«Allora, cosa abbiamo di bello?» «Ho un tumore.» «Per forza, se sei qua… Che tipo di tumore?» «Molto raro: un angiosarcoma». «Ah sì, ma qua se non sono speciali non li vogliamo. Forza, qual è la vena più bella?» Comincia così la storia di Paolo Colonnello, giornalista a capo della redazione milanese del quotidiano “La Stampa” ma soprattutto sassofonista per passione.
Quella raccontata nel libro “Il senso del tumore per la vita” non è una delle storie che Paolo è abituato a raccontare nei suoi articoli, come nel suo precedente libro “Sodoma – le 120 giornate che hanno distrutto Berlusconi”, da cronista di giudiziaria.
Se spesso i giornalisti sono costretti a descrivere situazioni, fatti e fenomeni che non vorrebbero mai dover raccontare, perché non vorrebbero mai che si verificassero, a maggior ragione quest’avventura si dipana in un mondo che nessuno vorrebbe conoscere.
È il mondo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dei suoi chirurghi e infermieri brillanti ed empatici, dei suoi pazienti più unici che rari. Un mondo che Paolo Colonnello ha dovuto necessariamente conoscere e che, da irrinunciabile giornalista, ha deciso di presentare ai suoi lettori.
Seguendo quell’inevitabile tendenza dei giornalisti di raccontare tutto ciò che vedono, sentono e scoprono, Colonnello ha voluto raccontare nel libro “Il senso del tumore per la vita” l’avventura più difficile che ha dovuto affrontare, confrontandosi con un mondo che, però, ha scoperto popolato di personaggi dalla straordinaria umanità, angeli custodi ironici e coraggiosi.
E grazie a quella capacità che contraddistingue i bravi giornalisti dagli altri, non si è limitato a riportare i fatti, ma li ha arricchiti con le sensazioni e le emozioni provate per suscitare pathos nei lettori e creare una vera empatia fra loro e il protagonista: egli stesso.
Non a caso molti sono i registri, da quello più tenero a quello spaventato passando per quello divertito, usati da Colonnello in questo racconto e tutti sono tenuti insieme da un’avvincente melodia jazz che fa da sfondo all’intera narrazione.
Alla fine del libro resterà, quindi, soprattutto la consapevolezza che il tumore ha un significato preciso per la vita: ti avvicina alle piccole cose che contano, regala amicizie e scoperte indimenticabili, e ti restituisce a una realtà che non sarà mai più quella di prima. Perché sarà migliore.
Foto in evidenza di Bruna Bianchi