Mentre nella nostra Serie A si giocava la partita di cartello tra il Napoli campione d’Italia e l’Inter di Simone Inzaghi, fresca finalista della Champions League, vinta dagli uomini di Luciano Spalletti per 3-1, in Spagna, precisamente al Mestalla di Valencia, Vinicius Junior, esterno del Real Madrid, uno dei calciatori più talentuosi in circolazione, è stato preso di mira dai tifosi avversari per il colore della sua pelle che, per gran parte della partita poi persa dagli uomini di Carlo Ancelotti, è stato chiamato “scimmia”.
L’episodio di razzismo di cui è stato vittima il brasiliano non è il primo e, purtroppo, non sarà l’ultimo a cui abbiamo assistito in stagione – ne sanno qualcosa Samuel Umtiti del Lecce, sommerso dagli ululati dei tifosi della Lazio al via del Mare a gennaio, Romelu Lukaku, l’attaccante dell’Inter che è stato pure ammonito (e poi graziato da una squalifica) per aver risposto ai cori contro di lui nella partita contro la Juventus nelle semifinali di andata della Coppa Italia, e anche Dusan Vlahovic, attaccante dei bianconeri, anche lui ammonito per aver reagito ad altrettanti fischi dei supporter dell’Atalanta, per non fare che degli esempi che riguardano il nostro massimo campionato -, ma è quello che più che mai pone l’accento sull’inadeguatezza del sistema calcio.
Perché, come ha raccontato lo stesso Vinicius Junior in un post sui social, non è la prima volta che è stato fatto oggetto di insulti, anzi, ha scritto, “ogni volta, fuori casa, è una brutta sorpresa. Desideri di morte, un pupazzo impiccato, tante urla criminali“, peccato che, appunto, non si faccia nulla e molto più spesso manco viene data la giusta eco mediatica a questi episodi.
A cada rodada fora de casa uma surpresa desagradável. E foram muitas nessa temporada. Desejos de morte, boneco enforcado, muitos gritos criminosos… Tudo registrado.
Mas o discurso sempre cai em “casos isolados”, “um torcedor”. Não, não são casos isolados. São episódios… pic.twitter.com/aSCMrt0CR8
— Vini Jr. (@vinijr) May 22, 2023
“Il discorso cade sempre in ‘casi isolati’, un ‘fan’ – ha spiegato l’esterno d’attacco del Real Madrid -. No, non sono casi isolati. Sono episodi continui diffusi in varie città della Spagna (e persino in un programma televisivo)“. E con le prove a supporto, non solo non vengono esposti a una pubblica gogna, ma non si racconta neanche “una storia triste” o non c’è neanche modo di “chiedere quelle false scuse pubbliche“. “Cosa manca per criminalizzare queste persone? E punire sportivamente i club? Perché gli sponsor non fanno pagare la Liga? Le televisioni non si preoccupano di trasmettere questa barbarie ogni fine settimana?“, si è chiesto ancora nel lungo post lo stesso attaccante che ha fatto fermare la partita contro il Valencia, come previsto dalla Fifa, ma che poi è stato anche espulso dall’arbitro domenica, e che poi ha concluso che “il problema è gravissimo e le comunicazioni non funzionano più. Incolpare me stesso per giustificare atti criminali nemmeno. Non è calcio, è disumano“.
A onor del vero, però, sette persone sono state arrestate per gli episodi di razzismo contro Vinicius proprio oggi tra la capitale e la terza città spagnola per numero di abitanti. Quattro, che sono tifosi dell’Atletico Madrid, sono stati arrestati per aver esposto il pupazzo del calciatore brasiliano in un ponte vicino allo stadio del Real, gli altri tre sono tra i tanti tifosi della squadra di Ruben Baraja che si sono resi protagonisti degli insulti, con altri che dovranno essere identificati e potrebbero dover scontare la stessa pena dei primi.
Ma il classe 2000, che dal 2018 dal Flamengo è arrivato alla corte di Florentino Perez, ha ragione a prescindere, e per diverse ragioni. In primis perché non è pensabile, ancora, che il colore della pelle (così come essere slavi, in effetti) debba essere ancora oggetto di insulti, in secundis perché dalla Liga spagnola tutto è arrivato meno che appoggio alla causa del calciatore.
Il presidente Javier Tebas, infatti, si è schierato con l’arbitro e con gli organismi del calcio che hanno giudicato eccessivo il comportamento di Vinicius: “Non possiamo permettere che venga lesa l’immagine di una competizione che è soprattutto simbolo di unione tra i popoli, dove ogni giorni più di 200 giocatori di 42 diversi club ricevono la stima e l’affetto dei tifosi“, ha detto il numero uno della Liga, scatenando un putiferio anche in Brasile.
Il primo a rispondergli è stato il sindaco di Rio de Janeiro, città in cui è nato l’esterno della squadra di Ancelotti, Eduardo Paes, che non ha usato mezzi termini per definire Tebas sui social. Dopo di lui, però, è stato un boato di reazioni contro le sue parole, in cui ha messo la ciliegina sulla torta anche il presidente della Fifa, Gianni Infantino. Decisamente più cauto, l’italo svizzero ha condannato ciò che è accaduto e ha parlato di ciò di cui abbiamo bisogno, ovvero “un’istruzione specifica nelle scuole e dobbiamo implementare il processo in tre fasi durante le partite in caso di razzismo“.
vete a la mierda hijo de ….
@Tebasjavier quieres culpar a la víctima imbécil? https://t.co/4MJXYSAdlY— Eduardo Paes (@eduardopaes) May 21, 2023
La sua frase, però, è arrivata troppo tardi, troppo tardi soprattutto per evitare un quasi incidente diplomatico tra la Spagna e il Brasile. Il presidente Lula, infatti, al G7 in Giappone, ha detto che è “importante che la Fifa, il campionato spagnolo e le leghe degli altri Paesi prendano misure serie. Non possiamo permettere che il fascismo e il razzismo finiscano per dominare negli stadi di calcio“. Parole a cui ha risposto il primo ministro Pedro Sanchez in persona, ribadendo che il suo Paese “non è razzista“, e intanto la macchina era partita.
Il ministro dei Diritti Umani del Brasile, Silvio Almeida, per esempio, ha detto che la posizione dei funzionari sportivi spagnoli “è criminale. Rileva un’innegabile collusione con il razzismo. Lascio a Vinicius il mio abbraccio e la certezza che sarò al suo fianco“. Assieme ai ministeri degli Esteri e quello dell’Uguaglianza razziale, poi, hanno pubblicato un comunicato nel quale si stigmatizzano la lunga serie di episodi accaduti nel più recente passato culminati in quello grave di domenica scorsa. “Purtroppo – si legge nella nota – non sono state prese finora misure efficaci per prevenire ed evitare il ripetersi di questi atti di razzismo“.
Se il problema a livello diplomatico resta, lo stesso si deve dire del calcio spagnolo, con tutte le misure adottate dalle società e dalla federazione stessa, così come le denunce presentate che non hanno avuto poi così tanta importanza, e in cui il Real Madrid sembra essere tra i pochi a mettersi di traverso.