Il racconto del fratello di Saman in lacrime: “Ora vi dico tutta la verità”

Il processo per l’omicidio di Saman Abbas, uccisa a Novellara nel 2021, procede con l’ascolto dei testimoni dell’accusa. In aula, in Corte d’Assise a Reggio Emilia, il racconto di un inquirente sulle parole spese dal fratello minore nel rivelare la tragica sorte della 18enne.

Saman
Saman – Nanopress.it

Il fratello di Saman, tra le lacrime e con voce tremula, avrebbe mostrato un crollo emotivo durante l’incontro con gli investigatori a margine della scomparsa della sorella. Sarebbe stato lui a fornire elementi utili a delineare il quadro di un delitto maturato in famiglia, indicando lo zio Danish Hasnain quale esecutore materiale dell’omicidio.

Il crollo del fratello di Saman: “Ora vi dico tutta la verità”

A parlare del racconto del fratello di Saman in aula, riporta Il Resto del Carlino, sarebbe stato il luogotenente Antonio Matassa, comandante del Norm della Compagnia dei Carabinieri di Guastalla.

Nel resoconto degli eventi emerso durante la sua testimonianza a processo, avrebbe parlato in particolare di un colloquio con il giovane datato 15 maggio 2021, quando sarebbe stato sentito dai militari in merito alla sparizione di Saman e improvvisamente avrebbe avuto “un cedimento emozionale”.

In sede di audizione, il ragazzo avrebbe reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dei parenti oggi imputati, introducendo la sua versione con una frase: “Adesso vi dico tutta la verità“. Come se si stesse “liberando” di un peso terribile.

Secondo la testimonianza del luogotenente, a un certo punto, nel parlare della sorella scomparsa, il giovane si sarebbe “come accasciato in basso, mettendosi le mani sugli occhi (…) lucidi e gonfi, e ha risposto con la voce tremula”.

Il racconto del fratello di Saman si sarebbe rivelato decisivo ad orientare l’attività investigativa in ambito familiare.

Il padre Shabbar ancora assente a processo

Di queste ore un’altra notizia, relativa all’ennesimo slittamento della partecipazione di Shabbar Abbas, padre di Saman, al processo italiano in cui è imputato con altri quattro parenti.

Luogo indicato da Danish Hasnain
Luogo indicato da Danish Hasnain – Nanopress.it

Con l’uomo, sono accusati a vario titolo dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere la moglie Nazia Shaheen, madre della 18enne ancora oggi latitante in patria, lo zio della vittima, Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq.

Shabbar attende in carcere in Pakistan l’esito della valutazione della richiesta di estradizione avanzata dall’Italia, slittata per l’ennesima volta. 

Avendo dato disponibilità ad essere sentito, avrebbe dovuto prendere parte in video al dibattimento a suo carico, ma le autorità locali non avrebbero predisposto il collegamento e per questo ora si guarda alla prossima udienza, fissata per il 21 aprile, quando i giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia proveranno nuovamente ad attivare la procedura a distanza.

Il casolare diroccato fu ispezionato senza esito

A processo è emerso anche un altro elemento dal racconto di Matassa, il luogotenente che ha partecipato alle indagini sulla scomparsa e sulla morte di Saman.

Riguarda il fatto, riporta Il Resto del Carlino, che il casolare diroccato a Novellara in cui nel novembre scorso – oltre un anno dopo la sparizione – fu rinvenuto il corpo della ragazza, sepolto sotto quasi due metri di terra, fu ispezionato senza esito nelle prime fasi dell’inchiesta.

Quel luogo, secondo il militare, fu controllato per primo poiché, per posizione e conformazione, presentava caratteristiche ritenute di interesse investigativo e potenzialmente utili all’occultamento di un cadavere.

Le unità cinofile impegnate nelle ricerche, però, non avrebbero rilevato tracce e per questo si sarebbe passati oltre, allargando le maglie delle ispezioni in direzione delle serre.

A riportare gli inquirenti in quel posto sarebbe stato lo zio di Saman, Danish Hasnain, che il 18 novembre scorso, conducendoli sul luogo del seppellimento, con le sue dichiarazioni avrebbe permesso il ritrovamento.

Oggi si difende e dice di non aver partecipato attivamente all’omicidio, in un autoritratto di responsabilità ridotte rispetto a quelle che, nella sua versione, attribuirebbe al resto della famiglia. Un racconto che dovrà passare al vaglio in sede processuale e che non si esclude teso a ridimensionare la sua posizione fortemente incrinata dal racconto del nipote.

 

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