cultura al rispetto ed alle emozioni.
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