A fornirlo è lo stesso leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte nel corso di un’intervista radiofonica nella quale l’ex premier indica visione e cammino del partito grillino per questa campagna elettorale.
Nel corso dell’intervista il capo politico M5S affronta la questione all’ordine del giorno sul doppio mandato parlamentare, tratteggia il tema delle alleanze ed infine interpreta la caduta del partito nei sondaggi elettorali.
Negli ultimi giorni, tra i vari argomenti che tengono banco nell’universo grillino vi è senza dubbio il tema dei due mandati parlamentari.
Tra i provvedimenti simbolo del “cambiamento” di cui il gruppo pentastellato voleva farsi portatore nelle istituzioni vi è senza dubbio la norma che prevede la possibilità per gli eletti M5S di svolgere un massimo di due mandati all’interno di cariche pubbliche.
Su questo frangente Conte non si sbilancia nel corso del suo intervento odierno alla radio, indicando solo in quest’oggi la data della decisione risolutiva sulla faccenda.
La sbrigatività palesa la spinosità del dibattito soprattutto perché il leader politico vorrebbe derogare la disposizione, principalmente per non perdere la classe dirigente faticosamente costruitasi negli ultimi dieci anni.
Al contrario il garante Grillo non vuole rinunciare all’ennesimo simbolo che ha fatto la fortuna della sua creatura, il che lo ha portato addirittura a minacciare il suo abbandono in caso si vada verso l’annullamento del vincolo.
Per quel che concerne la campagna elettorale, l’ex premier ribadisce la non responsabilità grillina della caduta di Mario Draghi. Il gruppo 5S ha soltanto svolto responsabilmente il proprio compito nei riguardi dei cittadini, sottolineando perplessità ed alternative più rispondenti all’ideologia grillina e quindi più in linea con la volontà popolare espressa nelle elezioni del 2018.
Sarebbe stato semmai lo stesso Presidente del Consiglio ad incagliarsi su posizioni inamovibili e soprattutto non direzionate all’ascolto, giungendo persino allo scontro diretto nello “sprezzante” (Conte lo definisce così) discorso in Senato del 20 luglio.
Quale che sia il colpevole, quella fatidica giornata ha portato alla rottura dell’alleanza progressista imbastita con il Partito Democratico. Tuttavia per Conte il dialogo con il PD è ancora possibile, ma non un’alleanza organica sul modello precedente.
Ciò sarebbe dovuto anche al fatto che per il Movimento 5 Stelle sarebbe impossibile qualunque intesa forte con i partiti di centro con cui Letta sta disegnando trattative in funzione di un’alleanza elettorale.
Un’ammucchiata, così la qualifica, in cui l’ampio numero di forze, ognuna con propri programmi, interessi, bacini elettorali, non fa che produrre confusione e litigi, senza fornire una vera linea di trasformazione del Paese da presentare ai cittadini.
Quindi al momento si profila una corsa in solitaria per l’M5S alle prossime elezioni, un ritorno al passato che però non lascia intravedere alcun trionfalismo come nelle votazioni precedenti. I 5S sono dati intorno al 10% di preferenze, valore oltretutto in costante calo, e la debacle elettorale appare annunciata.
Eppure Conte non si duole troppo per i sondaggi, imputando la discesa alle rimodulazioni programmatiche che il partito ha dovuto prendere nel corso del governo di unità nazionale proprio per non tradire lo spirito repubblicano dell’esecutivo voluto da Mattarella.
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