Le élite globali vogliono una guerra termonucleare contro la Russia, parola del Senatore USA Richard “Dick” Black. L’ultima intervista al rappresentante del 13° distretto del Senato della Virginia descrive scenari apocalittici, soffiando sul fuoco di teorie complottistiche tanto care a certi ambienti della destra americana e dei populisti in tutto il mondo. Nel suo intervento al Richie Allen Show, programma di news alternative (come si definisce) in onda sulla web radio inglese, il senatore è andato giù pesante. “Le guerre non accadono all’improvviso, ma sono programmate per tempo e con premeditazione” da quella che è considerata l’élite mondiale come “i ragazzi di Davos” che starebbero pianificando la “Terza Guerra Mondiale che implichi armi termonucleari” perché le élite e i potenti “si nutrono di guerre“, come hanno dimostrato gli “8 anni dell’amministrazione Obama” che “con un nobel per la Pace ci si aspettava che portasse il nirvana e invece ha portato ininterrottamente guerre e combattimenti per tutto il tempo della sua presidenza“.
Il senatore Black non è nuovo a uscite di tale portata. Ex militare, dopo 31 anni nell’esercito come Marines e successivamente nell’U.S. Army JAG Corps (il ramo giudiziario delle forze armate statunitensi), compresa la guerra in Vietnam con tanto di medaglia al valore, “Dick” Black inizia la carriera politica da civile nelle file dei repubblicani, prima come deputato alla Camera dello Stato della Virginia e ora come Senatore.
Black parla da veterano dell’esercito USA e le sue parole sono un balsamo per le orecchie di tutti i complottisti che credono in un disegno oscuro dei potenti ai danni dei comuni cittadini. Il pericolo di una guerra mondiale termonucleare è solo un pezzo del complesso puzzle che il senatore ha messo insieme nel suo intervento radiofonico.
La guerra in Libia nelle sue parole perde ogni complessità geopolitica e diventa l’ennesima guerra “per i soldi“, fatta per “alimentare la guerra in Siria“, grazie alle “140.000 tonnellate di oro ed enormi riserve di contanti” di cui si è persa traccia perché “tutto razziato” non dai ribelli, per carità, ma da “funzionari di altissimo grado di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, che hanno preso tutto quell’oro e quelle grandi quantità di denaro e lo hanno trasferito in conti correnti svizzeri“. Prove a sostegno? Nessuna.
Il senatore Black ha un feeling particolare con la Siria. Nel 2014, nel pieno degli orrori della guerra civile, scrisse una lettera a Bashar al-Assad per ringraziarlo di aver protetto i cristiani, sottolineando il “rispetto” con cui venivano trattati “tutti cristiani e la piccola comunità di ebrei a Damasco“: ovviamente la colpa della guerra era dei ribelli, “criminali di guerra viziosi legati ad al Qaeda“. La lettera scatenò polemiche in patria che non lo fermarono.
Nel 2016, nella carica di senatore dello Stato della Virginia, Black andò in Siria per incontrare Assad. Tornato dopo aver avuto incontri ufficiali con membri del regime, disse di aver trovato un paese sicuro, quasi tutto schierato con Assad e con pochi ribelli sostenuti dai terroristi. “Spero che si abbandoni quanto prima la nostra folle politica sulla Siria. La Siria garantisce maggiori diritti delle donne e la libertà religiosa di ogni nazione nel mondo arabo“, scriveva in uno scambio di tweet al veleno con il Washington Post, tra i primi media USA a stigmatizzare il suo viaggio.
Tale è stata la passione con cui si è schierato con Assad per la sua presunta difesa nei confronti dei cristiani che l’Isis nel 2015 lo ha inserito nella lista nera dei nemici, definendolo “il Crociato Americano” e indicandolo come obiettivo dei miliziani. In un mondo che fatica a distinguere verità e menzogna, dove la realtà viene manipolata per scopi politici, forse di figure come il senatore Black ne potremmo fare a meno.
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